MONDO

Bolivia, la dignità in marcia a El Alto

Un racconto della manifestazione per la dignità della whipala e la difesa dei diritti conquistati: voci ed immagini della marcia da El Alto a La Paz contro il golpe civico militare in Bolivia

La manifestazione arriva in Piazza San Francisco alle tre di pomeriggio. La whipala, bandiera dei popoli indigeni, riempie di colori la strada. Scendono come un fiume gli abitanti di El Alto, occupando tutta la Avenida Mariscal Santa Cruz e rivendicando rispetto per la propria gente e i simboli che li rappresentano, in questo contesto di violenza e razzismo che si espande nel paese dopo la celebrazione delle elezioni del 20 ottobre e le sue irregolarità.

Vogliono restituire la dignità alla bandiera dei popoli originari che è stata bruciata da alcuni poliziotti la scorsa settimana (ricordiamo che si sono ammutinati nelle loro caserme prima che Evo Morales presentasse le dimissioni). E vogliono ridare dignità anche al proprio popolo, che è stato maltrattato e disprezzato da Jeannine Añez quando ha fatto riferimento in modo dispregiativo alle donne che portano le gonne indigene. La bandiera tricolore è stata il simbolo delle prime manifestazioni che denunciavano brogli e chiedevano democrazia. Oggi il simbolo delle proteste è la whipala.

 

Tutto questo va ben al di là delle bandiere. È una manifestazione che rivendica memoria, dignità e rispetto. Nonostante vi siano persone di diversa appartenenza politica, tutti e tutte manifestano perché non vogliono tornare indietro rispetto ai diritti conquistati.

 

Sono scese in piazza indipendentemente dal fatto che molti si sentano truffati da irregolarità del processo elettorale, che altri si sentano abbandonati da Evo e altri ancora traditi e indignati per le politiche portate avanti negli ultimi anni dallo stesso Morales o dalla sua volontà di mantenersi al potere, invece di permettere che anche persone diverse potessero diventare leader del Movimento Al Socialismo.

Oggi si tratta di rivendicare il rispetto e la dignità. Donne con polleras (tipici vestiti indigeni) caricando sulle proprie spalle i figli o il cibo, anziani, camminando allo stesso ritmo dei giovani e chiarendo con forza che non faranno alcun passo indietro rispetto alle proprie conquiste. “El Alto è qui presente” dicono. Non sono disposti a sparire di nuovo.

 

 

«La whipala si rispetta»

«Siamo profondamente offesi perché la whipala rappresenta tutti i popoli originari e ieri i poliziotti l’hanno bruciata. Questa è la grande rabbia degli abitanti di El Alto. Non è la bandiera del Mas né di Evo Morales» dice un manifestante. Le donne gridano «La pollera si rispetta» e si riferiscono alle dichiarazioni di Janine Añez che ha disprezzato gli abitanti di El Alto. Tutti insistono nel chiarire che sono persone venute in pace, che non hanno nulla a che fare con gli assalti della scorsa domenica a El Alto e che non sono violenti. «Ci sentiamo abbandonati anche da Evo» dicono.

Arrivando vicino all’assemblea legislativa, incontrano militari e poliziotti e li esortano: «Avete paura, chiedete aiuto». Alcuni manifestanti con cui abbiamo parlato dicono che alcuni dei militari sono i loro figli e che sono stati obbligati a uscire in strada. «Sono nostri figli quei militari in strada».

 

 

Molti abitanti di La Paz si sono uniti alla manifestazione, perché si sono sentiti per la prima volta rappresentati. Come Emma Rada, attivista femminista per la diversità e la plurinazionalità, che afferma si tratti di una manifestazione di unione e di memoria, per esigere che non si torni indietro rispetto ai diritti conquistati che nessuno gli ha regalato.

Con lo slogan «Poliziotto ammutinato, El Alto non ti vuole» hanno ripudiato l’ammutinamento nelle caserme e hanno denunciato gli assalti violenti che hanno colpiti gli abitanti di El Alto la notte della scorsa domenica, assalti attribuiti a gruppi organizzati dalla destra e in particolare dal movimento civico di Santa Cruz il cui leader è Camacho.

 

Memoria e autorganizzazione  

Gli abitanti di El Alto insistono affermando che non li ha convocati nessuno. Nemmeno i comitati degli abitanti, che si sono divisi dopo l’arrivo della sindaca Soledad Chapetón. Si sono uniti per difendere la whipala che, come spiega un manifestante, in certi momenti si è cercato di identificare con il partito del Mas.

