ROMA

«A Pietralata lo stadio è una operazione estrattivista sul territorio»
L’amministrazione comunale persiste nel progetto dello stadio, nonostante forti critiche da più settori, di abitanti di Roma e di istituzioni. Abbiamo intervistato una persona del Comitato Si Parco che da mesi porta avanti la battaglia contro un’opera devastante per l’ambiente e l’intero quadrante della città
Nel corso del mese di maggio la vicenda del progetto di stadio della Roma a Pietralata ha subito una forte accelerazione, con una prima cantierizzazione e con la crescita del movimento di opposizione a questa devastante opera da parte di una rete ampia di comitati. Abbiamo intervistato Michele Itasaka del Coordinamento si Parco per comprendere meglio la situazione attuale e le prospettive di lotta.
Ci puoi aggiornare sulla situazione attuale? quale area del bosco è stata limitata? quanti alberi sono stati tagliati? la ditta preposta è quotidianamente a lavoro?
Lo scorso 13 maggio è stata avviata la cantierizzazione di una porzione del Parco di Pietralata immediatamente contigua al bosco urbano esistente al suo interno, nonostante le ricognizioni del territorio e dell’area boscata stessa fossero ancora in corso. Eppure, le aree limitrofe a boschi e foreste sono fondamentali ai fini della loro salvaguardia e ampliamento e come tali esse stesse soggette a tutela.
Ignoriamo il numero esatto degli alberi che sono stati nel frattempo abbattuti in quell’area del Parco: solo abbiamo potuto ascoltare, dalla pubblica via cui siamo statз confinatз, il rumore delle motoseghe al lavoro (in un periodo nel quale gli abbattimenti di individui arborei sono espressamente vietati a tutela della nidificazione dell’avifauna), assistendo al levarsi in volo – da quella zona – di numerosi uccelli e infine al transito di furgoni cassonati deputati al trasporto di tronchi e rami.
Va anche ricordato che le attività propedeutiche allo svolgimento, nell’area, di quelle indagini di archeologia preventiva già dichiarate «non ulteriormente differibili» alla vigilia degli sgomberi di alcuni nuclei familiari avvenuti in via degli Aromi il 7 agosto 2024 (cui ha tuttavia fatto seguito, per oltre nove mesi, la più completa assenza di sondaggi, in totale contrasto con l’affermato carattere di improrogabilità degli stessi in forza del quale si era proceduto all’esecuzione degli sgomberi) sono iniziate il 13 maggio mentre una delegazione del coordinamento “Sì al Parco, No allo stadio” stava partecipando in Campidoglio a un tavolo convocato dall’assessore all’urbanistica.
Si è trattato della plastica dimostrazione della drammatica assenza di disponibilità, da parte dell’attuale giunta, a incontri che prevedano un effettivo confronto con lз cittadinз, le associazioni e i comitati territoriali.
Un’indisponibilità, questa, già riscontrata in precedenti occasioni: esemplarmente, su quello stesso colle, il 23 gennaio 2024 quando a tante persone non venne consentito di partecipare alla presentazione pubblica, in Protomoteca, della Strategia di adattamento climatico di Roma Capitale. Più recentemente in occasione del Giubileo delle Periferie, incredibilmente celebrato a porte chiuse lo scorso 6 febbraio dinanzi a un pubblico appositamente selezionato.
A tuo parere di chi sono gli interessi maggiori nella costruzione dello stadio e che sia proprio a Pietralata?
È circostanza ormai ben nota – essendo stata riconosciuta da studiosi e professionisti di varie discipline oltreché da consiglierз capitolinз e regionali, deputatз ed europarlamentari – la mancata o parziale valutazione, sia in sede di conferenza di servizi preliminare sia nel successivo procedimento che ha portato all’apposizione del pubblico interesse (DAC 9 maggio 2023, n. 73), di una cospicua serie di ineludibili aspetti critici. Tali aspetti sono insiti nell’individuazione di Pietralata quale possibile sede di uno stadio privato che sarebbe aperto – secondo dichiarate intenzioni del proponente che quasi invariabilmente si preferisce evitare di menzionare – 365 giorni l’anno per partite, concerti ed eventi di vario genere.
