ROMA

Dalla difesa all’attacco: le battaglie sulla sanità

#Occupysanità: ospedali occupati, lavoratori in mobilitazione, la Colombo paralizzata per ore.

Arriviamo al CTO che il corteo sta per partire: più di 500 persone, con bandiere e striscioni sono accalcate nella piccola via dell’ospedale. Personale sanitario, medici, la rete sociale di quartiere e l’undicesimo municipio, molti cittadini e cittadine interessati al futuro della struttura iniziano a sfilare per Garbatella. La strada che ci separa dal presidio che ci attende sotto la sede della Regione Lazio è poca, e scorre ancora più veloce mentre ci fermiamo a parlare con Gabriele, giovane abitante della zona. Ci racconta come tutto il territorio abbia partecipato alle mobilitazioni dell’ultima settimana interessandosi in prima persona del presente e futuro dell’unico presidio ospedaliero della zona, nonché un importante polo di eccellenza romano. Parliamo con medici ed infermieri che sfogano la propria rabbia contro la regione, il commissario Bondi ed un sistema che vorrebbe decidere sulle loro vite e quelle dei pazienti. “Noi no ci stiamo! Per questo da sabato siamo in occupazione” esclama un primario. La situazione è davvero critica; in tutta la regione saranno tagliati 3500 posti precari, circa mille posti letto, turnover bloccato per medici ed infermieri: per l’eccellenza del CTO e degli altri ospedali colpiti vuol dire chiusura, a fronte di anni di tagli.

Arrivati al presidio la presenza dei sindacati ci sembra essere molto forte. La potente amplificazione dà voce a sindacalisti, lavoratori e lavoratrici che si alternano nel denunciare gli sprechi, la mala gestione, i tagli indiscriminati ed orizzontali. Sono ormai più di 1500 le persone che affollano il sit-in. Girando per la piazza capiamo subito che, nonostante la piazza sia stata convocata dai sindacati che si alternano a parlare, c’è molto più di questo; le persone che ci circondano hanno ognuna una storia da raccontare, un dramma da condividere. La paziente affetta da una malattia rara che urla con tutta se stessa la sua rabbia; il lavoratore della croce rossa ormai disoccupato come più di 100 suoi colleghi rassegnato a cambiare mestiere; la pensionata, un vita passata a servire il sistema sanità che ci confida come chi ora sta li ad urlare fino a ieri stava a braccetto con i politici e tecnici di turno; giovani precari e precarie che, appena entrati nel mondo del lavoro già se lo vedono scivolare tra le mani.

Il presidio si sposta, andando a bloccare Via Cristoforo Colombo. Spazio adesso ai cori e agli striscioni, alla voglia di credere nella battaglia che ogni singolo ospedale porta avanti. Dal San Filippo Neri ci raccontano una situazione molto simile al CTO: l’ospedale copre un ampia zona, quella di Roma Nord e Provincia, ed è l’unico rimasto pubblico. Ora che chiuderà l’ospedale di Bracciano si troverà ancor più sovraccaricato. Inoltre, recenti investimenti hanno appena potenziato la struttura e con il possibile ridimensionamento saranno stati soldi buttati. Massimiliano dell’IDI, invece, ci racconta la sua esperienza: “Sono 4 mesi che stiamo senza stipendio, la regione ha appena sbloccato i fondi che a malapena basteranno per pagare il 90% di una mensilità. Ogni giorno occupiamo la direzione amministrativa, indagata per un ammanco di 800 milioni, e siamo stati sul tetto per più di 20 giorni, otto dei quali passati in sciopero della fame. Ma non siamo ancora stanchi perché non abbiamo altra alternativa se non quella di continuare a mobilitarci, lottando per i nostri diritti e in difesa di un istituto unico nel Paese”. Sandro, infermiere allo Spallanzani aggiunge: “Sentiamo ormai l’urgenza coordinarci tra i presidi in agitazione, ragionando tutti insieme sulle pratiche di protesta da adottare, sulle possibili alternative al sistema di gestione della crisi sanitaria attuale.”

Sotto la pressione dei reparti della Celere, che circondano i manifestanti, termina l’occupazione della Colombo, non senza qualche resistenza. Si ritorna insieme nei rispettivi ospedali, ma con molta rabbia dentro: la sfida è appena cominciata. Torniamo insieme ad alcuni lavoratori del CTO, scambiandoci le impressioni della giornata, mentre ci raccontano la loro esperienza. Da giovedì sera sono in occupazione: ci chiariscono subito che non si tratta di un blocco dell’ospedale ma di un presidio simbolico che giorno e notte informa gli utenti e il personale su ciò che accade nella Sanità Laziale e le ripercussioni a livello territoriale. Lavorano e si mobilitano senza sosta: l’ospedale non può e non deve chiudere. È attiva un assemblea permanente, tra medici, infermieri, tecnici ed amministrativi: si sta pensando ad un momento di coordinamento tra gli ospedali. Domani faranno un sit-in presso la direzione dell’azienda ospedaliera, che non li ha nemmeno informati dei probabili tagli che sarebbero piovuti.

Questa manifestazione apre spazi di discussione e di mobilitazione molto interessanti. Il saccheggio della Sanità pubblica tuttavia ci impone la necessità di ragionare su nuove forme di lotta, meno corporative e costrette nell’ambito di un determinato ospedale o una determinata categoria professionale. La singola vertenza non è altro che una piccola parte di un grande disegno di dismissione dell’SSN, per questo l’agitazione non si può fermare ad oggi. Occorre costruire una mobilitazione che sappia coordinare le singole vertenzialità di ogni ospedale, che sappia coinvolgere le realtà territoriali e tutta l’utenza, che sappia tutti e tutte assieme costruire una nuova idea e cultura di diritto alla Salute. La partita purtroppo, non sembra giocarsi soltanto sul piano regionale: le stesse parole di una Sanità a forte partecipazione privata ci arrivano direttamente da Napolitano, la battaglia è già sul terreno delle privatizzazioni e delle assicurazioni private. La posta in gioco è molto alta.

Leggi anche il racconto di Saba Camilletti su CoreOnline

Un lavoratore del CTO:

Un lavoratore del San Filippo Neri:

Marco lavoratore del Cto: conclusioni