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Salviamo l’Amazzonia, perché è un bene di tutti

DinamoPress ha incontrato Adriano Karipuna, Josè Luis Cassupà e Hozana Puruborà, membri di una delegazione di leader indigeni in visita a Roma per testimoniare la gravità della situazione nella foresta latinoamericana.

Quale è la situazione nella regione amazzonica in cui vivete?

 Josè Luis: Proveniamo dallo stato del Rondonia, dove lavora la nostra organizzazione. In questo momento stiamo vivendo una pressione politica molto forte legata all’invasione delle terre da parte dei ricercatori d’oro e dell’industria del legname. La pressione non è solo fisica ma anche psicologica, stiamo assistendo a un vero e proprio furto delle terre mentre il governo brasiliano con forme di corruzione tenta di cooptare leader indigeni per inserirli in programmi governativi.

 

La pressione psicologica del governo sta cercando di mettere alcuni gruppi indigeni contro altri. Stanno facendo pressione perché alcuni di noi legalizzino la ricerca dell’oro.

È fondamentale essere in rete per difendere i territori ma è molto doloroso affrontare la spaccatura esistente dovuta alla corruzione governativa. I soldi del governo fanno sì che anche i pochi territori che sono stati protetti per gli indigeni si aprano allo sfruttamento

Quale è il ruolo dell’agrobusiness in questo contesto?

Hozana: La lotta all’agrobusiness è centrale. L’agrobusiness è legato a deputati, senatori e governatori federali che lo promuovono nei nostri territori. L’utilizzo di prodotti chimici e fitosanitari è molto rilevante e invasivo. In Europa sono banditi, mentre in Brasile no. Per utilizzare le nostre terre e coltivarle con pesticidi, ritardano il processo di demarcazione legalizzata dei nostri confini che è fondamentale per permetterci di dimostrare che la terra è nostra.

Il Brasile vuole liberalizzare l’uso di più di 300 sostanze chimiche proibite.

A che punto è nel vostro territorio il processo di riconoscimento delle terre?

Hozana: Nel nostro territorio il processo di riconoscimento della terra attraverso alla demarcazione non è ancora concluso. Se la caccia all’oro viene legalizzata, è un dramma, porta a prostituzione forzata, violenza sulle donne, disgregazione del tessuto sociale. Mia madre l’ha vissuto, io non voglio viverlo.

Il governo Bolsonaro ci spinge alle periferie della città, perché non ci riconosce la terra. Parallelamente sta tagliando le borse di studio per gli indigeni. Bolsonaro ha detto che siamo preistorici e invece siamo esseri umani come lui. Noi vogliamo studiare, aver accesso alle borse di studio, essere arricchiti personalmente e poter mantenere viva la nostra cultura. Vogliamo poter vivere liberamente in Amazzonia e nei nostri territori.

La foresta sta diventando un ambiente sempre più pericoloso.

Quale è il ruolo della monocultura estrattivista nei vostri territori?

Hozana: Nel territorio ci sono piantagioni di soia, caffè, alberi per legname. Per mandare avanti le monoculture si diffondono prodotti fitosanitari spruzzati da aerei così i prodotti chimici si diffondono in tutte le foreste circostanti. Ora abbiamo paura a utilizzare i prodotti dei terreni che ci circondano perché sono avvelenati.  Gli stessi fiumi che circondano la nostra terra ormai sono avvelenati. Ci capita spesso di fare un bagno nel fiume e risalire con macchie sulla pelle.

Il governo ha mandato biologi a studiare il terreno, questi dicono che non sono terreni avvelenati, ma siamo convinti che il veleno ci sia e questi biologi sono stati mandati dal governo per continuare a negarci il diritto alla salute.

 

Puoi raccontare la storia del tuo popolo?

