EUROPA

Dopo il #14N: prove di coalizione in Europa

Il “fare l’Europa” dei movimenti e la costruzione di coalizioni sociali per fare male ai padroni. Le riflessioni di DinamoPress all’indomani del 14n

Di parole sul 14N ne sono già spese molte e in Italia, per forza di cose, molte di queste parole si sono dovute occupare di violenza poliziesca e di arresti. Vorremmo provare, però, nella convinzione che fatti nuovi saranno capaci di spiazzare il discorso nostro e di tutti, ad avanzare alcune riflessioni, utili ad afferrare le sfide più ambiziose che il 14N ci consegna.

Il 14N – in molti lo abbiamo detto – è stata la prima insorgenza europea contro l’austerity e la “costituente neoliberale” di Merkel e Draghi, Napolitano e Rajoy. Insistere sul carattere transnazionale della mobilitazione, sindacale e giovanile, vuol dire porsi il problema, fin da subito, di dare continuità e forza a quest’estensione inedita delle lotte. Ce lo insegnano i 25 scioperi generali avvenuti in Grecia negli ultimi due anni: non c’è speranza per conflitti, anche durissimi, incapaci di varcare i confini nazionali. Dopo mercoledì i precari, i giovani, i disoccupati e i lavoratori greci sono più robusti, perché non sono più soli contro la troika, che fin qui ha tormentato loro, ma che in altre forme sta già tormentando e presto tormenterà con maggiore durezza Portogallo, Spagna e Italia.

Dalle rivolte che hanno infiammato i PIGS in questi giorni può rinascere l’Europa, contro i populismi xenofobi o neofascisti (vedi Alba Dorata), ma anche contro l’efferata «accumulazione originaria» portata avanti dai mercati finanziari, le banche e le corporation transnazionali. I movimenti hanno cominciato e devono continuare a “fare l’Europa”, sostituendo a quella della Bundesbank e delle tecnocrazie l’Europa dei beni comuni, del reddito garantito, del welfare universale, dell’accoglienza e dello jus soli. Il filosofo francese Etienne Balibar, in opposizione alla dittatura commissaria della BCE, immagina la proliferazione di contropoteri che sappiano coniugare l’intensità locale dello scontro con la tessitura, sociale e politica, transnazionale: è ciò che, nella concretezza delle piazze gremite e dei tumulti, il 14N ha cominciato ad affermare, e a rendere possibile. Rilanciare e procedere ancora e meglio in questa direzione è il primo compito che ci attende, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi.

Battere il governo sull’ex ddl Aprea, allargare l’opposizione all’agenda Monti, intensificare il processo costituente europeo, a partire dalle giornate studentesche di dicembre, per arrivare fino a Bruxelles a marzo. Tasselli di un puzzle possibile solo attraverso la costruzione di vere coalizioni sociali. Lo scorso mercoledì, soprattutto in Italia, le studentesse e gli studenti medi e universitari sono stati protagonisti delle mobilitazioni. La potenza dei conflitti studenteschi è una felice ricorrenza nel Bel Paese: dal movimento contro il DDL Moratti dell’autunno del 2005 all’Onda, fino alla straordinaria esplosione generazionale dell’autunno del 2010. Un protagonismo, quello studentesco, che troppo spesso è stato costretto, in particolare dalle scelte della CGIL, all’isolamento. Nel 2010 il movimento, incrociando virtuosamente le mobilitazioni della FIOM e dei meccanici, ha provato a rompere la solitudine. Si trattò di un’alleanza, virtuosa, ma di un’alleanza. Ora si tratta di fare un passo ulteriore, e la generalizzazione dello sciopero in Spagna, ad esempio, ci offre indicazioni utili. Dalle semplici alleanze alla coalizione, questo è il passaggio che il movimento deve compiere!

Un prototipo di coalizione, indubbiamente, era già in piazza il 14 a Roma e non solo. Alla presenza poderosa di studenti, soprattutto medi, si è accompagnata la partecipazione di docenti e ricercatori, giovani disoccupati, precari dello spettacolo, professionisti atipici. Altrettanto, forte è stata la sintonia tra le mobilitazioni del 14N e la lotta radicalissima degli operai del Sulcis che il 13, a Carbonia, avevano accerchiato i ministri Passera e Barca, imponendogli di lasciare il tavolo di trattativa e la Sardegna con gli elicotteri. Ma il molteplice irriducibile delle figure sociali e delle lotte deve ancora imparare a federarsi, a costruire quel comune che solo può garantire agli studenti, come ai precari o agli operai, la possibilità di incidere e, per usare espressione antica, di «far male ai padroni». Operazione possibile oggi più di prima, oggi che CISL e UIL siglano l’accordo sulla produttività, cancellando definitivamente il contratto nazionale e aprendo la strada all’aumento dell’orario di lavoro, al «de-mansionamento», alla compressione ulteriore dei salari.

Una prima occasione potrebbe essere lo sciopero dei metalmeccanici del 5 e 6 dicembre, se la pratica inaugurata il 14N di “occupare lo sciopero” saprà diffondersi. Ma sappiamo che occorre uno sforzo maggiore. Già dal 24 Novembre dobbiamo far sì che le mobilitazioni studentesche siano veri e propri scioperi sociali, capaci di bloccare la città e di affermare il protagonismo dei nuovi poveri, oltre e contro ogni tensione corporativa.