ROMA

Con chi ha “concordato” Atac la valorizzazione temporanea dei suoi depositi?

Si parla ancora di valorizzazione temporanea. Questa volta è ATAC, azienda a partecipazione pubblica coperta di debiti, a concedere i suoi immobili in uso a privati al fine di produrre valore. Naturalmente profitti per loro e non valore sociale per la città.

È la delibera di Consiglio comunale n.39 del 2011 che autorizza la riconversione funzionale degli immobili di ATAC Patrimonio S.r.l. secondo quanto previsto dalle Norme Tecniche di Attuazione del Piano regolatore. Risponde a una richiesta fatta da Atac per dismettere e valorizzare i beni immobili non strumentali all’esercizio del trasporto pubblico, di sua proprietà previa trasformazione urbanistico-edilizia.

Il patrimonio immobiliare del quale si parla è appartenuto al Comune di Roma fino al 2000, quando ATAC cessa di essere un’Agenzia Speciale del Comune, e diviene una Società per Azioni a partecipazione pubblica, alla quale viene trasferito il patrimonio e la sua gestione. L’elenco degli immobili riportato nella delibera è lungo, riguarda ex rimesse, aree libere, complessi immobiliari. Tutto da mettere sul mercato per risanare un bilancio che già allora faceva presagire il disastro. Si tentava di salvare Atac vendendo i pezzi di pregio del patrimonio, puntando soprattutto sulle tre grandi ex-rimesse di San Paolo, piazza Ragusa e piazza Bainsizza, patrimonio enorme da anni inutilizzato.

L’amministrazione autorizza dunque nel 2011 ATAC ad alienare i beni immobili attraverso procedure a evidenza pubblica e prevedendo una trasformazione urbanistico-edilizia per i singoli complessi immobiliari. La delibera conclude con queste parole: «anche al fine di migliorare la struttura urbana della città, la qualità della vita e produrre inclusione sociale. I singoli interventi saranno realizzati con procedure concorsuali e trasparenti, soprattutto con l’obiettivo di assicurare adeguati livelli di qualità urbanistica, ambientale e architettonica».

Di fatto si autorizza la trasformazione degli ex depositi in strutture commerciali e nuove residenze, scatenando un’ondata di proteste fra i comitati che da anni chiedono un uso pubblico di quelle strutture lasciate abbandonate.

Per anni non succede nulla. Si continua a parlare di quel patrimonio ogni volta che si deve affrontare la drammatica situazione del bilancio della società, sono 200 i milioni che Atac si era impegnata a ricavare dalla dismissione, anche se il patrimonio è stimato in bilancio 95,5 milioni di euro. L’amministrazione Raggi, in occasione della richiesta al Tribunale di Roma del concordato preventivo per salvare Atac dal fallimento, conferma la volontà di vendere gli immobili di proprietà dell’azienda, mantenendo però la destinazione urbanistica attuale, privilegiando la vocazione a servizi pubblici urbani.

Atac incarica la società Reag – Real Estate Advisory Group srl di valutare il valore degli immobili di sua proprietà.  Sono strutture disseminate su tutto il territorio della Capitale, dalle ex rimesse Vittoria a piazza Bainsizza, San Paolo a via Alessandro Severo e Tuscolana a piazza Ragusa, a quella di Trastevere; dalle aree Garbatella, Centro Carni, Cardinal De Luca a quella della rimessa Acilia; dalle sottostazioni elettriche Nomentana, San Paolo, Etiopia, Lucio Sestio e San Giovanni a un grande fabbricato in via dei Rogazionisti e un mega edificio a Piramide. Ci sono anche la ex centrale operativa della metropolitana a Garbatella, un appartamento e un ufficio sulla via Tuscolana.

In attesa di trovare acquirenti, che sembrano non esistere, Atac ha reso pubblico in questi giorni un avviso di manifestazione di interesse. È rivolto a operatori finanziari e investitori interessati alla riqualificazione temporanea di immobili in disuso per attività culturali e sociali. L’idea non è nuova. Ne avevamo parlato a proposito della ex dogana di San Lorenzo, e delle caserme dismesse.

Sono tre per ora le costruzioni che saranno coinvolte nel piano: la rimessa San Paolo di via Alessandro Severo, la rimessa Tuscolana di piazza Ragusa e la rimessa Vittoria di piazza Bainsizza. La tipologia degli spazi li rende adatti all’utilizzo per eventi e manifestazioni.

