ITALIA

Camaleonti

Il regionalismo/personalismo sovranista dell’ex ministro forzista Raffaele Fitto. Dall’abbraccio con Berlusconi a braccio destro di Giorgia Meloni che ora lo vuole ricandidare alla guida della Regione Puglia dopo vent’anni dalla prima volta. Si vota a maggio prossimo, in Puglia, ma i pacchetti di voti, centinaia di migliaia che fanno capo all’ex governatore pugliese sembra che abbia messo già da subito d’accordo i potentati del centro destra locale sul candidato

Fa in tempo appena a vedere la caduta del Muro di Berlino e la fine della Dc che ne diventa consigliere regionale, il più giovane d’Italia, nelle file della democrazia cristiana. È il maggio del 1990. Raffaele Fitto diventa consigliere regionale della Puglia ad appena ventuno anni, quando ancora i presidenti delle regioni li eleggevano le giunte e i partiti, e non c’era l’elezione diretta del Presidente. Tre repubbliche fa.

Ora, trent’anni dopo, e diversi scranni conquistati, da governatore regionale, parlamentare, da ministro, e, da ultimo, nelle europee di quest’anno super suffragato europarlamentare, Raffaele Fitto torna alle origini. Ripartendo dalla Regione Puglia, dalla casa politico-affettiva del comune di Maglie in provincia di Lecce da dove era partito anche il padre, Salvatore, che fino alla morte improvvisa avvenuta per incidente stradale nel 1988 ne era il Presidente-democristiano- della Regione Puglia, quasi l’ultimo ad essere eletto dall’accordo dei partiti.

Il figlio Raffaele era sopravvissuto, politicamente si intende, invece, agli scismi della Dc ed era stato confermato consigliere regionale, nel 1994, all’interno del CCD-CDU che poi aveva lasciato per approdare alla corte di Silvio Berlusconi. Da quell’incontro con il Cavaliere cominciava la vera ascesa politica di Raffaele Fitto da Maglie, il comune  pugliese che separa due mari: l’Adriatico dallo Jonio. Ed è proprio sulle sponde elettorali massicce di quelle terre bagnate da quei due mari – le province di Brindisi, Bari, Lecce e Taranto – che Raffaele Fitto potrà contare agli albori degli anni 2000 quando diventerà, a soli 31 anni, il più giovane presidente di una regione nella storia italiana.

Governatore della Regione Puglia fino al 2005, quando gli succederà a sorpresa Nichi Vendola nell’incarico che manterrà per dieci anni, Raffaele Fitto fa anche in tempo, un anno dopo, ad incappare in alcune disavventure giudiziarie risalenti a quando era alla guida dell’ente. Accuse da cui Fitto uscirà sempre assolto, ma fatti della cui memoria rimarrà per sempre traccia negli archivi parlamentari. In particolare, il 28 giugno del 2006 la Giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere allora presieduta da Carlo Giovanardi si trovò ad esaminare della richiesta della procura di Bari che ne chiedeva l’arresto, accusandolo di corruzione e illecito finanziamento dei partiti politici. I giudizi baresi contestavano a Fitto una serie di irregolarità commesse in una gara d’appalto bandita dall’Agenzia regionale sanitaria (ARES). L’accusa era quello di aver favorito l’ascesa dei privati nella sanità pubblica pugliese a suon di mazzette. In pratica, secondo i magistrati avrebbe  offerto alla Giunta regionale un quadro non veritiero, secondo cui: «nella Regione undici residenze sanitarie (Rsa) erano impossibilitate a operare», dunque, ragione per la quale era necessario appaltarne il servizio all’impresa privata. In tal modo, «la Giunta regionale provvedeva a deliberare che l’Ares avrebbe bandito una gara d’appalto per un ammontare di 198 milioni di euro», così scrivevano i magistrati nell’atto d’accusa con cui allora chiedevano l’arresto dell’allora neo-deputato. I giudici lo accusavano di avere favorito il gruppo Tosinvest, ricevendo «a fronte di questa attività asseritamente contraria ai propri doveri di ufficio  un compenso illecito di 500 mila euro in varie tranches anche per il tramite dell’ufficio amministrativo del partito dell’UDC in Calabria». Soldi per aver favorito un colosso della sanità privata romana, dunque, «da destinare alla campagna elettorale per le successive elezioni regionali ed in particolare alla lista La Puglia prima di tutto», cioè il partito personale di Fitto, stando a quanto ipotizzarono i giudici pugliesi.

