MONDO

Brucia davvero

Due istantanee dagli incendi. Suoni e odori che restano impressi

L’Acre odora di incendio. Mentre tornavamo dalla visita al popolo Huni Kuin, 11mila anime che vivono e sopravvivono nello stato amazzonico dell’Acre, a 5 chilometri da Rio Branco abbiamo visto dalla strada del fumo.

Abbiamo preso un sentiero e siamo arrivati agli alberi in fiamme. Abbiamo ascoltato il bosco che brucia a causa del fuoco doloso. È impossibile dimenticare quel suono. E quell’odore.

Gli Huni Kuin continuano senza rassegnarsi. Scommettono sulla ricostruzione della selva o, almeno, degli ettari che gli hanno bruciato.

Neanche i fazendeiros si rassegnano. Scommettono sull’allevamento o sulla soia, a fuoco rapido.

Un dia in Amazzonia insegna dove potrebbe stare il futuro e dove potrebbe stare l’inferno.

Almeno per chi non vuole rassegnarsi che inferno e futuro siano la stessa cosa.

«Piccoli focolai, che si moltiplicano qua e là per migliaia di ettari. Piccole comunità, che lottano qua e là per spegnerli».

È l’immagine descritta dal capo dei Guaraní ad aprile di quest’anno, quando è salito sul palcoscenico del gremito festival di Lollapalooza, a San Pablo, e ha avvertito del disastro: «Dicono che è tanta terra per pochi indios, ma in realtà sono pochi indios che proteggono la vita del mondo intero».

Questo articolo fa parte di una copertura giornalistica cooperativa nella regione amazzonica dell’Acre realizzata da lavaca.org – Rivisita Mu e sostenuta da dinamopress. Sul campo, ci sono il giornalista Sergio Ciancaglini e il fotoreporter Nacho Yuchark.

Traduzione in italiano di Michele Fazioli per dinamopress