MONDO

Benvenuti nella “risoluzione” del conflitto di Netanyahu

Mentre i media mainstream si lanciano in improbabili analisi in merito una supposta “guerra di religione”, nell’analisi del giornalista israeliano si comprendono quali sono le reali ragioni della crescita esponenziale della violenza attorno alla città di Gerusalemme.

A seguito dell’orribile attentato terroristico di questa mattina (martedì, ndr), non è difficile immaginare come Naftali Bennett, Avigdor Liberman o Benjamin Netanyahu potrebbero descrivere il governo attuale se non ne fossero loro stessi i leaders. Si può quasi immaginarli comparire sulla scena dell’attentato e gridare nei microfoni denunciando il “perfido governo”, e ricordando ogni ultimo pogrom nella storia ebraica.

Ma non è possibile, Netanyahu è primo ministro da cinque anni e Liberman e i coloni sono i suoi partners nel governo. Sta accadendo tutto sotto la loro responsabilità. Se credono davvero che Mahmoud Abbas sia il problema, – come hanno dichiarato nei loro discorsi pubblici questa mattina – allora dovrebbero vedersela con lui. Sappiamo tutti che ciò non accadrà.

Il governo ha bisogno di Abbas molto più di quanto ne abbiano bisogno i Palestinesi.

Il leader palestinese ha un ruolo doppio, mantenere la calma in West Bank e al tempo stesso essere il “sacco da pugilato”, che la destra israeliana usa per spiegare i propri ripetuti fallimenti.

Netanyahu ha promesso agli israeliani prosperità e calma, senza risolvere il conflitto palestinese. E’ stata una promessa fin dagli anni 90. Per Netanyahu il terrorismo è solo la carta che ci è toccata a sorte, e solo la forza militare risolve il confronto. E per lui non è un problema continuare a costruire nelle colonie, compresi i quartieri palestinesi di Gerusalemme, perché non c’è connessione tra le colonie e le azioni dei palestinesi. Ecco cosa Netanyahu dice già da decenni – sia al mondo che agli israeliani. Non c’è ragione, secondo lui, di dare ai palestinesi i loro diritti, perché mettono in pericolo Israele: si possono adattare alla “pace economica.” Va bene discriminare e legiferare contro i cittadini arabi di Israele. In fondo dovrebbero ringraziarci che addirittura li facciamo vivere qui, le cose vanno molto peggio nel resto del Medio Oriente. Il governo è qui per servire gli ebrei e solo loro. E se continuiamo ad agire in questo modo, con aggressività e determinazione, avremo stabilità, sicurezza e prosperità economica.

Questa è la teoria di Netanyahu, e il pubblico israeliano ci ha creduto perché il prezzo da pagare era basso e il beneficio immensamente alto. Non siamo responsabili di nulla che succeda e non dobbiamo fare compromessi su nulla.

Leggi anche l’approfondimento “la soluzione finale di Netanyahu”.

A questo punto ogni persona ragionevole dovrebbe comprendere quale assurdità priva di senso Bibi ci ha venduto. In anni recenti Netanyahu ha approfittato di una mera coincidenza: i palestinesi erano stanchi dell’intifada; Abbas ha scelto di provare la strada diplomatica; il mondo arabo è imploso; e l’economia high-tech israeliana ha avuto il suo boom. Sembra quasi che qualcosa sia stato portato a termine da Netanyahu, ma nessuno di questi aspetti ha a che fare con lui. E’ stata tutta una illusione, un continuo inganno. Da giugno ci siamo svegliati riscoprendo il vero significato della visione di Netanyhau, nella quale Israele governa su 6 milioni di palestinesi, – alcuni cittadini israeliani, altri residenti di Gerusalemme Est, altri soggetti a governo militare in West Bank e assediati a Gaza – e l’unica cosa che gli stiamo offrendo è più o meno lo stesso: la mano crudele della legge militare, discriminazioni, violenza, espropri di terre, demolizioni di case, arresti di massa e bombe dal cielo.

Per 5 anni Netanyahu e il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat ci hanno venduto bugie sulla capitale unificata e prosperosa di Israele, mentre il 40% dei suoi residenti vive in quartieri impoveriti, non sono rappresentati politicamente, e neppure hanno diritto a costruire né possono godere di tutti i servizi municipali.

Alcuni dei suoi quartieri “rasati” sul proprio lato est dalla costruzione del muro, sono diventati delle strane terre di nessuno, aree in cui né la polizia né il comune osa avventurarsi.

Allo stesso tempo, con l’incoraggiamento della città e sotto la protezione e copertura della polizia, i coloni stanno venendo posizionati nel cuore dei quartieri arabi di Gerusalemme, e i membri di destra della Knesset stanno promuovendo i nuovi obiettivi dei loro progetti- la spianata delle moschee, Silwan e il monte degli Ulivi (quartieri di Gerusalemme est).

Dopo tutto questo c’è qualcuno che si sorprende davvero che i palestinesi non abbiano fiducia nella polizia? O che considerino la municipalità un loro nemico?

Nulla può giustificare l’uccisione di fedeli in una sinagoga. Le uccisioni dovrebbero essere condannate, e i residenti di Gerusalemme, ebrei e arabi allo stesso modo, hanno bisogno di totale sicurezza personale.

Ma non è tempo di essere miopi: la responsabilità complessiva è del governo.

La visione di Netanyahu, Bennett e Liberman – la stessa che sta venendo messa in azione con l’accondiscendenza di Livni e Lapid – è quella di una guerra civile tra ebrei e arabi; una guerra che alcune volte macina sotto il tappeto e altre volte esplode con violenza.

Nient’altro oltre a questo. Nè due stati, né uno stato, né una pace calda né una fredda – semplicemente niente.

Solo leggi più dure con chi tira le pietre, leggi contro il “rilascio di terroristi” leggi contro la lingua araba, nuove prigioni per tenere tutti i nuovi arrestati, graduale annessione e assicurazione che la popolazione palestinese rimanga relegata ad una condizione di cittadini di seconda, terza o quarta classe.

Questo è il piano, questo è come pensano che ci possa essere la tranquillità. Così come pensano che “gli arabi impareranno ad accettarci” anche se la storia ed ogni logica prova esattamente l’opposto.

L’oppressione genera violenza, che genera ancora più dura oppressione, che genera violenza ancora più terribile.

“Trattenerci nei territori occupati farà di noi una nazione di assassini e vittime di assassini”, si legge in un volantino del movimento politico di sinistra Matzapen, pubblicato tre mesi dopo la Guerra dei sei giorni, in cui Israele ha conquistato Gerusalemme est, la Cisgiordania e Gaza.

C’è una semplice verità che è necessario ripetere: è del tutto possibile che una risoluzione giusta con i palestinesi non garantirà pace e tranquillità, di sicuro non nelle sue prime fasi. Ma solamente con un accordo di questo tipo, e soltanto con un accordo di questo tipo c’è la potenzialità di un futuro migliore. Siamo invece intrappolati nell’implementazione del piano politico della destra, sia a Gaza che a Gerusalemme. Questo è come appare la soluzione di Netanyahu e Bennett. Possono incolpare la Autorità Palestinese, la sinistra israeliana o l’Alta Corte o il mondo per la la loro incapacità di giungere a risultati, ma questa è opera loro. O con più precisione, questo è come appare l’inizio della loro opera. Il resto sarà molto peggio – per entrambi, israeliani e palestinesi.

*tratto dal webmagazine 972mag.com traduzione di Riccardo Carraro