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Elezioni in Cile: tra sconfitta della destra e sfida costituente

Le elezioni per l’assemblea costituente e le amministrative dello scorso fine settimana hanno confermato la profonda crisi politica che stanno attraversando le élites del potere che ha governato il Cile neoliberale dalla dittatura ad oggi. Un approfondimento sull’ondata di rinnovamento politico e sociale, la pesante sconfitta delle destre al governo e le sfide dell’Assemblea Costituente

Rodrigo Rojas è il nome del “Pelao Vade”, un ragazzo di 37 anni ricordato nelle proteste della rivolta sociale cilena del 2019. La sua immagine non passava inosservata: un durissimo cancro stava consumando il suo corpo mentre lottava contro la polizia durante le manifestazioni. Nonostante la sua salute stesse peggiorando, tutti i giorni andava a PlazaDignidad. Il Pelao Vade è stato eletto come membro della Convenzione Costituente il fine settimana scorso, così come molti altri militanti sociali, persone umili e indipendenti dai partiti tradizionali, sono stati eletti per mettere un punto finale alla Costituzione della dittatura pinochettista e scriverne una nuova, più giusta e dignitosa. Loro sono stati i grandi vincitori di queste elezioni, donne e uomini di un paese sempre più cosciente e informato.

Le elezioni hanno confermato la profonda crisi politica che stanno attraversando le élites del potere da diversi anni. I più puniti da questi risultati sono stati i partiti tradizionali. La destra e il centro sono sempre state il binomio di potere che dalla fine della dittatura ha governato questo Cile neoliberale.

Foto di José Aguilera

Hanno perso nei municipi, non hanno vinto nei governi regionali e ancora peggio, non hanno raggiunto i seggi necessari per bloccare qualsiasi riforma o cambio costituzionale che saranno formulati dai nuovi costituenti. La loro forma di fare politica, caratterizzata dalla superbia, il paternalismo e gli accordi “a porte chiuse”, questa volta gli si è ritorta contro e nemmeno con i milioni che hanno investito nei grandi mezzi di comunicazione sono riusciti aessere eletti.

Quel che è successo in Cile non è fortuito. Questi venti di cambiamento sono accompagnati dalle nuove generazioni e dai nuovi protagonisti e protagoniste della politica che si fanno strada con sempre più forza.

Il femminismo e la lotta delle donne non ha solo consacrato la loro presenza a livello istituzionale, come nel caso di Alondra Carillo Vidal eletta costituente e rappresentante della Coordinatrice femminista 8m o di Iraci Hassler, nuova sindaca di Santiago del Partito Comunista che ha strappato il municipio all’ex sindaco di destra Felipe Alessandri, ma ha anche raggiunto una parità di genere per la stesura della Carta Magna, segnando un antecedente importante per il resto del mondo.

In un paese che ha per modello l’estrattivismo delle proprie risorse, in cui la siccità cresce sempre di più e l’acqua è un bene privato, molti attivisti e attiviste per l’ambiente sono stati eletti dopo anni di militanza politica nei territori. Anche i popoli originari, disprezzati e puniti dallo Stato cileno, ne sono usciti vittoriosi.

Un esempio lampante è stata la candidatura della Machi Francisca Linconao, ex detenuta politica e riconosciuta lottatrice mapuche, che ha ottenuto la prima maggioranza dei seggi riservati ai popoli originari.

Siamo davanti a un momento storico, sin dai tempi di Salvador Allende non si vedeva il popolo unito capace di formare delle alleanze per sostenere delle candidature proprie, capaci di vincere la disputa elettorale.

Foto di José Aguilera

E questa è una lezione dalla quale non si può fare marcia indietro. In Cile si scriverà una Costituzione che garantirà i diritti universali, che si prenderà cura dei nostri bambini e delle nostre bambine, dei nostri nonni e nonne, che salvaguarderà l’ambiente dalla voragine del mercato, che rispetterà e riconoscerà i popoli indigeni come soggetti di diritto, che proteggerà le nostre madri e sorelle, una costituzione più giusta e dignitosa che è sempre più vicina.

Ma il cammino è difficile, l’indipendenza che caratterizza i nuovi costituenti dovrà formare gruppi eterogenei e diversi, con idee comuni e di sinistra, ma comunque diverse tra loro. È per questo che ci saranno delle complesse strategie di alleanze per arrivare a degli accordi, in cui la destra cercherà di farsi ascoltare chiamando al dialogo, ma non avrà abbastanza forza per imporre la sua posizione.

L’agonia di Piñera ha intensificato la crisi della destra cilena. Adesso è da solo, i suoi ministri si stanno dimettendo e non è appoggiato nemmeno dal suo settore politico.

Lontano dal suo pronostico di uscire più forte dopo il massiccioprocesso di vaccinazione contro il Covid in Cile, e dopo aver cercato di capitalizzare questo processo costituente verso le sue file, il governo si ritrova con le spalle al muro, non sa cosa fare nei prossimi nove mesi che porteranno aottobre 2021 a nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Il panorama è favorevole per le forze progressiste e della sinistra cilena.

Nella disputa elettorale si sta parlando di una grande alleanza per seppellire la classe politica tradizionale, è anche per questo che la candidatura del militante comunista Daniel Jádue, sindaco rieletto nel comune di Recoleta a Santiago, prende sempre più forza. È abile e cerca di unificare le forze progressiste in un programma politico in comune, che ha come pilastro principale la fine del neoliberismo in Cile.

Foto di José Aguilera

La diagnosi è complessa, non è facile parlare di costruire una società diversa in un paese dove il potere economico è così concentrato nelle mani di pochi, perché – come diceva Brecht –«la cosa più simile a un fascista è un borghese spaventato».

Il giorno dopo le elezioni la destra è già tornata alla sua vecchia strategia del boicottaggio economico: caduta della borsa e minacce di fughe di capitali. Si avvicina una campagna del terrore verso il vecchio fantasma del comunismo.

È per questo che bisogna essere cauti: anche se la destra ha subito un duro colpo nelle urne, continua comunque a conservare la sua egemonia. Un esempio di ciò è la sua disciplina, perché dopo la sconfitta ha subito unificato i criteri per sostenere un’unica candidatura alle presidenziali, una tattica che è sempre stata difficile da applicare a sinistra.

Nell’unione dei diversi settori vittoriosi di queste elezioni appena terminate, c’è la chiave per poter appoggiare una candidatura presidenziale e parlamentare che dia un colpo di grazia tanto alla destra come alla vecchia coalizione del centro cileno. Per questo bisogna mettere da parte i personalismi, la meschinità e gli accordi lontani dalla base, è tempo di scrivere un’altra politica, è il popolo che lo vuole.

Foto di José Aguilera da Santiago del Chile che ringraziamo per la disponibilità. Visita il suo profilo Instagram bandurriadelsur