editoriale

Il “ Capitano” in affanno chiagne e fotte

Salvini si ritrova troppi nemici e perde la testa, ma la situazione continua a essere pericolosa e non basta proporsi di frenare l’onda nera.

Non è stato un buon week end per Salvini e chissà perché lo staff della “Bestia” gli ha consigliato di aprire in simultanea tre fronti: contro la Chiesa, contro l’Onu e contro la Magistratura.

La sceneggiata di Salvini, circondato da brutti ceffi nazi, a piazza Duomo con rosario e crocefisso, litania sui santi e Madonnina oscillava fra il grottesco e il blasfemo e ha suscitato la violenta reazione dei legittimi detentori di quella simbologia, con l’aggravante di un attacco al Papa che prefigurava una posizione di antipapa poco adatta all’oratore e senza altri candidati plausibili, che non fosse l’improbabile emerito Ratzinger. Una guerra diventata molto rischiosa, una volta che Bergoglio è passato da una caritatevole simpatia per le vittime e gli scarti a un’aperta rivendicazione politica di rottura della legalità ingiusta, che insiste non solo sulle aberrazioni dei due decreti sicurezza del governo giallo-verde ma anche sul decreto casa di Lupi e Renzi. La Chiesa sul terreno della contrapposizione della legittimità del diritto naturale contro il diritto positivo ha una lunga esperienza e promette un’opposizione non episodica. Incidentalmente, le disavventure comico-spionistiche dell’alleato austriaco Strache sono state accolte proprio male da una Lega anch’essa sospettata di relazioni pericolose con Putin.

Un comitato speciale dell’Alto Commissariato per i diritti umani dell’Onu ha sferrato il 15 maggio un attacco frontale, in 11 dettagliatissime pagine, contro le direttive di marzo e aprile del Viminale sul salvataggio in mare e addirittura ha chiesto di interrompere subito l’iter di approvazione del decreto sicurezza bis, cioè di un documento di cui ancora circolano solo bozze ufficiose. Con una lettera indirizzata al ministro degli esteri Moavero ha accusato l’Italia (ma anche gli altri paesi europei che di fatto le scaricano il problema) di mettere così a rischio i diritti umani dei migranti, inclusi i richiedenti asilo», sino a «violare le convenzioni internazionali». Essa fa esplicito riferimento alle vicende della Mare Jonio, nel contesto di una complessiva «criminalisation of civil society organisations carrying out search and rescue operations», cancellando i diritti dei migranti, considerando il soccorso un favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed equiparando le Ong agli scafisti, senza alcuna comprova da parte delle autorità giudiziarie competenti.

Ne risulta un «climate of hostility and xenophobia against migrants», già denunciato in due risoluzioni dell’ottobre e novembre 2018. Ne derivano effetti disastrosi anche sui comportamenti delle navi mercantili, dissuase dal prendersi grane soccorrendo naufraghi. La minaccia (contenuta nelle bozze del secondo decreto sicurezza) di imporre multe fino a 5.550 per ogni migrante salvato non è che l’aberrazione terminale di quei primi provvedimenti. Il riferimento alle convenzioni internazionali è del tutto pretestuoso, atteso che in esse è preminente «the duty to render assistence to any person found at sea in danger of being lost» – senza limiti di zona marittima, Sar e bandiera delle imbarcazioni. Il diritto alla vita è infatti, senza restrizioni,  «the prerequisite for the enjoyment of all other human rights». È inammissibile qualsiasi ostacolo ad azioni e organizzazioni umanitarie.

Inoltre il fine di quelle direttive è di aggirare il principio di non-refoulement stabilito dalla Convenzione di Ginevra, secondo cui a un rifugiato non può essere impedito l’ingresso sul territorio né può essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. Ciò viene conseguito definendo la Libia, ancor prima della guerra civile in corso notoriamente luogo di abusi, detenzioni arbitrarie, lavoro forzato, uccisioni, stupri e  torture, come «place of safety (porto sicuro) per lo sbarco» e affidando il salvataggio e il rimpatrio coatto alla guardia costiera libica, spesso collusa con i trafficanti stessi.

