editoriale

Il colore della solitudine

Mentre sui giornali abbondano le analisi sulla “follia” dell’attentatore fascista Luca Traini e si sgomita per avere commenti da Salvini, Meloni e Forza Nuova, il silenzio più assoluto cade sulle vittime: nessuna visita ufficiale, nessuna solidarietà istituzionale, nessuna storia raccontata dai media

Ci sono volute 48 ore per leggere sulle principali testate nazionali le prime notizie dettagliate sulle persone ferite nell’agguato fascista di Macerata. Due giorni di silenzio e di parole omissive, generiche, stereotipate, insultanti: stranieri, rifugiati, gente “di colore”, africani. L’attenzione mediatica e politica è concentrata sulla “follia” di Luca Traini, sull'”esasperazione della gente”, sulla “bomba sociale” innescata dall’invasione di migranti. Un ordine del discorso che utilizza la tentata strage per prendere un’ulteriore rincorsa verso il baratro, un nuovo salto di qualità.

Il fascista con il dente di lupo scolpito sulla tempia, l’ex candidato della Lega che stringe la mano a Salvini, il razzista da bar e da palestra che prende la pistola (con regolare porto d’armi) e decide di “fare una strage”: sette corpi feriti in una giostra del terrore mai vista prima. Non è bastata questa sceneggiatura per mettere in imbarazzo il razzismo di stato, la politica dell’odio e il giornalismo avvelenato di questo paese. Tutt’altro. Nel giro di poche ore abbiamo assistito alla nemesi del nazista senza speranza, con una destra ancor più aggressiva contro i “clandestini fuori controllo” e una sinistra, spalle al muro, a difendere tricolori e blaterare contro la giustizia fai da te. In mezzo, quel pozzo di opportunismo elettorale e cattiva coscienza della maggiore formazione politica italiana, pronta a lisciare qualunque pelo pur di andare al governo.

Giornali e tv che sgomitano per avere le repliche di Salvini e Meloni, Forza Nuova che impunemente offre la difesa legale a Traini, il vomito sul web, le “proposte di governo” dell’eterno Berlusconi, lo sfogo del sindaco Pd di Macerata “infastidito dai migranti che spacciano e che elemosinano”.

In questo piano inclinato dell’orrore, le vittime pagano due volte il prezzo di una “colpa” che viaggia sulla linea del colore. Lo stesso colore del presunto assassino di Pamela Mastropietro, lo stesso colore di chi, complice Soros e soci, invade l’occidente, rubando risorse e privilegi.

Questa è la colpa non emendabile che, in questi giorni di cura negli ospedali marchigiani, li inchioda a una solitudine surreale quanto feroce: nessun sindaco, sottosegretario, ministro, vescovo, sindacalista, politico (tranne Maurizio Acerbo di Potere al Popolo) si è sentito in dovere di portare solidarietà e vicinanza, nessun cordoglio dello stato di diritto, nessuna testimonianza di amore cristiano. Nessuna storia struggente è stata raccontata nei telegiornali, nessuna riflessione sulla paura e sulla “sicurezza dei cittadini” colpiti e terrorizzati in pieno giorno, in mezzo a una piazza, come una qualsiasi strada di Baghdad o del Texas.

Le uniche note di speranza provengono da quelle esperienze solidali e mutualistiche, oggi invisibili al dibattito pubblico, che non temono di guardare in faccia l’infamia razzista, che riconoscono la filiera politica e sociale della paura, che sono pronte a difendere l’agibilità pubblica di una società meticcia. Sabato 10, Macerata sarà la capitale di questo Paese che non si arrende.