Quello che è certo è la Camera dei deputati respinse l’arresto con 457 voti favorevoli su 462 deputati presenti e che mentre subito dopo Raffaele Fitto diventava l’uomo forte di Silvio Berlusconi al Sud che lo aveva voluto, per questo, Ministro per gli affari regionali; di nuovo la Procura di Bari, nel 2013, lo condannava in primo grado a quattro anni coinvolgendolo in altre e successive inchieste; indagini da cui Fitto uscirà sempre assolto, perché «il fatto non sussiste». Resta ciò che disse in Parlamento, nel 2006, il deputato di Rifondazione comunista Daniele Farina, il quale parlò di «delitto perfetto, nel senso che attraverso passaggi tutti apparentemente leciti ci si è mossi da una delibera della giunta regionale a una dazione di danaro dall’impresa che ha vinto l’appalto a chi ne aveva originato le procedure», aggiungendo, poi, che «non si tratta di una situazione esclusiva della regione Puglia governata dal deputato Fitto ma assai diffusa nell’Italia intera».

Da “Noi per l’Italia” all’Europa “A Noi”

La stella di Raffaele Fitto, intanto, dopo la fine politica del suo mentore Berlusconi e la separazione dal gruppo dirigente di Forza Italia, sembra eclissarsi, subire un apparente declino, che tuttavia ne ridimensiona ma non ne muta il potere politico. Semplicemente, Fitto, come i camaleonti cambia pelle, e, da giovane ventenne democristiano a quarantenne colonnello forzista, a cinquantenne sovranista, il passo è breve, trent’anni dopo all’ombra del potere. Infatti, dopo una breve parentesi, dalla fine del 2017 alle elezioni del 2018, con il gruppo politico Noi con l’Italia costituito insieme agli altri ex ministri berlusconiani Saverio Romano e Maurizio Lupi, di cui diventa il Presidente, e la mancata rielezione a deputato nelle liste centriste dell’Udc alle ultime elezioni politiche del 2018, Fitto scioglie la sua creatura, Direzione Italia, di cui è anche è presidente, con i “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni, prima sul piano politico europeo e poi di nuovo su quello nazionale e regionale, a partire dalla sua Puglia, naturalmente.

Dal pieno di voti alle europee al bacio di Giorgia che ora lo vuole al comando in Puglia

Nelle elezioni europee del 2019, Raffaele Fitto si candida nel partito di Giorgia Meloni nella circoscrizione Sud, fa il pieno di voti e viene eletto, piazzandosi secondo proprio dietro la leader di Fdi, ottenendo 87.774 voti, di cui 55.528 raccolti nella sola Puglia. Fitto oggi in Europa è di nuovo in ascesa. Diventato nel frattempo co-presidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), Fitto, nel discorso all’atto dell’insediamento delle nuove istituzioni, si è fatto notare per aver detto alle nuove istituzioni europee appena insediate, che: «il tema dell’abbattimento delle emissioni inseriamolo non in un ragionamento di estremismo ambientalista, ma cerchiamo di mettere in campo alcuni punti fermi. Il 9 % delle emissioni globali è prodotto in Europa, oltre il 40 % tra Stati Uniti e Cina». E ancora, si è chiesto Fitto: «Qual è la strategia sull’immigrazione? Quella di promettere maggiori risorse all’interno del bilancio per poter aumentare e sostenere la polizia di frontiera, e quella di risolvere il problema in quei luoghi dai quali partono gli immigrati, e non certamente nella fase finale nella quale arrivano». Come hanno spiegato Federico Marconi e Giovanni Tizian nell’inchiesta “Io sono Lobby” pubblicata sull’ultimo numero del settimanale L’Espresso, oggi, «Fitto è il regista dell’entrata del partito di Giorgia Meloni nel movimento dei conservatori europei», ed anche il custode delle sue casse, essendo stato nominato anche vice-presidente di New Direction, la costola finanziaria dell’Ecr per «convogliare finanziamenti», pubblici e privati. Così ora Giorgia vorrebbe premiare Raffaele Fitto da Maglie con un posto di nuovo al comando della sua Puglia, candidandolo governatore nelle prossime elezioni regionali che si terranno a maggio del 2020. L’ufficialità della nomina è a giorni, potrebbe arrivare forse già il 16 dicembre, mentre dopo l’incontro avuto lo scorso 7 dicembre tra Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi la sua candidatura sembrerebbe perfino inevitabile. Necessaria a cambiare pelle di nuovo, come i camaleonti, appunto.