EUROPA

Disobbedire alla Troika per costruire l’Europa

Il 16 marzo in piazza a Madrid, per fare Europa dal basso e in comune.

Desobedecer a la Troika para Construir Europa

Si riunisce a Bruxelles questo fine settimana il vertice dei ministri dell’UE. I movimenti di tutta Europa, ma soprattutto quelli dei cosiddetti PIGS, stanno preparando mobilitazioni contro il debito e le politiche di austerità.

Che ci giochiamo?

Negli ultimi mesi abbiamo visto come il costo dei rendimenti è sceso a livelli inferiori di quelli mantenuti negli ultimi due anni. Com’è ovvio, il governo di Mariano Rajoy non ha tardato a interpretare un simile andamento come un successo delle politiche di austerità che l’UE ha imposto alle popolazioni del sud Europa e che governi fantoccio come quelli del PP dopo, e del PSOE prima, hanno messo in atto senza fiatare. Per prima cosa occorre collocare il calo dei rendimenti nella corretta interpretazione: c’è una relazione diretta tra gli attacchi ai titoli di stato e il rialzo delle borse. Quando calano le borse sale il costo dei rendimenti sale, e viceversa. Sono strategie alternate che vanno a vantaggio del mondo finanziario. Negli ultimi tre mesi, grazie alla politica espansiva della Federal Reserve statunitense e, in misura minore, della Banca Centrale Europea, le borse di tutto il mondo hanno senz’altro registrato un continuo rialzo, ma senza che l’attività economica globale si riprendesse granché. Il che significa che prima o poi il miniciclo espansivo delle borse andrà incontrro ai suoi limiti e gli attacchi ai rendimenti italiani e spagnoli ripartiranno. In fine dei conti non si tratta, come dicono i fanatici del debito del PPSOE, di un qualche “esame” per l’economia spagnola, bensì della logica del beneficio finanziario incalzata dalle norme dell’UE.

È bene ricordare che, nonostante i costi dei rendimenti si siano attenuati, i meccanismi di intervento degli agenti economici transnazionali nell’economia spagnola attraverso le politiche comunitarie non hanno fatto altro che rafforzarsi. Per esempio, la manipolazione delle cifre relative al debito pubblico, che ha reso incalcolabile il costo del salvataggio di Bankia con il beneplacito dell’Europa, è stata possibile solo e soltanto a condizione che il governo inviasse adeguati segnali di sottomissione, vale a dire continuità nei programmi di privatizzazione e taglio della spesa. Ovviamente, Bruxelles si riserva in ciascun caso di presentare il conto negli anni a venire e, nel farlo, di dare il via all’attacco finanziario, se il governo spagnolo dovesse mai, per ragioni improbabili, promuovere politiche contrarie ai dettami dell’Unione Europea.

Non bisogna quindi dimenticare che, anche nel caso decisamente poco probabile che non partano altri attacchi ai rendimenti, il carico del debito già contratto e la sottomissione protratta alle politiche di austerità di Bruxelles continueranno a provocare un continuo attacco alle condizioni materiali di vita della maggior parte della popolazione. Quando parliamo di politiche dell’Unione Europea, non parliamo d’altro se non della forma in cui gli interessi finanziari manifestano l’imposizione del proprio meccanismo di accumulazione, senza lasciarci esercitare alcun diritto democratico. Quando parliamo del governo di Spagna, non parliamo d’altro se non del tappo politico che ci impedisce – appunto – di confrontarci, faccia a faccia e democraticamente, con gli interessi che governano l’Unione Europea.

Pagare il debito o costruire democrazia

Lo scorso 12 marzo il parlamento ha respinto (con i voti di PP, PSOE e CIU) la proposta di un audit pubblico sul debito. Si tratta di una misura elementare per sapere esattamente a quanto ammonta il debito, a chi e quanto lo stiamo pagando, e poter discutere quale parte del debito sia legittima e quale no. Ed è lo stesso parlamento che starebbe approntando una legge sulla trasparenza che, al momento, non si sa dove sia. Sempre il 12 marzo è arrivata la notizia che l’UE conferirà maggiori poteri a Bruxelles per controllare i conti dei paesi membri. Le due cose sono in relazione diretta.

Il debito è un meccanismo di controllo delle banche centrali sulle zone periferiche del continente, un dispositivo di accumulazione e saccheggio della ricchezza comune che sostiene e giustifica tutte le politiche di austerità. Senza dubbio, questo saccheggio e queste politiche non hanno impedito che la crisi cominciasse a contagiare anche il nord e, di conseguenza, che il controllo dei comandi europei sulle economie periferiche si facesse più intenso. In altre parole, stiamo assistendo all’intensificarsi della dittatura finanziaria.

Scommettere, come fa Syriza in Grecia, sull’insolvenza democratica del debito presuppone mettere la democrazia economica al centro del problema. Le riduzioni e rinegoziaioni del debito o l’insolvenza sono meccanismi di pressione e trattativa tanto per la Troika quanto per i PIIGS. Disobbedire al pagamento del debito significa, a tutti gli effetti, far avanzare una costruzione realmente democratica dell’Europa. Disobbedire all’austerità e ridefinire in maniera collettiva e radicale la cornice istituzionale europea è la sfida dei prossimi anni. In ogni Stato e tutti insieme.

Fare l’Europa contro la Troika

Rifiutare l’euro per tornare alle piccole patrie in un contesto globalizzato non porta ad altro che ad un’austerità autoinflitta che confonde la sovranità con un’autonomia meramente formale e una dipendenza materiale superiore a quella che stiamo già vivendo. In altre parole, l’Europa siamo anche noi e la lotta contro il governo della Troika è la lotta per i nostri diritti collettivi in un contesto globalizzato.

Difendiamo l’Europa come territorio politico, costruiamo Europa perché d’Europa non si può parlare senza i movimenti nati al suo interno, senza l’antifascismo degli anni quaranta e cinquanta, senza i movimenti operai ortodossi ed eterodossi, senza il femminismo o le lotte contro il nucleare e le prime forme di ecologismo. Senza il movimento contro la fortezza Europa degli anni novanta, fino al movimento globale e contro la guerra dei primi anni duemila.

Ora che la Troika minaccia il concetto di Europa dal basso la soluzione non è meno Europa, non è tornare alle piccole patrie, ma far avanzare la democratizzazione dello spazio politico europeo – democrazia politica e democrazia economica, nuovi diritti per un nuovo contesto. La costituzione dell’Europa è stata un patto tra élite, il suo processo costituente non ha prodotto altro che miseria e sfruttamento e non riesce neanche a garantire la sua stessa riproduzione. È ora di farci il nostro. Per questo il 16M saremo in piazza a fare Europa dal basso e in comune.

Madrilonia, 14/03/2013

*Traduzione Dinamopress. Vai al testo orginale su madrilonia.org