ITALIA

I David di Donatello scommettono sulla diversity

Importante novità per il più importante premio cinematografico italiano, che anche per documentari e cortometraggi apre alle persone senza cittadinanza ma stabilmente residenti in Italia

Dal 5 ottobre l’Accademia del Cinema Italiano ha aperto le iscrizioni ai Premi David di Donatello. La nota informativa pubblicata sul sito ufficiale rinvia ai regolamenti per le specifiche del caso (devono essere film italiani, usciti tra marzo 2021 e febbraio 2022, eccetera) ma non segnala una novità importante che va nella direzione di riconoscere, almeno in parte, il contributo svolto in Italia dalle e dai film maker con background migrante e stabilmente residenti nel nostro paese ma tuttora senza cittadinanza italiana. Infatti, da quest’anno anche le registe e i registi senza cittadinanza italiana ma residenti da almeno cinque anni possono iscrivere i propri film per concorrere nelle rispettive categorie.

Fino alla scorsa edizione, i David al miglior cortometraggio e al miglior documentario erano riservati solo ad autrici e autori con cittadinanza italiana.

Questa norma suonava non solo discriminatoria ma aveva anche risvolti paradossali: mentre tagliava fuori dai David per corti e doc registi senza cittadinanza, li considerava in linea di principio premiabili se autori di lungometraggi od opere prime, purché la casa di produzione fosse registrata in Italia; inoltre, dal momento che, da regolamento, registe e registi di film candidati per i David confluiscono di diritto nell’Accademia del Cinema Italiano in veste di giurati, poteva darsi il caso di registi senza cittadinanza impossibilitati a presentare un proprio film nella categoria cortometraggi e documentari benché già membri e giurati dell’Accademia da anni. Era il caso per esempio di Dagmawi Yimer, regista etiope, in Italia dal 2006, co-autore insieme ad Andrea Segre e Riccardo Biadene di Come un uomo sulla terra, candidato dai David come miglior documentario nel 2009.

I tratti discriminatori della vecchia norma erano diventati evidenti agli addetti ai lavori nel 2017, quando Il silenzio di Ali Asgari e Farnoosh Samadi, corto prodotto da Giovanni Pompili per Kino, benché candidato per l’Italia in concorso a Cannes, fu escluso dai David a causa della cittadinanza iraniana dei due registi, pure formatisi professionalmente in Italia. Ne era nata una polemica, innescata da una lettera aperta indirizzata all’Accademia dal produttore, ma abbiamo dovuto aspettare ben cinque anni perché questa piccola riforma di civiltà vedesse finalmente la luce.

Nel frattempo, il cinema italiano ha visto in ogni caso farsi largo, nonostante le difficoltà legate alla legge-quadro sulla cittadinanza e resistenze presenti anche all’interno dell’industry, diversi talenti cresciuti in Italia, che hanno ottenuto la cittadinanza per naturalizzazione.

Pensiamo al più famoso Phaim Bhuyian, regista del pluripremiato Bangla (2019), che ha ispirato una serie spin-off in lavorazione per la Rai. Ma anche a Suranga D. Katugampala, che ha presentato in concorso alla Mostra di Pesaro la sua opera prima Per un figlio (2016), e a HlebPapou, premiato a Locarno come miglior regista esordiente per l’esordio Il legionario, oggi presentato alla Festa del Cinema nella sezione Alice nelle città.

Questo segnale di apertura, che fa seguito all’iniziativa La Bottega della Sceneggiatura, ideata dal Premio Solinas e Netflix e diretta a creative e creativi residenti in Italia e all’ormai pluridecennale lavoro prezioso svolto dal Premio Mutti – Il cinema migrante, speriamo possa avere un’azione di stimolo nei confronti di un’industry dell’audiovisivo italiano che ha tutto da guadagnare nell’attrarre e offrire opportunità a talenti dal background migrante, alcuni dei quali, come Amin Nour e Xin Alessandro Cheng, hanno già realizzato diversi corti selezionati a Venezia e altrove, e sono tuttora in attesa della grande occasione per debuttare.

Il tutto, in attesa che il Parlamento si decida a chiudere positivamente la partita della riforma della cittadinanza, dando risposte a più di un milione di minori senza cittadinanza, che aspettano da anni un sacrosanto riconoscimento ai propri diritti.

Immagine di copertina dal film Bangla di Phaim Bhuyian