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I co-leader e deputati dell’Hdp vero obiettivo dell’attacco bomba a Diyarbakır?

Riceviamo e pubblichiamo questo articolo su quanto avvenuto a Diyarbakir dopo l’arresto dei deputati curdi dell’Hdp
•Turchia, Erdoğan fa arrestare i deputati curdi dell’Hdp

Per alcuni giorni nella stampa turca diverse versioni contrastanti si sono susseguite in relazione alla dinamica dell’esplosione dell’autobomba a Diyarbakır di venerdì scorso.

L’ennesimo attentato in questa città a maggioranza curda nel sud-est del paese si è verificato verso le 8 del mattino del 4 novembre all’esterno dalla scuola di polizia del quartiere di Bağlar, in seguito all’arresto dei co-leader del partito curdo HDP e di 9 altri deputati durante la notte del 3 novembre. È importante sottolineare come al momento dell’esplosione sei dei deputati arrestati, fra cui la co-leader Figen Yüksekdağ e l’ex candidato sindaco di Istanbul Sırrı Süreyya Önder, si trovassero sotto detenzione nello stesso complesso di edifici a cui apparteneva la scuola di polizia colpita, e come, fino a un paio di ore prima, il capo del partito HDP, Selahattin Demirtaş, fosse nello stesso luogo, in attesa di essere condotto in tribunale. Tutto ciò rende il tempismo di questo attacco piuttosto sospetto.

Da quanto ricostruito da alcuni media turchi nonché dallo stesso HDP attraverso un comunicato diffuso il 5 novembre, quella mattina un minibus trasportante l’autobomba sarebbe entrato in collisione con un taxi, e dal momento che il primo non si sarebbe fermato, il tassista avrebbe iniziato ad inseguire il veicolo, giungendo a bloccarlo. Una volta sceso dalla vettura, il tassista si sarebbe accorto che il minibus conteneva una bomba al suo interno e avrebbe iniziato ad urlare chiedendo aiuto. In quel momento si sarebbe verificata l’esplosione, che ha interessato la scuola di polizia collocata all’interno del complesso più grande dove si trovavano i deputati.

Secondo quanto dichiarato nel comunicato dall’HDP, risulterebbe evidente come le mire degli attentatori fossero rivolte ad un obiettivo diverso, che avrebbero potuto probabilmente raggiungere se non fossero stati fermati dalla casualità dell’incidente con il tassista. In tale caso, nell’attacco, in cui almeno 9 persone sono rimaste uccise e un centinaio ferite, avrebbero potuto perdere la vita proprio i rappresentanti dell’HDP che si trovavano – e rimangono – sotto detenzione, un fatto sottolineato nel comunicato del partito, che ha denunciato il governatore sostituto di Diyarbakır per la diffusione di informazioni fasulle sulla reale dinamica degli eventi di quel giorno.

Intanto, dopo le prime immediate attribuzioni di responsabilità al PKK da parte del governo e dei media, è giunta a sorpresa la rivendicazione dell’Isis di quest’ultimo attacco bomba nel paese. Ciò avviene in seguito alla più recente minaccia del sedicente Stato Islamico di colpire paesi come Turchia ed Arabia Saudita contenuta in un messaggio audio attribuito al leader dell’Isis Al-Baghdadi. Tuttavia, il primo ministro turco Yıldırım nonché il governatore locale di Diyarbakır che ha preso il posto dei due co-sindaci Gültan Kışanak e Fırat Anlı, arrestati qualche giorno prima dell’attentato, hanno affermato come a compiere l’attentato sia stato il PKK, citando informazioni provenienti da intercettazioni locali che proverebbero il coinvolgimento di quest’organizzazione.

L’HDP ha smentito questa versione e ha chiesto in maniera risoluta la divulgazione completa di tutti i fatti riguardanti l’attacco in questione, che, se portato a termine secondo l’intenzione degli attentatori, avrebbe potuto avere conseguenze ancora più disastrose per la sorte dei curdi del paese.

Nel frattempo la vicenda ha conosciuto ulteriori sviluppi quando il 6 novembre scorso è giunta una seconda rivendicazione dell’attentato, questa volta da parte del TAK, (Falchi per la libertà del Kurdistan), gruppo vicino al PKK, un fatto che infittisce il mistero su cosa sia successo davvero quella fatidica mattina del 4 novembre a Diyarbakır, in seguito ad uno dei più gravi ed inquietanti attacchi ai principi di libertà politica e di espressione vissuti dal paese.