La ex rimessa San Paolo, rimasta vuota per anni, è stata occupata dal Movimento di lotta per la casa nel 2011. Per alcuni mesi all’interno della struttura, oltre che ospitare 20 famiglie, si è dato avvio a un progetto di riutilizzo sociale dell’ex deposito., attraverso mostre e ricerche condotte insieme alle Università romane, con incontri e assemblee con le associazioni locali, con iniziative di recupero della storia del luogo. Dopo lo sgombero del 2012 Atac lo concede temporaneamente all’Ama per lo stoccaggio, la riparazione e la pulizia dei cassonetti stradali. Terminata anche la concessione all’Ama il deposito rimane inutilizzato. Se ne è parlato in occasione dello sgombero di Alexis all’Ostiense, come possibile soluzione provvisoria per chi era rimasto senza casa. Non è stato così. Da allora è ancora vuoto e abbandonato.

La ex rimessa Tuscolana a piazza Ragusa, realizzata a metà degli anni ’20, è costituita da un edificio su via Tuscolana e dal grande spazio voltato, alle sue spalle, utilizzato come rimessa e officina per gli autobus. A metà degli anni ‘30 la struttura fu ampliata verso piazza Ragusa, con un edificio di 4 piani per uffici e residenze, sormontato da una coppia di torri in cemento armato che raggiungono un’altezza di 27 metri. Da anni i residenti del quartiere hanno avanzato una proposta di riutilizzo. L’idea è quella di farlo tornare ad essere uno spazio di appoggio alla mobilità cittadina, ma in chiave sostenibile. Potrebbe diventare uno snodo urbano per la condivisione di auto e biciclette elettriche rifornite da pannelli fotovoltaici: ecostazione della mobilità sostenibile. Inoltre, data l’ampiezza degli spazi si è pensato di insediare anche attività socio-culturali di cui il quartiere ha bisogno.

La ex rimessa Vittoria di piazza Bainsizza realizzata nel 1920 occupa una superficie di 15 mila metri quadri. Dal 2002 è inutilizzata. Nel febbraio 2008 il Comune presenta in un’assemblea pubblica il progetto vincitore di un concorso di idee per il riutilizzo dell’area che aveva bandito. Il progetto prevede una massiccia edificazione con residenze di lusso, uffici, studi privati, negozi ecc. Il Comitato Cittadino della Vittoria, nato nel 2007, segue con attenzione le vicende del Concorso: la sua mozione di rigettare il progetto e di realizzare nell’area un parco e servizi pubblici di carattere sociale e culturale, è approvata dall’assemblea. Attraverso la nascita del Coordinamento Cittadino Progetto Partecipato (CCPP) prende vita un Laboratorio di Progettazione Partecipata per la riqualificazione e il riuso dell’ex rimessa, cui aderiscono i cittadini, le associazioni e i comitati che si battono per la sua salvaguardia. Si pensa di utilizzare gli edifici classificati nella Carta della Qualità come “manufatti di archeologia industriale” per attività culturali, ricreative, sociali, museali.

Alle tante proposte avanzate da parte della città in questi anni per il recupero delle strutture dismesse si risponde ancora una volta con la decisione dispotica di affidarle a operatori finanziari e investitori interessati alla loro riqualificazione. Di fatto per trarre profitti da beni che appartengono alla città di tutti.

Sono nostri e per questo sono fatte proposte per il loro utilizzo a fini sociali. Rappresentano una ricchezza per i territori. Ma questo sembra non significare nulla.

Si preferisce riproporre quanto avvenuto all’ex Dogana a San Lorenzo e alle Caserme di via Guido Reni, affidando le proprietà Atac a privati per otto mesi, in cambio di un conguaglio economico e il 25% dei ricavi.
L’amministratore delegato Paolo Simioni, fedelissimo di Massimo Colomban, ha così spiegato la sua decisione:
«L’obiettivo, stante la peculiarità delle strutture, il loro valore urbanistico e il loro posizionamento nella città è quello di affidarne temporaneamente l’utilizzo in modo da assicurarsi in primo luogo un flusso di reddito e la riduzione o l’annullamento per Atac dei costi di gestione e di vigilanza e in secondo luogo la migliore valorizzazione degli immobili – preferibilmente culturale e/o sociale orientata al territorio – il costante presidio e la manutenzione degli impianti stessi, grande visibilità per l’immobile in ottica di ricerca di un acquirente».

Quale sarà questa volta la «valorizzazione culturale e sociale orientata al territorio»?