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Doriana Sarli: «Autodeterminazione Saharawi, la strada è ancora lunga»

Cosa cambia con la nomina di Staffan De Mistura come delegato rappresentante dell’ONU nel Sahara Occientale? Ne abbiamo parlato con la deputata del gruppo misto e membro dell’intergruppo parlamentare “Amici del popolo saharawi”

Il riconoscimento statunitense della sovranità marocchina sul territorio occupato del Sahara Occidentale e la ripresa del conflitto, seppur a bassa intensità, tra Fronte Polisario e forze armate marocchine, hanno riportato l’attenzione sulla lunga lotta per l’autodeterminazione del popolo saharawi. Anche nel nostro paese c’è un longevo e capillare movimento di solidarietà che prova ad agire, anche a livello istituzionale, per affermare le ragioni della causa saharawi.

Ne abbiamo parlato con Doriana Sarli, deputata del gruppo misto, e membro dell’intergruppo parlamentare di amicizia con il popolo saharawi.

Partiamo dal ruolo che ha l’intergruppo parlamentare “Amici del popolo saharawi”

L’intergruppo ha una storia lunga, e dopo essere stato molto attivo durante la scorsa legislatura si è ricostituito anche in questa, sotto la presidenza di Antonella Incerti. È composto da diversi parlamentari che sono anche sindaci o ex sindaci di diversi comuni in cui è presente la rete di solidarietà. Durante la scorsa legislatura il lavoro dell’intergruppo è riuscito addirittura a far approvare una mozione in favore del referendum per l’autodeterminazione del Sahara Occidentale.

Può spiegarci meglio in cosa si fanno sentire le pressioni del Marocco?

I paesi europei hanno legami solidi, da un punto di vista commerciale e di politiche di sicurezza, con il Marocco, che non vogliono mettere in discussione anche per timore di ritorsioni, come avvenuto ad esempio solo qualche mese fa nella drammatica vicenda di migliaia di migranti che, con il lasciapassare del regime marocchino, hanno provato in pochi giorni a raggiungere la Spagna.

Per comprendere il peso del regno di Mohammed VI basti pensare al mancato rispetto del divieto di commercio tra Marocco e paesi UE delle risorse presenti nei territori occupati senza l’assenso della Repubblica Araba Democratica dei Saharawi, come ribadito dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea lo scorso 29 settembre. Il problema ovviamente è il non riconoscimento della RASD da parte dell’UE, nonostante questa sia riconosciuta da più di ottanta Paesi e sia parte dell’Unione Africana.

Cosa si può fare quindi in questa fase complicata?

In questo complicato quadro comunque il lavoro dell’intergruppo va avanti e mercoledì scorso ci siamo di nuovo riuniti, finalmente in presenza dopo le fasi più delicate della pandemia. Abbiamo diverse iniziative in cantiere, tra cui l’organizzazione di un viaggio istituzionale nei campi, se possibile il prossimo anno. Senza dimenticare che la nostra risoluzione in sostegno all’attuazione del referendum per l’autodeterminazione è calendarizzata in commissione esteri.

Inoltre continuiamo a mantenere un rapporto costante con l’intergruppo europeo, provando a organizzare altre azioni comuni come quando, in occasione della ripresa del conflitto, abbiamo scritto una lettera all’ONU, in qualità di parlamentari europei, chiedendo di intervenire e far riprendere i negoziati, in sostegno della causa saharawi.

Foto da CC Search

La nomina di Staffan De Mistura come delegato rappresentante dell’ONU è una buona notizia?

Dopo le dimissioni di Horst Köhler nel maggio 2019 tale posizione era rimasta vacante fino a oggi. Una circostanza che dimostra ancora quale sia il ruolo del Marocco che ha sempre osteggiato qualsiasi proposta di nomina. In tal senso credo sia una buona notizia, la nomina di Staffan De Mistura, su cui il Marocco stavolta è dovuto convenire su pressione della comunità internazionale. Una nomina che è stata accolta positivamente dal Fronte Polisario e che potrebbe rappresentare un passo avanti per i negoziati. Certamente, però, bisognerà vedere poi cosa sarà fatto concretamente.

D’altronde la situazione è molto complessa…

Sì, dal momento in cui non solo è ripreso il conflitto, seppur a bassa intensità, ma continuano le violazioni del diritto internazionale. Basti pensare alla nostra Enel che vuole implementare dei progetti di campi eolici nel territorio saharawi, senza chiedere l’autorizzazione del Fronte Polisario, come invece ha stabilito la Corte di Giustizia Europea. Questa cosa potrebbe portare a un’ulteriore militarizzazione dell’area da parte del Marocco, con la scusa di proteggere tali siti. Una circostanza che inevitabilmente potrebbe accelerare l’escalation del conflitto, complice anche la frustrazione di molti giovani saharawi nel vedere i propri sogni di autodeterminazione ancora una volta infranti. In tal senso da quando nel 2020 è ripreso il conflitto i saharawi sono preoccupati per il fatto che, se la comunità internazionale non dà una risposta chiara e definita sul referendum, la pace sarà sempre più a rischio. Ma d’altronde possiamo definire questa una pace? Con la supremazia del Marocco che ha occupato gran parte del Sahara Occidentale, le decine e decine di prigionieri politici, le attiviste come Sultana Khaya vittime di tortura sistematica e le risorse rubate? La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità.

Quali sono i rapporti dell’intergruppo con la rete di solidarietà con il popolo saharawi?

Abbiamo una forte interlocuzione con la rete solidale. Il nostro è un rapporto quotidiano che ci vede organizzare insieme molteplici incontri e iniziative. Con Antonella Incerti e altri membri dell’intergruppo ho fatto diverse riunioni con la rete di solidarietà.

C’è una continua interlocuzione, visto anche l’importante attivismo della rete su tutto il territorio nazionale. A testimonianza del lavoro comune che facciamo, basti pensare all’incontro di mercoledì scorso avuto con Fatima Mahfud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia, e il vice presidente del parlamento saharawi. Tra le importanti iniziative istituzionali vorrei segnalare le audizioni dei saharawi da parte del comitato dei diritti umani della Camera, l’ultima delle quali svolta lo scorso anno.

Quali sono le tue speranze per il futuro?

Nonostante non mi faccia molte illusioni di certo non mi arrendo anche grazie alla forza della lotta quotidiana che portano avanti la Rete di solidarietà e il Fronte Polisario. Se la comunità internazionale non porterà a termine la missione MINURSO credo che saremo tutti responsabili della ripresa del conflitto. La comunità internazionale deve rispettare gli impegni presi. Io non posso dire di essere molto fiduciosa ma sicuramente sono determinata, così come sono determinati i saharawi e tutte le persone solidali nel cammino verso l’autodeterminazione.

Immagine di copertina da CC Search