Adriano: Vivo nella terra dei Karipuna. Il processo di riconoscimento delle nostre terre iniziò presto nel 1990 perché soffrivamo dell’invasione dei cercatori d’oro. I primi grandi danni iniziarono nel 2007 con le dighe. Poi dal 2015 lo sfruttamento della terra è divenuto incessante da parte dell’industria del legname e dei cercatori d’oro. Da un lato Bolsonaro ha iniziato la sua campagna mediatica contro i popoli indigeni (che non aiutano l’economia e non hanno bisogno di terra, a suo dire), dall’altro ha dato il via libera alle multinazionali che volessero sfruttare l’Amazzonia. In questo modo gli sfruttatori sono liberi perché sentono il governo dalla loro parte. Il popolo karipuna conta 58 persone. Si può usare la parola genocidio per descrivere quanto accaduto contro il mio popolo.

Che ruolo ha in questo contesto l’accordo di libero commercio Europa-Mercosur?

Adriano: Ha un ruolo chiave. Questo accordo favorisce molti soggetti che hanno interessi contrari a quelli dei popoli indigeni. Negli stati dove viviamo rimane poca foresta, che coincide con le terre indigene. L’Europa ci chiede soia carne e legno, e non comprende che questo avviene a scapito delle terre della popolazione indigena.

E’ importante che sappiate che i prodotti importati in Europa arrivano dalle nostre terre.

Il trattato Europa-Mercosur è parte di un piano brasiliano chiamato Marco Temporal, finalizzato a vendere le terre ed espellere gli indigeni. Per rendere questo piano attivo, 6000 appezzamenti presenti in un catasto rurale sono già stati promessi a grandi proprietari terrieri. Solo per preparare il trattato c’è stata violenza, se entrasse in vigore, la violenza diverrebbe veri e propri massacri.

Bolsonaro ha criticato molto i popoli indigeni e chi protegge l’Amazzonia.

Sta spingendo la popolazione a credere che siano stati i popoli indigeni e le Ong a bruciare le foreste, la campagna di criminalizzazione è permanente. Un altro grosso problema sono i fondi. Il governo norvegese ha stanziato dei fondi per l’Amazzonia ma sono finiti nelle mani del governo brasiliano che non li ha distribuiti a noi indigeni.

Il governo non ha interesse ad appoggiarci. Vorremmo che il supporto arrivasse alle persone che ne hanno bisogno ma il governo non fa da tramite. Le invasioni nei nostri territori aumentano. Siamo i guardiani della foresta, rivendichiamo i nostri diritti ma veniamo tacciati di terrorismo. Noi esistiamo e resistiamo per la foresta. L’Amazzonia è importante per noi ma pure per tutti voi per il ruolo che gioca nel proteggere il clima del pianeta. Vorrei che voi europei capiste che giochiamo un ruolo importante anche per voi nel proteggere la foresta e la sua biodiversità. Ma la responsabilità deve essere di tutti. tanto più ora che affrontiamo un presidente machista, omofobico, etnocentrico. Vogliamo che ci siano riconosciuti gli sforzi che facciamo per difendere questo bene condiviso.

Cosa si intende per marco temporal?

Adriano: La situazione di violazione dei diritti nei nostri confronti è molto grave. Ci sono già una serie di convenzioni internazionali che sono violate come il Convenio 169 dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro. Il congresso nazionale attualmente ha in carico 100 progetti di legge che hanno come fine ultimo l’espulsione degli indigeni dalle proprie terre.

C’è un dato specifico. La costituzione del Brasile come la conosciamo è quella del 1998. I popoli indigeni che in quel momento specifico occupavano le loro terre hanno ottenuto il riconoscimento. Ma i popoli che per qualunque ragione non si trovassero nelle loro terre perché precedentemente espulsi non hanno diritto a chiederne il riconoscimento. Questo crea fratture e divisioni.

Il Funai era l’ente che aiutava in questo processo ma recentemente è stato molto limitato e smantellato dall’attuale governo.

Il 19 ottobre, presso Esc Atelier, si svolgerà un incontro con un’altra organizzazione di indigeni provenienti dall’Amazzonia