ITALIA

8 dicembre, l’irresistibile importanza di esserci

Sabato si torna a marciare contro il Tav, mentre la lotta della popolazione valsusina è tornata a ricevere nuovi attacchi. Il momento di rispondere è adesso

In tutte le lotte popolari di lunga durata ci sono sempre alcune date che rimangono centrali, che servono come punti di riferimento, come opportunità di rilancio o come giri di boa. E spesso hanno un valore che va ben oltre la semplice ricorrenza o l’anniversario da festeggiare.

Nella lunga battaglia contro il raddoppio ferroviario della Torino-Lione, l’8 dicembre è senza dubbio uno di questi momenti. La memoria torna ovviamente all’8 dicembre 2005, quando un corteo popolare di massa riprese possesso dei prati di Venaus, dove pochi giorni prima un presidio contro il Tav era stato violentemente sgomberato dalle forze dell’ordine.

Grazie alla vittoria dell’8 dicembre il progetto di un tunnel ferroviario a Venaus venne sospeso e così L’Entità (come viene definita nel libro di Wu Ming 1 “Un viaggio che non promettiamo breve” quell’insieme di interessi finanziari politici e mafiosi che vogliono questa opera inutile) decise di riprovarci anni più tardi nella zona più impervia della valle, in Clarea, proprio per evitare quella invasione di massa popolare dei prati di Venaus del 2005.

Sono passati 13 anni e l’8 dicembre si torna a manifestare contro il TAV, in un momento particolarmente delicato e centrale. «Nessun governo è amico del movimento» ripetono ossessivamente i valsusini. Tuttavia, più di qualcuno aveva sperato che con la presenza al ministero delle Infrastrutture del M5S, che storicamente si è sempre schierato contro l’opera, si potesse quanto meno fermare l’avanzamento burocratico-formale dei lavori.

Non ci sono, oggi, reali “lavori in corso” in Valsusa. Il tunnel esplorativo è concluso anche se alcuni operai continuano a svolgere attività in Clarea e a settembre pareva prossima un’espansione del cantiere, poi non concretizzatasi. Tutto quello che invece si poteva attuare per fermare le procedure che garantiscono l’avanzamento tecnico e formale dell’opera non è stato fatto, mentre della famosa analisi “costi benefici” (sic!) promessa dai pentastellati non si sa nulla, o nulla è stato reso pubblico.

Nel frattempo il governo ha smentito ogni promessa e ha dimostrato di essere amico delle lobby mafiose affaristiche del cemento e degli appalti, confermando il progetto per il TAV Terzo Valico e la TAP in Salento.

La sensazione netta è che la linea che verrà seguita in Valle sarà analoga, ma semplicemente si cerca di ritardare la sua resa pubblica perché l’effetto sarebbe difficile da gestire per il M5S e si preferisce temporeggiare dietro a improbabili foglie di fico quali l’analisi costi/benefici.

Nel frattempo per farsi forza all’interno di questo contesto di attesa, l’Entità è tornata a farsi sentire in modo arrogante e insistente. Anzitutto la stampa mainstream ha ricominciato a ribadire alcune falsità abusate nel corso degli anni per sostenere i lavori e screditare il movimento, dal dipingerlo come amico del trasporto su gomma o contrario alla modernità. Successivamente, il 9 novembre c’è stata la ormai famosa manifestazione delle madamìn Sì TAV, di cui abbiamo già parlato su Dinamo. Nei giorni successivi, queste donne manager sono entrate in modo surreale al centro del dibattito pubblico, costantemente invitate a improbabili talk show televisivi con risultati alquanto imbarazzanti quando non esilaranti, anche per chi non conosce nel dettagli l’argomento.

Ci si può domandare perché questo attacco dell’Entità e perché proprio ora. Colpisce, ad esempio, il palesarsi esplicito del natura di classe della lotta No TAV. Il sostegno a favore dell’opera dello schieramento dell’alta borghesia italiana (quella che va da La Repubblica a Confindustria passando per il PD) era evidente da tempo. Ma il fatto che la piazza del 9 novembre sia stata definita dai media “marcia dei quarantamila” prima ancora che si materializzasse, per creare un’analogia con la marcia dei colletti bianchi che sostenne la FIAT contro gli operai che nel 1980 avevano portato avanti uno degli scioperi più duri della storia sindacale italiana, è un fatto degno di nota.

