EUROPA

«Gli anarchici odiano Putin». Una testimonianza dalla Bielorussia

La Bielorussia è il paese che sta dando supporto territoriale e logistico all’invasione russa in Ucraina, in cui vige una forte repressione politica. Abbiamo sentito un membro della comunità anti-autoritaria per capire cosa sta accadendo

La Croce nera anarchica è un’organizzazione internazionale che da decenni si occupa di dare supporto ad attivisti e attiviste anti-autoritari in tutto il mondo. Da sempre si batte per la difesa e il sostegno ai prigionieri politici detenuti nelle carceri del regime di Lukashenko in Bielorussia, o nella vicina Russia. In questo momento tante persone appartenenti a questa rete stanno combattendo con le armi in Ucraina oppure aiutando le vittime della guerra.

Abbiamo parlato con un membro della rete che si trova in Bielorussia per capire che cosa succede nella repubblica da cui partono truppe e aerei impegnati nell’invasione voluta da Putin. Si tratta di un punto di vista personale che non riflette quello dell’intera comunità.

Può descrivere com’è dal tuo punto di vista la situazione in Bielorussia? Continua la repressione iniziata con l’ultima tornata elettorale?

Dopo le proteste del 2020 nel paese si è verificata una lunga ondata di repressione. Al momento, ci sono circa 1.700 prigionieri politici (anche se solo 1.100 di loro vengono riconosciuti come tale dalle organizzazioni per i diritti umani). Giusto per fare un raffronto: prima del 2020, in Bielorussia i prigionieri politici si contavano nell’ordine delle decine.

Unità speciali e ordinarie della polizia perquisiscono con regolarità le abitazioni di numerose persone, talvolta arrestandole e molto spesso confiscando i loro dispositivi digitali. Nelle prigioni i detenuti subiscono torture, che sono nella maggior parte il modo per estorcere delle confessioni e ottenere l’accesso ai loro computer e cellulari.

Tutti i media indipendenti dal governo sono stati chiusi, molti giornalisti sono stati costretti a lasciare il paese mentre altri si trovano in carcere semplicemente per aver svolto il proprio lavoro (per esempio, semplicemente per aver documentato le proteste contro Lukashenko). Dozzine di avvocati che difendevano persone accusate per crimini di natura politica hanno perso la propria licenza e alcuni di loro sono scappati (si può trovare una descrizione abbastanza esaustiva della situazione qui).

Migliaia e migliaia di persone, in generale, se ne sono andate dalla Bielorussia per sfuggire dalla repressione politica. Diciamo che il sentore generale è che se il regime dovesse smettere di porre così tanta pressione sul dissenso, presto potrebbe esserci una nuova ondata di proteste.

Cosa sta cambiando con l’inizio della guerra in Ucraina?

Con l’inizio del conflitto sono entrate in gioco le sanzioni e la situazione economica sta peggiorando in maniera molto rapida. Prima, da questo punto di vista, le condizioni in Bielorussia erano stagnanti ma sostenibili. Ma nel momento in cui le misure di Usa e Unione Europa sono state messe in campo a livello settoriale (per esempio, sui fertilizzanti) il danno si è fatto subito sentire, anche prima della guerra.

Ora la valuta straniera è sempre più costosa e i prezzi di ogni bene, incluso il cibo, sta per schizzare verso l’alto. In più, il 27 febbraio Lukashenko ha messo in scena un referendum sostanzialmente falso per cambiare la Costituzione. Precedentemente, il nostro paese poteva ambire alla neutralità e a essere libero dal nucleare come infatti previsto dalla Costituzione. Ora questi articoli sono stati aboliti.

Tutto fa chiaramente parte del “grande piano” di Putin. Da questo punto di vista, Lukashenko nella guerra in corso rappresenta nient’altro che una marionetta nelle mani del presidente russo. Basti pensare che già durante il primo giorno del conflitto Lukashenko ha dichiarato che avrebbe mandato delle truppe in Ucraina nel caso Putin glielo avesse chiesto.

Come si sta muovendo la comunità anarchica?

La maggior parte degli anarchici e delle anarchiche delle Bielorussia sono all’estero. Coloro che sono ancora qui, si trovano in una condizione di forte clandestinità. E la contingenza della guerra non fa che spingerli verso uno stato di ulteriore clandestinità.

Molti di quelli che sono fuori, invece, stanno aiutando la popolazione ucraina – sia come volontari (per esempio al confine polacco) oppure, in alcuni casi, arruolandosi come militari nell’unità di difesa territoriale ucraine. L’odio verso Putin e il suo regime è così forte in questa regione che alcuni anarchici hanno coscientemente scelto di prendere parte alla guerra dalla parte dell’Ucraina e gli altri non criticano questa scelta.

