MONDO

Gaza, quattordici anni e quattro guerre nello zaino

Gli attacchi delle forze israeliane mirano ad annientare, oltre gli edifici, le persone. Il terrore in cui si trovano a vivere i civili è un’esperienza profondamente traumatica. Queste esperienze condannano il sopravvissuto a una cultura di morte e violenza

Il target del brutale attacco militare da parte dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza è l’annientamento delle persone.

«Ascoltano la radio, guardano la tv, vedono cadaveri, sentono le bombe, il rumore assordante dei vetri delle finestre che scoppiano, ascoltano storie di guerra. Sono terrorizzati». Così descriveva i bambini di Gaza, già da alcuni decenni, il grande Eyad Sarraj, psichiatra e fondatore del Gaza Community Mental Healt Programme.

A Gaza un bambino di quattordici anni ha vissuto già quattro guerre: Piombo Fuso nel 2008, Colonna Difensiva nel 2012, Scudo Protettivo nel 2014 e quella attuale. Come si accoglie l’adolescenza con quattro guerre sulle spalle?

Oltre ai profondi traumi causati durante i bombardamenti, occorre considerare gli “effetti collaterali” quali la lacerazione del nucleo familiare, il vagabondaggio, la dispersione e l’abbandono scolastico, la denutrizione e la dieta insalubre, la mancanza di igiene e di cure mediche, le violenze fisiche o sessuali, l’insorgere di disabilità, l’uso di droghe, la criminalità minorile, lo sfruttamento lavorativo e in alcuni casi l’arruolamento.

A rinforzare tutto questo una nuova pioggia di bombe sulla Striscia di Gaza, il più grande carcere a cielo aperto esistente e il fazzoletto di terra più densamente popolato al mondo. Si bombarda su un formicaio.

A causa delle restrizioni imposte al territorio, non c’è alcuna possibilità per le persone di scappare, visto il divieto di circolazione e movimento per via aerea, terrestre e marittima.

Inutile replicare i dati già diffusi anche in Italia dei danni subiti alle infrastrutture, occorre invece sottolineare i danni che questo ennesimo catastrofico attacco militare sta causando alle due milioni di persone intrappolate senza via di fuga nella Striscia. Il bilancio delle vittime ha superato 242 vite, di cui 75 bambini e 38 donne. Secondo gli ultimi dati del ministero della Salute di Gaza, sono oltre 1.000 le persone ferite.

L’Agenzia Onu Unrwa ancora una volta fa appello a tutte le parti affinché esercitino la massima moderazione e rispettino i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale nei termini più rigorosi, soprattutto per l’incolumità e la protezione di bambini e dei civili. L’Unrwa ha comunicato i codici gps dei rifugi allestiti nelle scuole alle forze armate israeliane, e si appella disperatamente al rispetto del diritto internazionale, tentando di mantenere le scuole come spazio neutro di rifugio umanitario, scampando al mirino degli F-16 e al deposito clandestino di razzi.
Sono state distrutte molte sedi di organizzazioni umanitarie (Medici Senza Frontiere, Mezzaluna Rossa Palestinese, Palestine Children Relief Fund), nonché l’unico presidio sanitario Covid-19 e l’edificio della Stampa.

Gli attacchi delle forze israeliane mirano ad annientare, oltre gli edifici, le persone. Il terrore in cui si trovano a vivere i civili è un’esperienza profondamente traumatica. Molte abitazioni civili sono state distrutte. Nessuno è al sicuro, non c’è modo di scappare, nessun corridoio umanitario, nessun convoglio di soccorsi, tranne una manciata di ambulanze militari fatte entrare dal valico di Rafah dagli egiziani. Gli ospedali sono al collasso.

Sono stati uccisi dai bombardamenti il Dottor Ayman Abu al Aouf, capo del dipartimento di medicina interna dell’ospedale Al Shifa, e il Dottor Mooein Ahmad al-Aloul, noto psichiatra di Gaza. Anche due giovani giornalisti locali hanno perso la vita. I superstiti si fanno la doccia prima di andare a dormire in modo da poter morire puliti se durante la notte una bomba dovesse cadere sulle loro case.

La guerra causa ferite permanenti nella mente, nella memoria, nelle emozioni, che possono manifestarsi anche dopo molti anni dall’evento.

È stato dimostrato che il trauma della guerra generalmente ostacola il normale sviluppo della personalità perché i sopravvissuti canalizzano la loro attenzione e le loro energie nel proteggersi, riducendo le risorse a disposizione per la crescita in altri ambiti di vita.

Prima di questa ennesima guerra, più di due terzi fra i minori residenti nella Striscia di Gaza aveva reazioni da trauma e altre molto severe da stress (Ptsd). La perdita violenta di un genitore, assistere alla morte di fratelli, sorelle e parenti sotto un bombardamento non dà solo sintomi postumi, temporanei. Molto spesso tali esperienze condannano il sopravvissuto a una cultura di morte e violenza.

Inoltre, la genitorialità a Gaza diventa un fardello colmo d’impotenza. Se solo si pensa ai timori, legittimi, rispetto l’essere o diventare genitore tipici della nostra società e si prova a rapportarli a ciò che implica essere genitore in quelle circostanze, la sola visualizzazione è inimmaginabile.

Va conosciuta e condannata la finalità di annientamento psicologico degli attacchi militari israeliani. Le forza armate mirano a bombardare target ben precisi per distruggere qualsiasi cenno di ripresa, di speranza della Striscia. Centrali elettriche, le poche fabbriche presenti nella zona di al-Mentar che davano lavoro a decine di operai, ospedali, presidi per tamponi e vaccini Covid-19: tutto è danneggiato. L’embargo tra l’altro impedisce il passaggio di convogli umanitari, generi di prima necessità, strumentazione medica e guardando al medio termine, perfino i materiali per la ricostruzione sono banditi al passaggio.

Durante l’Operazione Piombo Fuso del 2008 a Rafah è stato bombardato anche un parco giochi per bambini. I genitori avevano portato i loro piccoli al parco, per tentare di offrirgli qualche minuto di svago durante quelle giornate di terrore. Era una giornata di “festa” per i palestinesi, vista la fine del Ramadan. Quella mattina le bombe sono cadute sulla testa di grandi e bambini.