 

Gridano: «Non abbiamo paura» e «Mesa Cabrón, ottobre non lo dimentichiamo», in riferimento alla repressione sanguinosa dell’ottobre del 2003 in Bolivia durante la guerra del gas.

 

Le rivolte generate dall’annuncio di una serie di misure proposte dal governo dell’allora presidente Gonzalo Sánchez de Lozada che autorizzò l’intervento militare contro manifestazioni civili durante la guerra del gas: la repressione causò la morte di 63 persone. In quello stesso mese di ottobre, il presidente Lozada dovette dare le dimissioni, e Carlos Mesa era il vicepresidente. La manifestazione continua con lo slogan: «Mesa, Camacho, la stessa porcheria».

Violeta Tamayo dell’organizzazione Lorci Pan y Rosas,  partecipa alla manifestazione e racconta come vi sia un profondo malessere rispetto a ciò che sta succedendo. «Si sta consolidando un golpe civico-militare che non possiamo far passare. Sebbene ci sia molto malcontento rispetto ad Evo Morales, noi per esempio non abbiamo mai appoggiato il Mas, però bisogna essere chiari: quello che è in corso è un colpo di Stato e il nostro malessere non può essere capitalizzato dalla destra».

«La cosa interessante è che questo corteo è stato autoconvocato e che ci sono state tensioni con persone del Mas che cantavano cori di partito e che alcuni li hanno allontanati dicendo che il Mas ha lasciato i movimenti di fronte alle destre fuggendo codardamente. E adesso quelli che andremo ad affrontare questa destra fascista che sta crescendo, questa destra che è stata favorita dal governo con le sue politiche economiche capitaliste saremo quelli che sempre noi che abbiamo combattuto nelle strade, non sarà la Generazione Evo o la Colonna Sud delle classi benestanti ad affrontare il golpe, a tutte queste persone che sono scese da El Alto con la forza e la combattività che le sono proprie, quelle che rivendicano che l’ottobre del 2003 non si dimentica».

 

 

Camminando verso la Plaza San Francisco incontriamo abitanti di La Paz che si sono uniti al corteo con le loro whipala: «Noi siamo di La Paz. Tutti dicono che in piazza ci sono solo gruppi affini al Mas. Ma non è così. Noi siamo commercianti, lavoriamo giorno dopo giorno, non abbiamo posti garantiti. Ora ci stiamo sollevando contro chi vuole dividere il paese, vogliono portare la sede del governo a Santa Cruz, vogliono cambiare i colori della bandiere ed umiliare la whipala. Ma noi adesso siamo pronti per la lotta».

 

Le rivendicazioni di El Alto

Oggi, indipendentemente dall’appartenenza ai movimenti territoriali o dal partito che hanno votato, sono scesi in piazza per difendere la loro bandiera e la dignità. Non vogliono perdere ciò che hanno conquistato. «Non saremo il sostegno di Mesa né di camacho o di Revilla». «Noi pensiamo, e vogliamo una Bolivia con la propria sovranità. Amo la Bolivia. Mio padre mi diceva sempre “prima il mio popolo”. Quel che è successo è una grande ingiustizia, io ho votato Evo, è molto quello che abbiamo conquistato».

 

 

Gli abitanti di El Alto portano striscioni con le rivendicazioni e consegnano le petizioni all’Assemblea Legislativa, che riceve e timbra le rivendicazioni, però, come vedremo qualche ora dopo, non le ascolta.

Le richieste dei manifestanti sono chiare: identificare e processare quelli che hanno bruciato e disprezzato la whipala; che la nuova presidente Añez non sia riconosciuta come presidente essendo parte del golpe e complice del disprezzo della whipala; le dimissioni della sindaca di El Alto e la liberazione di tutti i compagni di El Alto arrestati ingiustamente. Due persone sono entrate al Parlamento per consegnare il plico di rivendicazioni.

Dopo la manifestazione, da un posto dove si vende bico vediamo in televisione come Añez si sia proclamata presidente con al suo lato i comitati civici di Camacho, i militari, la Bibbia, la bandiera tricolore e la whipala mentre risuonano canti come “Si è possibile,” e “si lo abbiamo fatto”.

Articolo pubblicato su desinformemonos, il 12 novembre 2019. Traduzione a cura di DINAMOpress.