ITALIA

«Un processo grottesco». 67 condanne a militanti No Tap

Gianluca Maggiore, portavoce del Comitato No Tap, commenta le sentenze che condannano tanti attivisti e tante attiviste che si battono da anni contro il gasdotto transadriatico. «Si vuole mandare un messaggio chiaro alla popolazione: statevene zitti e buoni!»

Numeri impressionanti, che confermano come si stia colpendo un intero movimento: 78 capi di accusa, quasi 100 imputati e 3 distinti procedimenti che hanno portato venerdì scorso a 67 condanne (a pene comprese tra i 6 mesi e i 3 anni 2 mesi e 15 giorni di reclusione) e 25 assoluzioni per militanti No Tap. Le sentenze, pronunciate dal presidente della seconda sezione penale del tribunale di Lecce Pietro Baffa, si riferiscono a una serie di azioni avvenute fra il 2017 e il 2018, quando numerosi attivisti e numerose attiviste si erano mobilitati contro l’apertura dei cantieri per la costruzione del gigantesco gasdotto che dall’Azerbaijan arriva in Europa, passando per la regione salentina.

«Una sentenza che va assolutamente impugnata», ci dice Gianluca Maggiore, attivista e portavoce del Comitato No Tap che da anni si batte sul territorio affinché l’infrastruttura energetica venga valutata come un’opera inutile dal punto di vista strategico e dannosa da quello ambientale e sociale. «Un’opera “climalterante” – come si legge in un comunicato rilasciato in seguito alle decisioni del Tribunale – che va contro ogni sana logica di cambiamento, lontana anni luce da quella transizione energetica di cui in nostri politici si vantano tanto».

 

Gianluca Maggiore, come commentate le sentenze?

Come movimento No Tap non ci siamo mai fidati del modo in cui si è mossa la giustizia nel nostro caso. Già fin dai momenti iniziali è stato molto strano che tre processi distinti, affidati a tre giudici diversi, fossero stati accorpati all’improvviso in uno solo durante la prima udienza, per poi essere nuovamente smembrati ma mantenendo a capo lo stesso giudice Pietro Baffa.

Lo svolgimento dei processi è stato inoltre costellato di episodi grotteschi: per esempio, sono stati portati e ammessi come prova dei video per i quali le medesime persone si sarebbero dovute trovare nello stesso posto alla stessa ora. In generale, non è mai stata garantita la ripetibilità delle prove. I nostri stessi avvocati hanno bollato come vere e proprie “falsità” alcuni elementi dell’impianto accusatorio, che continua a non convincerci per niente.

 

Ci vedete una volontà politica?

In questi processi sono coinvolte centinaia di persone, che hanno subito provvedimenti di tutti i tipi. Si tratta di persone di tutte le età, di diverse estrazioni sociali e professioni, da chi era già politicizzato da prima che si aprisse la questione del gasdotto ad altri che, invece, si sono ritrovati in questa lotta quasi “per caso”, magari perché la loro abitazione è ubicata sul tracciato del Tap. Per alcuni sono state chieste misure cautelari per “reati associativi”, come se si trattasse di mafiosi.

È evidente allora che sentenze del genere mandano un messaggio molto preciso a tutta la popolazione del territorio: “statevene zitti e buoni!”. Ribadisce il sospetto per cui sì, la legge è uguale per tutti, ma alcuni sono più uguali degli altri: il fatto di essere arrivati a processo con un numero così alto di imputati e con una tempistica di verifica delle prove così ridotta (anche solo per visionare tutti i video ci sarebbero volute settimane), è secondo me il segnale che fin dall’inizio ci fosse un chiaro indirizzo.

 

 

 

Nel frattempo anche i responsabili delle aziende coinvolte nel Tap sono a processo…

A breve ci sarà un’importante udienza, che vede tutti i responsabili delle aziende a processo e noi come movimento No Tap assieme ad altre associazioni in qualità di parte civile. La differenza è che, in questo caso, non si parla di reati relativi a danneggiamenti, manifestazioni non autorizzate o violazioni di divieti. No, per quanto riguarda le aziende coinvolte nel Tap, si parla di reati come quello di devastazione ambientale, che hanno tutt’altra valenza pubblica e politica.

Il semplice fatto che si sia arrivati a configurare reati di tal genere indica dunque come, “a monte”, la valutazione di impatto sociale e ambientale che è stata data dell’opera fosse estremamente problematica. Il nostro gruppo legale si sta confrontando con una serie di avvocati e studi legali di primissimo piano, che le aziende coinvolte nel Tap hanno assunto senza badare a spese. Ma siamo pronti a portare avanti questa battaglia senza esclusione di colpi.

 

Quali saranno le vostre mosse?

Intanto il 3 aprile è stato convocato un presidio a Lecce a sostegno degli imputati nei vari processi. È importante far vedere che nessuno è da solo, in nessun momento. Checché se ne dica, il progetto non è per nulla terminato e i lavori sono ancora in alto mare. Ma, soprattutto, si è ormai formata un’opinione pubblica largamente contraria all’opera. Lo dimostra la raccolta fondi lanciata a sostegno di chi subisce persecuzioni legali, che sta andando molto bene.

Tanti territori italiani si trovano in situazioni simili alla nostra. Il Tap è una di quelle grandi opere che fanno parte di un più ampio sistema estrattivistico-capitalistico che inizia a mostrare i propri limiti. Le condanne di venerdì scorso non sono che il “colpo di coda” repressivo di tale sistema. Anche per questo, la lotta al Tap non si arresta!

 

Tutte le immagini dalla pagina Facebook di Movimento No Tap