In particolare:
* l’esistenza stessa – per lungo tempo negata – di un’ampia area naturale denominata in numerosi strumenti urbanistici Parco di Pietralata, la cui istituzione, nel Progetto Direttore dello Sdo (1995), era stata definita «irrinunciabile» in considerazione sia della grave carenza pregressa di «verde e servizi» già allora riscontrata nel quartiere circostante sia delle ulteriori previsioni urbanistiche;
* la presenza, all’interno del Parco, di un bosco urbano con un’importante biodiversità e di un paesaggio che ancora conserva, in città, le caratteristiche della Campagna Romana e ospita habitat a Laurus nobilis tutelati dalla Direttiva 92/43/CEE;
* gli insostituibili benefici ecosistemici che il Parco offre al quartiere e alla città in termini di mitigazione dell’impatto delle isole di calore urbano e di riduzione del runoff idrico;
* l’entità degli ulteriori carichi urbanistici che, aggiungendosi a quelli esistenti, andranno comunque a gravare su tutto il quadrante allorquando sarà stata edificata la gran mole di edifici in costruzione o già approvati nell’area ex Sdo (studentato e Facoltà di Ingegneria di Sapienza Università di Roma, nuova sede nazionale dell’Istat, Rome Technopole) nonché nei pressi della Stazione Tiburtina (il complesso, comprensivo di due grattacieli, della cosiddetta Défense di FS Sistemi Urbani);
* l’effetto insostenibile che un simile incremento dei carichi urbanistici, sommato a quello che verrebbe generato da uno stadio dalla capienza massima di 90 000 persone, eserciterebbe sulla già grave congestione del traffico che caratterizza l’intero quadrante, con conseguenze in particolare sul trasporto veicolare privato;
* le inevitabili ricadute sull’ospedale Pertini, prospiciente all’area individuata per l’edificazione dello stadio (difficoltà di accesso al Pronto soccorso, inquinamento acustico, interruzione del servizio di elisoccorso);
* le conseguenze che le attività operanti nel centro commerciale annesso allo stadio avrebbero sul tessuto di piccole e medie imprese che ancora caratterizza il quartiere, contribuendo a generare quel processo di gentrificazione e di espulsione della popolazione residente – a partire dalle case popolari e dallз loro abitanti più fragili – già vissuto in tante altre aree della città attanagliate, a diverse scale, da progetti speculativi.
L’entità delle problematiche appena richiamate mostra come i vantaggi del progetto, affatto inclusivo, dello stadio a Pietralata, risulterebbero quasi esclusivamente a favore del soggetto proponente che riceverebbe in concessione per novant’anni un’area pubblica beneficiando inoltre di tutte le infrastrutture già realizzate dal pubblico e di una collocazione spaziale posta esattamente al confine tra la città consolidata e la prima cintura periferica.
A Pietralata il progetto corrisponde a un’operazione improntata a logiche estrattivistiche, costitutivamente incompatibili con la cura del territorio e con la promozione della qualità di vita della popolazione, soprattutto di quantз sarebbero più direttamente espostз agli impatti generati dall’eventuale edificazione dello stadio, del centro commerciale e degli altri impianti privati previsti dal progetto.
«Tale cura non interessa ai poteri economici che hanno bisogno di entrate veloci. Spesso le voci che si levano a difesa dell’ambiente sono messe a tacere o ridicolizzate, ammantando di razionalità quelli che sono solo interessi particolari»: nell’anno in cui si celebra il Giubileo della Chiesa cattolica che l’amministrazione capitolina sembra aver interpretato unicamente come una sequela di “grandi eventi”, pretesto di dubbi interventi di “rigenerazione”, non pare inopportuno rifarsi al magistero di papa Francesco, le cui prime due encicliche – la Laudato si’ di cui proprio in questi giorni ricorre il decennale della pubblicazione e la Fratelli tutti dalla quale è tolta la citazione che precede (n. 17) – hanno mirabilmente mostrato, anche dalla prospettiva propria alla dottrina della Chiesa, il nesso indissolubile tra giustizia ambientale e giustizia sociale: «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale» (Laudato si’, n. 49).

