ITALIA

«Il futuro è nostro». Contro il G20 una sola lotta

Più di diecimila persone hanno protestato oggi nella capitale, mentre i grandi del G20 erano riuniti alla Nuvola dell’Eur. Un corteo composito e variopinto, tante le istanze in piazza

«Il tempo è più prezioso del petrolio», urlano dal carro di testa. Al corteo nazionale di contestazione del G20, che oggi nella capitale si è snodato lungo il quartiere di Testaccio per concludersi a Bocca della Verità, la bandiera del movimento ecologista Fridays For Future svetta in cielo accanto alla punta della Piramide Cestia. Il vecchio contro il nuovo, il futuro senza futuro che prova a ribellarsi contro un vertice internazionale che sa irrimediabilmente di passato.

(Francesco Brusa)

La protesta è iniziata alle prime luci del mattino, quando un gruppo di attivisti e attiviste del Climate Camp organizzato da Rete Ecosistemica e in corso allo spazio autogestito Acrobax hanno bloccato per un paio d’ore la Cristoforo Colombo, lunga arteria cittadina che conduce all’Eur dove si stanno riunendo i “grandi della terra”. Nei pressi del Ministero della Transizione Ecologica decine di manifestanti si sono posizionati in presidio sulla strada, prima di essere spostati di peso dalle forze dell’ordine.

(Andrea Tedone)

Alle 15 del pomeriggio, invece, con un sole già alto che scaldava il piazzale della stazione ostiense, migliaia e migliaia di persone, striscioni, cartelli e tamburi si sono accalcati formando una folla variopinta e rumorosa. Tantissime le istanze in piazza: dalle lotte sindacali del collettivo di fabbrica Gkn e Alitalia alla ribellione ecologista di Fff e Xr, dal coordinamento studentesco (che già aveva sfilato ieri nella capitale) a una composita presenza di gruppi internazionali, fra il Sudan e il Kurdistan.


Matteo (Collettivo di fabbrica Gkn)

«Vogliamo rappresentare il mondo del lavoro in questo corteo. La nostra azienda è stata chiusa da un fondo finanziario e vogliamo quindi denunciare il fatto che la finanza deve uscire dalla vita delle persone. Lo stato deve entrare nella riconversione della nostra fabbrica, non possiamo lasciare il futuro ai privati! Ci troviamo a nostro agio in una folla così composita: per difendere i diritti non c’è bisogno di bandiere»

Tiziano (Camere del Lavoro Autonomo e Precario)

«La piazza di oggi vuole e deve essere l’inizio di un percorso per mettere assieme più battaglie, più vertenze: la questione lavorativa, quella ambientale, quella sanitaria, ma anche reddito e salari perché la transizione non può pesare solo sulle spalle di lavoratrici e lavoratori. A partire da oggi vogliamo costruire uno spazio largo e plurale che sappia parlare un linguaggio comune a tutte queste lotte»


La preparazione del corteo sembra quasi una danza: seguendo i binari del tram e l’ampia curva che gira attorno alla piramide, i diversi spezzoni si predispongono in fila in un avvicendarsi di colori, slogan e sigle la cui convergenza è anche frutto di mobilitazioni precedenti. Un’importante tappa di avvicinamento al G20 è rappresentata infatti dallo sciopero generale dello scorso undici ottobre, in cui i sindacati di base hanno sfidato la “pax draghiana” con presidi e proteste e costruende alleanze tra diversi collettivi di lavoratori e lavoratrici in lotta.

Dal carro in testa cominciano a risuonare dei ritmi elettronici, i tamburi di Gkn e di Pulsar battono il tempo, attiviste e attivisti del Climate Camp cantano e ballano.

In mezzo, cori e slogan che scandiscono le vertenze diverse ma unite fra loro: «Chi sfrutta i lavoratori sfrutta anche l’ambiente e la terra», «le proposte che arrivano dalla Nuvola non ci bastano», «Vent’anni che vi diciamo che vogliamo tutto e ora siamo qui per riprendercelo». Sono venti gli anni trascorsi dalle giornate di Genova (in tante e tanti ricordano Carlo Giuliani), venti anche gli anni dall’invasione dell’Afghanistan che è ancora sul tavolo delle dicussioni. Sono venti anche i capi di stato riuniti all’Eur, ma le prospettive sembrano davvero poche.

