CULT

«Allargare lo spazio del comune». Al via la 16ma edizione di Short Theatre

La rassegna capitolina dedicata alle arti performative inizia domani con un programma fitto di proposte nazionali e internazionali. “Passaggio di consegne” tra Francesca Corona e la neo-direttrice Piersandra Di Matteo

Non c’è teatro senza relazione: questo piccolo, forse banale, assunto ridiventa sempre più centrale, ora che la prossimità fra artisti e spettatori è messa in discussione da un contesto di emergenza pandemica che prosegue, pur fra salti e discontinuità, da quasi due anni. Ce lo ricorda anche l’imminente sedicesima edizione del festival romano “Short Theatre” – dal 3 al 13 settembre, presso gli spazi del Mattatoio a Testaccio, l’ex-palazzo della gioventù italiana del littorio Wegil a Trastevere, i palchi del Teatro India, Teatro Argentina, Teatro del Lido di Ostia – la cui presentazione si è svolta ieri nel chiostro della Reale Accademia di Spagna.

Un’edizione che vede tra l’altro il “passaggio di consegne” fra l’ex-direttrice generale e co-curatrice della rassegna Francesca Corona, di recente chiamata a occuparsi del prestigioso Festival d’Automne a Parigi, e Piersandra Di Matteo, già dramaturg di Romeo Castellucci, teorica e ricercatrice, curatrice indipendente di vari progetti fra i quali il percorso fra arti e migrazioni “Atlas of Transitions”.

«Le arti performative rappresentano un laboratorio per ripensare la compresenza nella distanza, per rifondare la vicinanza dei corpi», ha affermato la nuova direttrice durante la presentazione. Non si tratta solo del “normale” rapporto fra attori e attrici e spettatori, ma anche della relazione che un evento come quello di un festival teatrale intrattiene con la città in cui si svolge, con i suoi luoghi e con i contesti urbani. Lo ha ricordato infatti l’assessora alla cultura di Roma Lorenza Frucia, che ha preso parola all’incontro di ieri: «Short Theatre è un festival profondamente radicato nella capitale e siamo molto felici di averlo nel cartellone dell’Estate Romana». L’assessora ha ricordato inoltre l’impegno del festival anche verso tematiche sociali.

Sono infatti numerose le realtà extra-teatrali coinvolte nella curatela di questa edizione: la coreografa e danzatrice Amanda Piña e l’artista visuale Alessandro Carboni, per esempio, presenteranno lavori realizzati attraverso la collaborazioni con associazioni, gruppi e collettivi come Asinitas, Carrozzerie n.o.t., Coloriage, Lucha y Siesta SiR-Sharing in Rome, CivicoZero, MaTeMù.

Un segno che, come ha puntualizzato Francesca Corona, “relazione” significa innanzitutto pluralità. «Short Theatre è tutte le persone che lo fanno», ha detto la direttrice uscente. «Si tratta di un lavoro di squadra, che consiste nel “fare spazio” a voci, ruoli e contributi sempre più diversi». Si tratta, insomma, di un continuo «allargamento» di collaborazioni e potenzialità, che vanno quasi a fondare con la loro eterogeneità l’intreccio curatoriale. Un intreccio che, oltre alle persone e ai collettivi, deve però saper coinvolgere anche i linguaggi e le prospettive artistiche, ponendosi a cavallo di differenti discipline.

(Alessandro Carboni, The Angular Distance of a Celestial Body)

È quanto ribadisce Cesare Pietroiusti, direttore dell’Azienda Speciale Palaexpo che negli ultimi tre anni ha lavorato a stretto contatto con Short Theatre per il progetto “Reciprocity” (di cui vedremo alcuni esiti nella presente edizione): «Un festival non può non porsi come obiettivi la ricerca e la sperimentazione formale, nonché una messa in discussione delle barriere disciplinari in vista di un loro superamento».

Dev’essere – nel riassunto che ne ha dato anche Giorgio Barberio Corsetti di Teatri di Roma – «un crocevia».

Così, il programma della sedicesima edizione di Short Theatre sembra svilupparsi lungo una serie di snodi contigui ma mai omologhi: se il nucleo centrale si “sbilancia” con sonorizzazioni, talk, concerti e dj set sul concetto di ascolto, che nelle parole di Piersandra Di Matteo e Francesca Corona rappresenta «un campo dinamico per estendere i margini del percepito, per sovvertire norme acustiche, bolle sonore, divieti e muri di suono istituiti per sorvegliare», grande attenzione è dedicata all’espressività corporea e alla danza con importanti nomi internazionali come François Chaignaud, Cherish Menzo e la già citata Amanda Piña così come a eventi performativi di natura relazionale e site specific, vale a dire costruiti attorno alla specificità dello spazio in cui si svolgono, quali Spacco di Anne-Lise Le Gac e Basile Dinbergs, Scongiuro di Giulia Crispiani e Patrizia Rotonda, Abracadabra del collettivo Extragarbo, Les Cliniques Dramaturgiques vol.2 di Riccardo Fazi, Elena Giannotti, Anne Jelena Schulte, Stella Succi, Stefano Tomassini, Quartiers Libres di Nadia Beugré. Grande attesa anche per il debutto di Tutto brucia della compagnia Motus di Enrico Casagrande e Daniela Nicolò.

«All’interno del contesto teatrale e delle arti performative quella di un arte partecipativa è diventata un’istanza quasi rassicurante», ci racconta Piersandra Di Matteo a proposito della vocazione relazionale e sociale della presente edizione di Short Theatre.

«Ma per noi resta una dinamica fondamentale per ribadire come la dimensione della socialità si determina sempre nell’incontro, nella condivisione di uno spazio e un tempo “orizzontali” e nella messa in comune di pratiche e saperi». In questo senso va infatti letto lo sforzo di collaborazione e “complicità” con le numerose realtà della capitale menzionate in precedenza.

Si tratta di dare concretezza al nesso fra arte e attivismo, che per la neo-direttrice rimane imprescindibile: «Abbiamo coinvolto gruppi e associazioni che svolgono a Roma un importante ruolo di presidio territoriale, funzione che un festival chiaramente non può avere data la sua natura temporanea. Il tentativo è allora fare da “estensione di braccia” di questi gruppi e queste associazioni, per ripensare in maniera radicale al rapporto fra teatro e città. Fra i flussi di informazione e le inedite forme di controllo, la “capacità urbana” (per dirla con Saskia Sassen) è tutta da rifondare: servono nuove modalità di relazione, una maggiore cura degli spazi di convivialità, lavoro di comunità».

Dieci giorni di discorsi, visioni e ascolto per mettere alla prova queste istanze, allora, nella consapevolezza che il teatro resta pur sempre un “laboratorio a scena aperta”, luogo di immaginazioni possibili.

Immagine di copertina: Amanda Piña, Frontera (foto di Patrick Van Vlerken)