A tuo parere, quali sono le ragioni per cui l’amministrazione comunale sta così testardamente difendendo un’opera che è di fatto indifendibile, ovvero uno stadio sopra un bosco e davanti a un ospedale?
È trascorso mezzo secolo dalla pubblicazione de La Storia che, secondo una precisa volontà di Elsa Morante, apparve nelle librerie nel giugno 1974 direttamente in veste tascabile (Por el analfabeto a quien escribo), con un sottotitolo di copertina che recitava – o per meglio dire gridava – «Uno scandalo che dura da diecimila anni».
È abbastanza evidente la costanza con cui l’amministrazione comunale continua a dimostrare di voler sostenere in ogni modo un progetto anche a nostro giudizio «indifendibile». Come sarebbe possibile definirlo altrimenti, dal momento che la sua realizzazione oblitererebbe per sempre l’ultima grande area naturale pubblica del quartiere, oasi di salubrità anche per il vicino nosocomio, in favore dell’edificazione di un gigantesco complesso privato?
La scelta – tutta politica – di privilegiare gli interessi di attori privati rispetto alle effettive esigenze dei territori, ovvero degli ecosistemi che su quei territori insistono e di tuttз lз viventi che li abitano o li attraversano, nell’ambito di una pervicace ricerca di consenso politico ricade ancora all’insegna del panem et circenses. Uno scandalo che, a Roma, dura da oltre duemila anni.
Pensi che ancora sia possibile avere con l’amministrazione un’interlocuzione sulla realizzazione dello stadio in quell’area e sulle altre lotte territoriali che rivendicano un altro uso della città?
La lettera inviata dall’assessore Veloccia a “RomaToday” lo scorso 13 febbraio, in risposta a un dossier a firma di Valerio Valeri sulla nuova valanga di cemento che incombe sulla città, si concludeva evocando il rischio, per un amministratore locale, «di farsi trascinare dalle istanze locali facendosi guidare da esse invece di guidarle»: una considerazione che esprime eloquentemente in quale conto vengano tenute dall’attuale amministrazione capitolina le «istanze locali», nonché la peculiare varietà di leaderismo che informa una simile visione del rapporto tra cittadinз e istituzioni.
Le istanze dei territori, quand’anche sorrette da solide argomentazioni, vengono troppo spesso liquidate dalla presente amministrazione come “opinioni”.
Nel caso di Pietralata, coerentemente con tale approccio, sono rimaste sinora del tutto inascoltate le tante voci – di cittadinз e di politicз – che si sono levate per chiedere, ad esempio, il ritiro in autotutela della delibera di pubblico interesse.
Sempre nelle ultime settimane, l’assenza di risposte ai cinque quesiti contenuti nella lettera inviata il 7 aprile 2025 dall’on. Bogdan Rzońca, presidente della Commissione petizioni del Parlamento Europeo, al sindaco e commissario straordinario ai rifiuti Roberto Gualtieri e all’ambasciatore Vincenzo Celeste, rappresentante permanente d’Italia presso l’UE, ha offerto un’ulteriore conferma su quanto generale e radicata sia l’indisponibilità dell’attuale amministrazione capitolina a confrontarsi con quelle realtà che, rivendicando la tutela degli ecosistemi, dei beni comuni e della salute di tuttз, propugnano altri usi della città, solidali e autenticamente inclusivi.
In questi mesi la vostra lotta è riuscita a intessere legami importanti con altre lotte territoriali fino a essere vettore trainante di una coalizione. Qual è stato il valore aggiunto di questo lavoro collettivo?
Legami importanti, sorti dalla condivisione di una pluralità di pratiche, di “lotte”, di percorsi – anche intersezionali –, di processi trasformativi tanto spontanei quanto necessari che stanno contribuendo a formare una più ampia consapevolezza delle cause d’ordine sistemico sottese alle varie forme di ingiustizia che segnano i territori nei quali viviamo.
