ITALIA

«Dignità e testa alta». Più di cinquemila manifestanti in piazza con lavoratori e lavoratrici GKN

Un’intensa giornata di lotta operaia ha mobilitato la piana fiorentina: oltre ai dipendenti GKN-Driveline, sabato sono scesi in piazza colleghi e colleghe di altre aziende in difficoltà e non solo. Presenti, infatti, anche i centri sociali di zona, Arci, Anpi e rappresentanti delle istituzioni e dei sindacati

La lotta politica apertasi attorno ai licenziamenti in blocco dei 500 lavoratori e lavoratrici GKN-Driveline, destituiti venerdì 9 luglio, si allarga a dismisura. Dopo gli appuntamenti convocati davanti ai cancelli della fabbrica, i passaggi di piazza e nei tavoli istituzionali, è infine giunto il momento di animare e allargare la lotta. Dunque, sabato 24 luglio, lavoratrici, lavoratori e solidali hanno iniziato ad arrivare davanti allo stabilimento già dalle prime ore del mattino. Qui, dove le cancellate sono ormai piene di striscioni delle Rappresentanze sindacali unitarie (Rsu) della zona e non, ha preso il via quella che si prefigurava come la prima prova delle forze in campo nella lotta.

Nonostante il caldo arido e le difficoltà per raggiungere il concentramento del corteo, chiamato tra lo stabilimento e il più grande centro commerciale della regione, la partecipazione è stata sorprendente.

Più di 5000 le persone presenti, qualcuno dice anche più di 8000. Un corteo variegato, aperto dallo striscione “Insorgiamo”, dalle bandiere dell’Anpi locale e dal vessillo della Brigata Sinigaglia. A seguire lo striscione del collettivo di fabbrica, centro propulsore della lotta politica, e i primi cordoni. Un corteo inimmaginabile per una piccola città di provincia, ora diventata il centro di una lotta politica di portata nazionale.

In apertura della marcia, il Coordinamento donne GKN era accompagnato dai tamburi che hanno incessantemente animato la mobilitazione. Dietro di loro lavoratrici e lavoratori del settore metalmeccanico, seguiti poi dalle sigle dei confederali, Rsu dei dipendenti Sammontana, sindacati di base, mondi dell’associazionismo, rappresentanti delle istituzioni e di partiti politici che vanno da Rifondazione Comunista e Potere al Popolo fino al Partito Marxista Leninista Italiano (Pmli).

«Avevamo bisogno di guardarvi negli occhi e sappiamo che siamo solo la punta. Siete chiamati a testimoniare il fatto che questa azienda è di fatto adesso in mano ai lavoratori». Partito il corteo, è subito emersa la volontà di far sentire la propria voce nelle strade della zona industriale della piana fiorentina. Non sono pochi i lavoratori e le lavoratrici che hanno portato il proprio sostegno dall’interno degli stabilimenti in cui lavorano. La manifestazione, mossa da cori come «Nessuno ferma la rabbia operaia» e «Occupiamola, fino a che ce ne sarà!», ha invaso la tangenziale sotto il sole cocente. Dal furgone di testa, il collettivo di fabbrica ha comunicato a tutti i partecipanti che il microfono era aperto per soli lavoratrici e lavoratori. La decisione ha spiazzato molti dei presenti, ma la possibile dinamica di microfono aperto a tutti, in una piazza dove hanno confluito dai parroci fino ai centri sociali, le voci di lavoratrici e lavoratori avrebbero rischiato di passare in secondo piano.

Il corteo ha visto la partecipazione di maestranze arrivate da tutte le parti d’Italia: licenziati/e Whirpool, delegazioni di operai di Pomigliano d’Arco e Melfi, lavoratori e lavoratrici dell’indotto FCA-Stellantis, iscritti SI Cobas dalla vicina Prato ed operai Fedex venuti da Piacenza.

Nel susseguirsi di interventi al microfono si è sottolineato in modo lampante che la lotta è tutta politica: questi non sono altro che i primi giorni di una battaglia che non sarà breve e in cui sono coinvolti/e tutti/e. In questa fase, ancora all’inizio, spicca l’intenzione di unire le forze senza dover arretrare mai di un millimetro, con la consapevolezza che ci sono differenze di sigle accantonabili per non cedere alla tentazione di chiudersi nel minoritarismo della ragione.

Quando il corteo stava per arrivare al termine del suo percorso, passando di fianco al centro commerciale dei Gigli davanti allo stabilimento, il clima si è fatto incandescente. Dalla testa è partita la festa operaia: mentre il ritmo martellante dei tamburi dettava il tempo dei cori, cordone e spezzone di testa urlavano a squarciagola e battevano incessantemente sulle cancellate, aumentando a dismisura il numero dei decibel. Una voce sola e univoca, ritmata dalla rabbia di lavoratrici e lavoratori che ha accompagna il corteo fino all’arrivo ai cancelli della fabbrica.

Qui hanno preso parola lavoratori e lavoratrici dell’indotto FCA-Stellantis, operai del tessile, licenziati FedEx, dipendenti Alitalia e altre lavoratrici e lavoratori unitisi alla lotta. Accenti diversi, ma con gli stessi fini: lotta, rabbia e volontà di insorgere allo stato di cose attuali sono state le parole d’ordine.

Dopo aver ascoltato tutti, gli interventi si sono chiusi con le parole di Dario Salvetti della Rsu – GKN. Un discorso che è andato oltre la semplice narrazione della realtà di fabbrica, ponendo domande nei confronti di chi ha portato la propria solidarietà in corteo: «Quando venite qui ci chiedete come stiamo, come volete che stiamo? Siamo qui, in piedi, come qualcuno che ha preso una tranvata in faccia e ha ancora i lividi, ma è in piedi. [..] Ma vi chiediamo, voi come state? Noi fino al 22 settembre abbiamo lo stipendio, poi ci saranno tfr, accordi, ma chi ci domanda come stiamo, magari sta messo peggio di noi, magari chi è qui con noi adesso ha il contratto in scadenza, magari il giornalista che ci intervista lavora a cottimo a 5 euro al pezzo. Non ci sembra che nessuno stia bene. Ma allo stesso tempo stiamo benissimo, perché abbiamo la dignità e la testa alta».

L’obiettivo è quello di generalizzare la lotta: al giorno d’oggi questa non è più una necessità, ma un’urgenza politica. Il corteo si è chiuso con l’appello a riprendersi tutto ciò che è stato tolto a lavoratori e lavoratrici negli ultimi anni. Un invito al riscatto per la classe lavoratrice e la comunità politica costituitasi attorno alla lotta degli operai/e GKN: «Noi vinciamo se tutti cessiamo di essere minoritari, abbiamo un presente e un futuro da giocare, che si gioca oggi, trasformando questa lotta in una leva per cambiare i rapporti di forza del paese. Si perde sempre tranne quella volta che si vince. Le vittorie sono rare, costano fatica perché cambiano la storia. Noi siamo il villaggio di Obelix, ma sarebbe il caso di riconquistare la Gallia. Questo vi stiamo chiedendo».

Tutte le foto dalla pagina Facebook Insorgiamo con i lavoratori GKN