Una possibile interpretazione di questo attacco sta in un momento debolezza dell’Entità, che la spinge a giocare a carte scoperte (il consenso ormai è evidentemente in calo non solo in Piemonte.) Oppure un tentativo di velocizzare i tempi verso la soluzione finale, in un momento in cui Toninelli cerca al contrario di prendere più tempo possibile. Altra ipotesi, è il tentativo di creare un immaginario di blocco sociale riconoscibile (“il ceto privilegiato cittadino e civile ed educato” contro “i rozzi poveracci di montagna che non vogliono la modernità”) che permetta una riaggregazione e ricomposizione del fronte. È stato proprio l’attacco multiplo sferrato dall’Entità in questi mesi a far scegliere al movimento di non tenere il corteo dell’8 dicembre in Valle, come da tradizione, ma di convocarlo a Torino.

Ci almeno altri tre elementi che segnano in modo simbolico questa data e questo corteo. Il corteo di sabato sarà il primo successivo all’approvazione del decreto sicurezza di Salvini. Come ha fatto notare giustamente Wu Ming 1 «Una manifestazione No Tav porta con sé, in strada, la memoria di decenni di disobbedienza civile, picchetti, blocchi stradali, occupazioni, solidarietà, collegamenti tra lotte ed è dunque la negazione pratica e operante di tutto ciò che la maggioranza Lega-M5S ha appena votato nel recente decreto sicurezza – riduttivamente definito ‘decreto Salvini’, come se il problema fosse soltanto lui. È una congerie di provvedimenti razzisti, classisti e repressivi, alcuni dei quali – come l’inasprimento delle pene per il blocco stradale – sembrano ideati apposta per combattere i movimenti, in particolare quelli in difesa del territorio, ancor più in particolare quello No Tav». Sarà quindi importante dare una prova di forza da parte dei movimenti contro questo governo reazionario e le sue leggi fasciste e repressive.

Il corteo dell’8 dicembre è poi un corteo che si svolge nei giorni della COP 24 di Katowice e successivamente ad un autunno in cui i disastri ambientali causati dai cambiamenti climatici sono stati particolarmente evidenti in tutto il paese. Il legame tra No TAV e lotta ai cambiamenti climatici è evidente non solo da dati scientifici, che in questo articolo di Luca Mercalli vengono spiegati dettagliatamente, ma anche dal fatto che proprio in virtù della drammatica situazione di surriscaldamento del pianeta è assolutamente urgente investire risorse nella messa in sicurezza del territorio e nella conversione energetica della produzione, anziché sprecarne in un’opera inutile, dannosa e costosissima che serve solo a rafforzare la collusione tra capitale e mafie.

In ultima istanza, i movimenti sociali stanno arrivando alla data dell’8 dicembre dopo un autunno che, su alcuni fronti, ha visto risposte deboli, frammentate o quanto meno non all’altezza dell’attacco in corso. Con l’unica incredibile eccezione della marea travolgente di Non Una di Meno.

La lotta No TAV ha spesso saputo riaggregare pezzi di movimento nelle fasi di stanchezza e ha saputo motivare tante lotte in altre parti del paese, grazie alla sua portata simbolica e paradigmatica e alla sua capacità di narrarsi e di creare immaginario. Una valle che si solleva, includendo assieme uomini, donne, vecchi e bambini che vogliono decidere per il proprio territorio, riscoprendo valori come socialità, partecipazione, politica. Tutto questo produce meccanismi di emulazione e motivazione perché tocca le corde più profonde che spingono l’attivismo e la militanza. Ci auguriamo che possa accadere così anche questo 8 dicembre, le tante adesioni al corteo e i pullman organizzati sono un segnale positivo in questo senso.

Dinamo seguirà il corteo in diretta da Torino.

Per info sulle partenze da Roma QUI.