Rappresentiamo esperienze di co-esistenza e di resistenza che esprimono variegate forme di resilienza e di co-evoluzione, maturate non solo nella città di Roma ma anche nel resto della regione: dai Castelli Romani al litorale alle terre alte del Reatino.
Siamo accomunate dal quotidiano confronto – seppur in contesti specifici e con premesse, modalità e linguaggi differenti – con le molteplici conseguenze della privatizzazione di servizi essenziali e della spietata messa a profitto (la famigerata “valorizzazione”) dei beni comuni, a partire dalle cosiddette infrastrutture verdi e blu: il suolo, la vegetazione e il ciclo dell’acqua, concepiti e trattati come meri asset. Quella valorizzazione produce oggi gentrificazione spaziale, spesso direttamente funzionale a una dissennata promozione della monocoltura del turismo di massa, mentre si protrae l’approccio emergenziale alla gestione delle questioni inerenti tanto il diritto all’abitare quanto la cura degli ecosistemi, urbani e non.
La circostanza che l’ultima ampia area ancora naturale di Pietralata rischi di esser completamente distrutta per consentire l’edificazione, al suo posto, di un complesso privato; che tale area naturale sia di proprietà pubblica; che per la sua acquisizione e infrastrutturazione il comune abbia già speso quasi cento milioni di risorse anch’esse, evidentemente, pubbliche: queste, a mio giudizio, le ragioni che, forse più di altre, hanno contribuito a rendere la battaglia per la salvaguardia del bosco di Pietralata una delle vertenze simbolo della crescente opposizione all’insostenibile modello di città.
Una cittá che solo a parole è pubblica e resiliente, ma in realtá vittima di un modello propugnato dall’attuale giunta capitolina, le cui conseguenze si estendono ben oltre i limiti amministrativi del comune di Roma o della Città metropolitana.
A differenza di altri progetti, “ereditati” da precedenti amministrazioni e, soprattutto, derivanti da pregressi “diritti edificatori” vantati da privati, è incontrovertibile che il sostegno alla progettazione del nuovo stadio dell’AS Roma che invece dovrebbe sorgere a Pietralata su terreni pubblici sia interamente attribuibile all’attuale giunta comunale (l’assessore Veloccia l’ha significativamente più volte rivendicato), sulla cui idea di città un tale appoggio offre non pochi ragguagli.
Quali sono i prossimi passi di mobilitazione che state programmando?
Le nostre attività continueranno, necessariamente, ad articolarsi su tutti i differenti livelli sui quali le abbiamo sino a oggi condotte, per affermare il diritto di tuttз alla vita e alla salute. In particolare, non mancheremo di seguitare a lavorare per coinvolgere tutta la cittadinanza nella conoscenza, frequentazione e cura del parco, promuovendo al suo riguardo, contro ogni tentativo di mistificazione, una corretta informazione.
Centrale, a tal fine, lo sforzo di restaurare quel rapporto tra le parole e le cose sempre più messo a repentaglio da propagandistiche operazioni di spregiudicato greenwashing.
Tra queste, ricordiamo dichiarare di lavorare per «dare la sensazione di un parco vero e proprio» in luogo di un bosco urbano esistente; includere il terreno da gioco dello stadio, in quanto superficie non impermeabilizzata, nel computo della “aree verdi” a “compensazione” del bosco distrutto; proclamare l’intenzione di denominare “Parco delle Risorse Circolari” un impianto tecnicamente appartenente alla classe delle industrie insalubri di prima classe che, ipotecando da contratto per almeno un terzo di secolo l’intera gestione, non solo romana, del ciclo dei rifiuti, nulla ha a che vedere con l’economia circolare. Questi sono esempi eclatanti delle torsioni cui il termine “parco”, tra molti altri, è oggi sottoposto e alle quali siamo tuttз chiamatз a reagire per restituire le parole alle latitudini semantiche che sono loro proprie, contribuendo, anche in tal modo, a salvaguardare i referenti reali che esse designano.
Le immagini sono di Daniele Napolitano
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