EUROPA

#14N, indietro non si torna

“Partiamo dalla realtà, quella che in pochi avranno il coraggio di raccontare e che le tecnocrazia europee fanno finta (ma solo finta) di non vedere”.

da huffingtonpost.it

Partiamo dalla realtà, quella che in pochi avranno il coraggio di raccontare e che le tecnocrazia europee fanno finta (ma solo finta) di non vedere. Il primo sciopero generale europeo, dall’inizio della crisi dei debiti sovrani, è stato uno straordinario successo.

Centinaia di migliaia di donne e uomini, soprattutto giovanissimi, hanno invaso e bloccato tutte le maggiori città, principalmente in Italia, Spagna, Grecia, ma anche in molti paesi dell’euro di “seria A”. Nessuno, nell’establishment, ci credeva, in molti hanno fatto finta di non vedere (Monti & co), salvo Angela Merkel. Lei no, lei ha visto, ha capito l’entità della cosa e ha risposto in modo chiaro, svelandoci, se ancora ce ne fosse bisogno, il tratto postdemocratico della Costituente neoliberale:

“Il diritto allo sciopero è un grande diritto delle democrazie e questo è scontato. Ma ciò che è necessario va fatto lo stesso”.

Come dire: fate pure, i dogmi monetaristi non hanno più bisogno del vostro consenso; ancora, con parole thatcheriane, “there is no alternative”.

Il secondo elemento di realtà, che probabilmente ha spaventato le tecnocrazie più del successo delle mobilitazioni, è stata la “riappropriazione” dello sciopero da parte dei giovanissimi, degli studenti, dei precari, dei nuovi poveri (Guido Rossi, sul Sole24ore della scorsa domenica ha utilizzato l’espressione “povertà giovanile”). Se in Spagna e in Grecia la mobilitazione sindacale è stata potente, con effettivi blocchi della produzione e dei servizi, in Italia, senza gli studenti, lo sciopericchio della Cgil sarebbe stata la solita goccia nel mare.

Indetto con un “colpo di teatro” dalla Camusso, preparato male, promosso peggio. Non è bastata la peggiore riforma delle pensioni in Europa, non basta la disoccupazione giovanile al 36 percento, non bastano le dismissioni di interi comparti produttivi e l’espulsione di massa dal mercato del lavoro, la Cgil ha un “grande” piano per l’Italia: andare al governo con Bersani, Casini e Montezemolo.

Soffermiamoci di più e meglio sulla vicenda italiana. Dello sciopero i media main stream non ne hanno quasi mai parlato, quasi non ci fosse. Altrettanto, le imponenti mobilitazioni degli studenti medi, che in questi giorni hanno occupato scuole e paralizzato le città con manifestazioni selvagge, sono state raccontate solo nelle cronache locali. E’ anche per questo che i numeri di ieri ci sostengono nell’affermare che l’autonomia dei movimenti (dalla politica, dal sindacato, dai media main stream) comincia a germogliare come fiore potente.

Anche in Italia, l’espansione dei social network configura nuovi dispositivi organizzativi e un protagonismo dei giovanissimi senza precedenti. 87 le città bloccate (“se ci bloccano il futuro noi blocchiamo la città”) dalle mobilitazioni studentesche, oltre 200 mila in piazza. Ovunque cortei determinati a non accettare divieti, a riprendersi le strade senza chiedere il permesso, la percezione diffusa che siamo immersi in una barbarie che solo i conflitti potranno fermare.

Scontri quasi in tutte le maggiori città che non sono dovuti, come piace raccontare ai cronisti (soprattutto di sinistra), ai pochi con i caschi o ai “25 stronzi”. Si tratta di pretese democratiche, agite da migliaia di studenti che vogliono poter manifestare e, manifestando, andare oltre la testimonianza, interrompere lo scempio neoliberale. La democrazia di tutti contro la dittatura della finanza, la tecnocrazia di Merkel e di Draghi, di Monti e di Weidmann.

A Roma – ed è a Roma che ho manifestato, un violento attacco alle spalle da parte della polizia mi ha lievemente fratturato una costola e sono stato poi fermato, identificato, perquisito e minacciato – è successo qualcosa di davvero inedito. Una mobilitazione studentesca formidabile, almeno 50mila tra medi e universitari che hanno bloccato la città in più punti, per poi ricongiungersi in viale dei Fori Imperiali.

Tutte e tutti uniti, nessuno escluso, dal desiderio di manifestare liberamente e di raggiungere il Parlamento e palazzo Chigi. Tutti uniti dai libri-scudo. Non c’è stata separazione ieri, nel corteo, le uniche separazioni che ci sono state, sono state imposte dalle cariche scellerate della Polizia. Blindati lanciati a 40-50 Km l’ora contro i manifestanti, sul Ponte Garibaldi e sul Lungotevere Ripa Monti; lacrimogeni; inseguimenti e pestaggi; umiliazioni fisiche e verbali; identificazioni e perquisizioni di massa; fermi e 8 arresti.

Deve essere stata tanta la paura delle tecnocrazie italiche, l’operazione terroristica delle Forze dell’ordine, soprattutto a Roma, soprattutto contro giovanissimi, lo conferma. Non si tratta di mele marce, né di teste calde. E le scemenze sulle molotov ritrovate negli zaini, nel paese noto nel mondo per la Diaz, non convincono più neanche i muri. La ferita della democrazia di Genova 2001 non si è mai rimarginata, piuttosto ricorre, senza sbavature, ogni volta che serve. Le parole del centro-sinistra (Vendola incluso), le prese di distanza della Cgil, sono lì a confermarci che le complicità con la follia poliziesca vanno ben oltre l’anomalia berlusconiana.

L’anomalia italiana non era e non è Berlusconi (d’altronde nella trattativa Stato-mafia, almeno a sentire Pm e pentiti, oltre a Dell’Utri hanno agito in tanti, da Mori a La Barbera), ma lo è uno Stato dei partiti e degli apparati sempre più privo di legittimazione, pronto a tutto pur di rispettare i patti europei e di votare un’intera generazione alla povertà e alla disperazione.

Nell’Europa del fiscal compact, delle privatizzazioni e dell’attacco ai salari, nell’Europa della disoccupazione giovanile e della distruzione del welfare, quella di ieri è stata una grande giornata. Gli oscuri poteri di sempre, in Italia, hanno provato a far fuori l’entusiasmo di chi, dal basso, vuole ricostruire la democrazia. Ma i manganelli e gli arresti – e per gli arrestati chiediamo libertà immediata – non ci fermeranno!