Va respinta ogni stigmatizzazione dei migranti in difficoltà e la denegazione del loro diritto di cercare asilo e di essere identificati quali vittime del traffico di persone, così come risulta invece dalla chiusura dei porti come misura di ordine pubblico e di sicurezza, evocando terrorismo e pericoli delinquenziali prima ancora di identificarli.  Questa è «a blank criminalisation of all migrants in vulnerable situation». Fra l’altro, nelle raccomandazioni finali si chiede una statistica dettagliata su quanti terroristi e pregiudicati risultino fra gli sbarcati…

Lo stesso pretesto della lotta ai trafficanti risulta contraddittorio, perché proprio le «restrictive migration policies contribute to exacerbate migrants’ vulnerabilities», favorendo tale traffico piuttosto che prevenire e proteggere le loro vittime potenziali. L’individuazione e perseguimento degli scafisti dovrebbe implicare la complementare accoglienza delle loro vittime.

Moavero ha risposto in modo vago, mentre Salvini ha buttato la palla in tribuna accusando l’Onu di essere un “potere forte” ostile all’Italia. L’effetto principale della dura critica onusiana è stato però la sua  sostanziale traduzione nelle “criticità” rilevate dal Quirinale e portate dai pavidi 5 Stelle a pretesto per bloccare il secondo decreto sicurezza in Cdm.

La rottura con la Magistratura è cominciata con la resa del fedele alleato Zuccaro, il procuratore di Catania, che ha abbandonato le inchieste sui “taxi del mare” e la collusione Ong-scafisti, preferendo buoni rapporti con il Csm e il Ministero della Giustizia alle spericolate e fallimentari indagini dei primi mesi dell’anno. Mentre in tutta Italia le Procure incalzavano autorevoli esponenti leghisti, il sottosegretario Siri in primis, per episodi di corruzione e peggio, quella di Agrigento ha cominciato a bocciare le denunce di Salvini, che alla fine si è aggrappato alla scivolosa tattica di richiedere il sequestro delle navi delle Ong, sottovalutando che l’accoglimento di tale pretesa avrebbe implicato l’automatica messa a terra dei migranti trasportati sui veicoli incriminati.

Come è avvenuto puntualmente e in circostanze alquanto comiche in diretta televisiva per i 47 della  Sea Watch. Beninteso, le figuracce sono state propiziate da manine interessate dei 5 Stelle e delle loro propaggini giudiziarie, nel quadro di una sfacciata campagna di recupero consensi.  Ma Salvini e “Bestia” potevano aspettarsi che i loro partner-vittime a un certo punto non fossero più masochisti consenzienti. Peraltro i 5 Stelle sono riusciti nel capolavoro di fare una figura ancora peggiore, rimproverando al decreto sicurezza di non essere abbastanza efficiente nel rimpatriare i “clandestini” e irridendo ai “porti chiusi” senza assumersi la responsabilità di averli aperti, per paura di dispiacere a quella parte della propria base elettorale che è xenofoba e salvineggiante.

Il governo, a questo punto, è allo sbando; lo ha mostrato la paralisi del CdM nella scorsa nottata, senza che l’opposizione parlamentare possa rivendicare alcun titolo di merito. La Chiesa ne esce rafforzata nel suo progetto geo-politico mondiale, mentre I poteri forti nazionali ed europei cercano a gran fatica di resuscitare un’alternativa neoliberale giocando in parallelo le carte dell’umanitario e dello spread. Non sarà impresa facile.

Invece è possibile un’altra strada, che finora l’opposizione italiana ed europea ha mancato di seguire in modo adeguato: passare dalla sacrosanta difesa dei diritti umani, con tutti gli alleati possibili, a un progetto che faccia dei migranti (come segmento differenziale della forza-lavoro, non solo quali vittime al momento del viaggio e dell’arrivo), del precariato e delle minoranze discriminate il fulcro di una ricomposizione sociale e di un’espansione produttiva del conflitto. Questo è il compito di ampio respiro che si pone a tutte quelle forze che si sono opposti con i loro corpi e i loro striscioni alle provocazioni del “Capitano”, che lo hanno messo alle corde con l’operazione Mediterranea, che giorno dopo giorno hanno praticato e difeso le occupazioni abitative, si sono battuti per i diritti civili e sociali, contro lo sfruttamento dei migranti e dei precari, per la libertà di insegnamento e l’espansione della scuola, della ricerca e dell’università. Al movimento delle donne che si è trovato in prima fila nello scontro con la regressione legislativa e culturale di un leghismo patriarcale e sanfedista. Ricomporre un progetto moltitudinario all’altezza del progetto neoliberale in salsa sovranista che oggi passa per la Lega ma anche per altre forze che si preparano a scalzarla.