(Renato Ferrantini)

Come ampiamente denunciato nei giorni scorsi da Flc Roma e Lazio, la mobilitazione si è svolta in un contesto di completa militarizzazione (con autobus e metro bloccati e a più di sei chilometri dalla sede del summit). «Nessuno fra i potenti della terra si è fermato ad ascoltarci», denuncia il comparto della Cgil che si occupa di scuola e istruzione. «C’è bisogno di investimenti non solo nella produzione, ma anche in educazione e ricerca e quanto è previsto nel Pnrr per questi comparti non è per nulla sufficiente».

“Insufficiente” è il voto che, idealmente, tutte le realtà scese in piazza oggi darebbero ai venti riuniti alla Nuvola: non sono abbastanza gli sforzi compiuti in tema ambientale, anzi fra greenwashing e compensazioni le misure intrapese finore servono solo a coprire gli interessi delle aziende; non sono abbastanza gli impegni presi in termini di gestione della pandemia, anzi i contratti stipulati sui vaccini sono interamente a vantaggio della case farmaceutiche; non sono abbastanza i proclami che riguardano il mondo del lavoro, visto che i salari nel nostro paese sono in picchiata libera.

Intanto, diverse zone del mondo (come il già citato Afghanistan, o il Sudan o la Turchia del “sultano” Erdogan) sono in perenne conflitto senza che la diplomazione internazionale muova un dito.


Hassan (Comunità sudanese in Italia)

«Abbiamo avuto tre colpi di stato in un anno. Oggi anche nel mio paese si protesta e le comunità sudanesi in tutta Italia scendono in strada per solidarietà. Siamo venuti a questo corteo perché pensiamo che il G20 debba avere un ruolo nel fermare la crisi, ma sappiamo che non lo farà. I governi occidentali vendono armi da noi, hanno troppi interessi»

Eugenia (Ufficio Kurdistan Italia)

«Siamo qui, in questa bellissima manifestazione, per raccontare e sensibilizzare tutt* su ciò che accade in Kurdistan, dove la Turchia sta continuando gli attacchi ai tentativi di autonomia democratica e sta utilizzando anche armi chimiche, vendute proprio dai paesi europei. Già in passato abbiamo lasciato che dittatori come Saddam Hussein commettessero un genocidio nei confronti del popolo curdo, come Movimenti non possiamo restare indifferenti mentre questo sterminio si ripete»


Nel tardo pomeriggio il corteo arriva infine alla sua meta: in piazza Bocca della Verità salgono sul palco improvvisato rappresentanti dei movimenti studenteschi, di Fridays for Future e del Collettivo di Fabbrica Gkn. «Noi siamo contro questa unità nazionale», chiarisce al microfono Dario Salvetti, lavoratore dell’azienda di Campi Bisenzio: «Per noi l’unità deve essere quella di chi lotta contro la precarizzazione, lo sfruttamento e le delocalizzazioni».

La convergenza delle lotte, dal sindacalismo autonomo e sociale fino alle istanze ecologiste della nuova generazione incarnate dal movimento Fridays for future, rappresenta forse il vero punto di svolta della manifestazione. Tutte e tutti insieme per »un mondo migliore, da costruire con la solidarietàgià da oggi» come grida una studentessa dal palco.

Il pomeriggio di lotta non si conclude però in piazza di Bocca della Verità: impossibile dirigersi altrove, tutte le strade sono chiuse. E il corteo allora ritorna, ordinato, pacifico e sempre coloratissimo, verso il punto di partenza. In testa, sempre loro, i ragazzi e le ragazze dei Fff. E mentre intonano Bella ciao un cerchio si chiude: passato, presente e futuro, tutti uniti nella piazza e nella protesta. Chissà se l’eco di queste urla arriverà fino all’Eur…

Immagine di copertina di Renato Ferrantini