EUROPA

Grecia: attacco senza quartiere contro il movimento.

In poche settimane, soltanto ad Atene, sono state ben quattro le occupazioni sgomberate.

In poche settimane, soltanto ad Atene, sono state ben quattro le occupazioni sgomberate, in un botta e risposta continuo tra compagni e forze di polizia. Ma andiamo con ordine.

Lo scorso 20 dicembre, con il pretesto di una denuncia per traffico di droga, la polizia entra nel centro sociale Villa Amalias, sgomberandolo e arrestando 8 persone. Villa Amalias non è un luogo come un altro, rappresenta un pezzo di storia del movimento antiautoritario, ma non solo: l’occupazione dura da oltre 20 anni, vi si svolgono numerose attività sociali ed è sempre stata un punto di riferimento e un simbolo importante per tutti i gruppi autorganizzati. Negli ultimi tempi, inoltre, è diventata anche l’unico bastione antifascista nella zona “nera” di Aghios Panteleimonas. La reazione del movimento è immediata: un corteo di solidarietà parte in serata e diverse azioni hanno luogo nei giorni successivi, in Grecia e all’estero. Dopo alcuni giorni, tutti gli arrestati vengono rilasciati con denunce per reati gravi, definite a partire dal “ritrovamento” di bottiglie di vetro vuote e di una boccetta di “materiale infiammabile”. Poco importa che il centro sociale fosse finanziato con i proventi del bar e riscaldato con una stufa a gasolio. Nove giorni dopo tocca a uno spazio autogestito dentro la facoltà di economia, dove vengono sequestrate le apparecchiature della radio indipendente 98 Fm. Ma è il 9 gennaio la giornata che segna in grande stile la riapertura delle ostilità. Sotto gli occhi increduli della polizia che presidia ancora Villa Amalias, decine di militanti riescono a ri-occupare il palazzo. È una beffa enorme! Arrivano immediatamente le unità anti-terrorismo e i MAT (la celere), che entrano nel palazzo e arrestano 92 persone. Pochi minuti dopo, altri compagni occupano la sede centrale del partito Sinistra Democratica (Dimar), che sostiene il governo, per denunciarne la complicità con le azioni repressive. Anche qui arriva la polizia e mette in stato di fermo altre 40 persone. Mentre la gente inizia a radunarsi sotto la questura centrale, in solidarietà con i prigionieri, la polizia attacca e sgombera un altro spazio: lo squat Skaramangkas, per molti anni la casa di Maria Callas e ora una delle proprietà del fondo pensione dei lavoratori portuali. Tutti gli arrestati vengono rilasciati nei giorni seguenti, anche stavolta con accuse molto pesanti. Il movimento risponde a tutti questi attacchi con una grande dimostrazione di forza e di maturità politica: sabato 13 gennaio oltre 10.000 persone si prendono le strade di Atene in solidarietà con tutti gli spazi sociali. Il corteo è pacifico, ma sorprende e spiazza ripetutamente la polizia, cambiando direzione senza preavviso, fino ad arrivare davanti al tribunale.

L’altro ieri, 15 gennaio, arriva l’ennesimo sgombero: questa volta tocca al palazzo occupato dedicato a “Lelas Karagianni”, una donna, madre di 7 figli, fucilata durante la resistenza greca, nel 1944. Si tratta del più antico centro sociale anarchico della capitale greca. 14 persone vengono fermate e rilasciate poco dopo. In serata, non appena la polizia si allontana, l’edificio viene ri-occupato.

Fin qui la cronaca, utile a comprendere la gravità dell’attacco in corso, ma non sufficiente a coglierne del tutto la portata. Per farlo, è necessario soffermarsi sulle recenti dichiarazioni dei media greci a proposito di un piano di sgomberi di ben 40 occupazioni sparse in tutta la Grecia. Si tratta degli spazi più attivi, più radicati tra la gente e nei movimenti sociali. Se i primi ad essere stati puntati, per ovvie ragioni, sono i luoghi legati in maniera maggiore all’area anarchica, nessuno può sentirsi al sicuro. Case e ambulatori occupati, mercati autogestiti, teatri liberati, spazi sociali di natura diversa sono tutti, ugualmente, sotto la minaccia permanente di un probabile sgombero.

L’attacco ai cosiddetti “centri di illegalità” rappresenta una doppia occasione per il governo Samaràs: tagliare le gambe alle infrastrutture dell’opposizione sociale e mettere alle corde Syriza. Rispetto al primo aspetto è importante sottolineare la paura che il governo nutre nei confronti degli spazi occupati, che proprio durante questa crisi stanno riuscendo a interpretare i desideri e i bisogni di centinaia di migliaia di persone, costruendo quotidianamente alternative reali alla crisi e diventando estremamente più forti e incisivi nella scena politica. Gli sgomberi vanno letti anche come un tentativo di recuperare una parte dell’elettorato che ha votato Alba Dorata e come un tributo diretto pagato a questa formazione para-statale: gli anarchici e gli altri militanti dei centri sociali costituiscono la prima linea della lotta ai nazisti, nei quartieri e nelle piazze. La retorica legalitaria che sostiene la chiusura degli spazi sociali, inoltre, è un utile strumento per mettere sotto scacco Syriza: i continui attacchi che subisce in parlamento e sui giornali sono funzionali a far esplodere le contraddizioni che esistono al suo interno. Quando in un’intervista realizzata poco dopo il secondo sgombero di Villa Amalias, Tsipras (leader di Syriza) ha sconfessato un altro esponente del suo partito, che si era dichiarato anarchico e aveva difeso a spada tratta l’occupazione, le reazioni della base non si sono fatte attendere. E infatti, la partecipazione al corteo di solidarietà di sabato è stata massiccia anche da parte dei militanti di questa giovane formazione politica.

Un ultimo fatto, infine, è utile a capire il clima che si vive in questi giorni nella penisola ellenica e la strategia della tensione fomentata dal governo. Si tratta dei colpi di kalashnikov sparati contro la sede di Nea Demokratìa, giusto la notte prima che Tsipras volasse a Berlino per incontrare esponenti dell’opposizione tedesca. Un nuovo episodio funzionale a criminalizzare il movimento, accusandolo di terrorismo, e a sporcare il nome di Syriza a livello internazionale, denunciandone fantomatiche connivenze con i presunti terroristi.

Il gioco sporco del governo, degli apparati para-statali, delle forze di polizia non finirà certo qui. Sentiremo parlare di nuovi arresti e di nuovi sgomberi. Ma è altrettanto certo che il movimento venderà cara la pelle: ci saranno nuove occupazioni e non sarà sempre così facile sgomberare quelle vecchie. “Lo rifaremo tutte le volte che ce ne sarà bisogno”, hanno dichiarato immediatamente i 92 arrestati di Villa Amalias… e non c’è da dubitarne! Visto il clima di tensione crescente e la violenza della repressione statale e para-statale, però, non possiamo abbandonarci a facili ottimismi. Il movimento greco, nonostante la sua forza e la sua determinazione, ha quanto mai bisogno del sostegno degli altri movimenti europei. Solo l’Europa delle lotte può rispondere alla violenza del capitale finanziario transnazionale. Solo la solidarietà delle lotte comuni può permetterci di tenere testa al nemico. Questa è una responsabilità storica da cui nessuno può pensare di tirarsi fuori.

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