ITALIA

Il crimine di curarsi con la cannabis

Walter De Benedetto è affetto da una grave forma di artrite reumatoide: la cannabis terapeutica è l’unica sostanza che gli dona un po’ di sollievo dal dolore, ma lo Stato non riesce a garantirgli la dose necessaria. Per questo De Benedetto ha deciso di coltivarsela privatamente e ora è indagato per violazione dell’articolo 73 del Testo unico sulle droghe: coltivazione di stupefacenti ai fini di spaccio. In sua solidarietà si moltiplicano le iniziative di sensibilizzazione verso le istituzioni

Centottanta volontari hanno dato inizio allo sciopero della fame in solidarietà a Walter De Benedetto. Il quarantanovenne aretino, affetto ormai da trentacinque anni da una grave forma di artrite reumatoide, agli inizi di settembre è stato indagato per coltivazione di sostanza stupefacente: De Benedetto infatti, insieme a un amico, coltivava nel proprio giardino alcune piante di cannabis. Una scelta obbligata, in quanto, nonostante la regolare prescrizione medica per il rifornimento di cannabis terapeutica, l’uomo ha dovuto sopperire in prima persona alle lacune della sanità pubblica nel garantirgli la quantità di cannabis riportata in ricetta. «Il paziente è lasciato solo dallo Stato. La filiera degli attori che compaiono in questo caso è molto più ampia del semplice rapporto imputato/tribunale: dal momento in cui la farmacia ospedaliera non procura al paziente la medicina per la quale ha una regolare prescrizione, lasciandolo di fatto senza terapia, il paziente è lasciato solo dallo Stato», ha dichiarato il rappresentante legale di De Benedetto, Lorenzo Simonetti.

Walter De Benedetto

I problemi con la giustizia di Walter De Benedetto iniziano nell’ottobre dello scorso anno. Un amico viene fermato mentre innaffia alcune piante di cannabis, in una serra di un terreno di sua proprietà. Per l’amico la giudice Giulia Soldini ha disposto, alla fine del processo, la “messa alla prova” che cancellerà il reato se superata. Inizialmente nessun provvedimento era stato preso per De Benedetto, che aveva subito provato a scagionare l’amico, dimostrando la necessità di integrare la propria terapia antidolorifica a base di cannabis. Soltanto agli inizi di questo settembre, il quarantanovenne è stato iscritto nel registro degli indagati per il reato di “coltivazione di sostanza stupefacente in concorso”.

De Benedetto si è allora rivolto al Presidente Mattarella, tramite una lettera che la campagna di sensibilizzazione Meglio Legale ospita sul proprio sito. Vi si legge: «Caro Presidente Mattarella,

mi appello a Lei perché un anno fa ho provato a rivolgermi alle Istituzioni, quella volta sono venuto fino a Roma dopo un viaggio difficoltoso ma per me pieno di speranza. La mia richiesta di aiuto è anche un atto di accusa contro un Paese che viola il mio diritto alla salute, il mio diritto a ricevere cure adeguate per mio dolore. Che è un diritto garantito dall’articolo 32 della Costituzione. E non solo non mi garantisce questo diritto fondamentale, ma mi persegue davanti alla legge per aver provato a risolvere da me il mio stato di necessità. Oggi, oltre a essere malato e inchiodato a un letto, sono anche indagato davanti al tribunale di Arezzo per coltivazione di cannabis».

Meglio Legale, che da sempre si batte per la legalizzazione della cannabis e la decriminalizzazione delle altre sostanze, si è schierata a fianco di De Benedetto, insieme ad altre associazioni come Fuori Luogo, che ha organizzato il digiuno a staffetta, e Amici di Luca Coscioni, il cui presidente Marco Cappato lo ha iniziato per primo. Anche la politica si è interessata alla vicenda di De Benedetto: Riccardo Magi (+Europa/Radicali) e Caterina Licatini (Movimento 5 Stelle) ne hanno sostenuto l’appello intervenendo in una conferenza stampa alla camera dei deputati il 20 ottobre scorso. Licatini ha dichiarato ai microfoni: «La cannabis è stata inserita da anni come sostanza terapeutica, ma ancora è difficile da reperire. Noi farmacisti molto spesso non riusciamo a reperire la cannabis terapeutica, chi ne fa uso ha patologie gravi. Sono molti quelli che necessitano di queste cure: non gli stiamo garantendo questa possibilità. Non possiamo lasciarli soli e aggravare – come nel caso De Benedetto – la loro situazione con un danno giudiziario ed economico».

In Italia l’approvvigionamento di cannabis terapeutica è previsto tramite la produzione, affidata in via esclusiva allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (Scfm) e l’importazione di prodotto, da conferire allo Scfm per la successiva trasformazione. Ogni anno un Decreto dell’Ufficio centrale stupefacenti fissa le quantità di sostanze stupefacenti e psicotrope che possono essere fabbricate e messe in vendita in Italia. Il decreto ministeriale dell’11/11/2019 ha fissato in 500 kg la quantità massima di cannabis terapeutica da produrre per il 2020. Ma secondo il report Estimated World Requirements of Narcotic Drugs 2020 dell’International Narcotics Control Board, l’Italia ha un fabbisogno di 1950 kg all’anno di cannabis medica.

«Riguardo la cannabis medica, che fino a qualche anno fa era tabù (e abbiamo visto con quest’ultimo decreto di Speranza si conferma nelle istituzioni ancora un tabù), è stato commissionato pochi giorni fa, dalla rivista “Beleaf” a SWG, un sondaggio dal quale risulta che il 75% degli italiani sono a favore. In Italia si può e si deve parlare di cannabis, medica, industriale e anche di legalizzazione», ci dicono da Meglio Legale: «Abbiamo al governo due partiti che, separatamente, si erano detti d’accordo alla legalizzazione della cannabis: adesso che avrebbero la maggioranza per muoversi in tal senso, inseguono invece le destre e le presunte paure dei cittadini. Presunte perché il paese è molto meno arretrato e bigotto di quello che si crede».