Negli ultimi 8 anni, Donetsk, Lugansk e la Crimea sono praticamente diventante “zone libere dagli anarchici” – tanto è forte la repressione lì. Si capisce perché la nostra comunità non voglia in alcun modo che il resto dell’Ucraina venga anch’essa “liberata” dagli anarchici per mano di Putin.

Quale pensi sia il sentire generale della popolazione? Pensi che la maggior parte delle persone sia contraria alla guerra?

Aby nie bylo vajny” (“Se solo non ci fosse alcuna guerra”) è uno dei “mantra” più popolari in Bielorussia, spesso pronunciato anche dai sostenitori di Lukashenko (o dalle persone che comunque tolleravano il suo regime) in passato. Durante i primi trent’anni di indipendenza, i soldati del nostro paese non hanno preso parte in alcuna missione militare all’estero, nemmeno in quelle di peacekeeping.

Lo scorso gennaio, invece, truppe bielorusse sono state inviate in Kazakhstan e ora molte unità stazionano lungo il confine con l’Ucraina. Le truppe russe fanno il loro ingresso in Ucraina passando dal nostro territorio, così come gli aerei russi attaccano partendo dai nostri aerodromi, mentre i missili russi vengono sparati dal suolo bielorusso. Gli ospedali civili nel sud-est del paese sono pieni di persone ferite appartenenti alle truppe russe, mentre i cittadini vengono rimangono spesso senza assistenza medica.

Si può quindi supporre che la maggior parte delle persone sia contraria alla guerra. Ma si tratta di una maggioranza passiva. Solo una piccola minoranza è attiva nel contestare Lukashenko. C’è stata una grossa protesta a Minsk il giorno del referendum e alcune proteste più piccole negli altri giorni. Ma tantissime persone sono fuggite dal paese al momento. Migliaia di impiegati del settore It se ne stanno andando all’estero con le proprie famiglie per via del deterioramento delle condizioni economiche. Tanti uomini anche scappano, per paura di essere arruolati.

Qual è la tua opinione sulla strategia messa in campo da Putin? Pensi che il referendum in Bielorussia ne faccia parte?

Non possiamo leggere nella testa di Putin. È apparso un articolo convincente il tre marzo su “Novaya Gazeta” che provava a spiegarlo, ma dopo l’introduzione in Russia della legge draconiana sulle fake news riguardanti l’“operazione speciale” è stato tolto (ma è possibile recuperarlo qui). Per quanto concerne il referendum, posso dire che si tratta sicuramente di una mossa che fa parte dei piani del presidente russo (per quanto l’idea di riaprire la Bielorussia al nucleare non dispiaccia di certo a Lukashenko, che si è lamentato fin dal 1994 di questa scelta costituzionale del paese compiuta da altre figure politiche). Il referendum si è tenuto due mesi in anticipo sulla data prevista, per cui fa chiaramente parte dell’intenzione di Putin di alzare il livello della tensione.

C’è un messaggio che vuoi mandare ai compagni e alle compagne in Europa occidentale?

Questo è di sicuro il momento in cui aiutare i rifugiati politici che arriveranno dalla Russia. I profughi ucraini che scappano dalla guerra sono chiaramente più numerosi e in condizioni disperate e meritano ovviamente tutto l’aiuto possibile. Ma gli attivisti e le attiviste che in Russia si oppongono alla guerra rischiano di essere trascurati e dimenticati in un contesto del genere.

È il momento di denunciare l’ipocrisia dei governi occidentali che stanno lasciano entrare sul loro territorio 5 milioni di cittadini ucraini (cosa ovviamente giusta), ma allo stesso tempo hanno chiuso le porte a 5mila curdi e siriani lo scorso autunno, nella volontà di lasciare che alcuni di loro morissero dal freddo.

Dobbiamo combattere insieme il militarismo. E soprattutto dobbiamo combattere l’industria nucleare. Come ci dimostra la guerra fra Russia e Ucraina, tutte le strutture nucleari (anche i reattori di ricerca) sono delle potenziali bombe atomiche che ci aspettano dietro l’angolo.

I gruppi anarchici ora attivi in Bielorussia sono soprattutto quelli di Pramen e della Croce Nera Anarchica. Entrate in contatto con noi e diffondete la voce dei nostri compagni e delle nostre compagne che si trovano nelle prigioni di Lukashenko.

Immagine di copertina dal canale Telegram Б.А.-дискуссия