ROMA

«Tu ci chiudi, noi come studiamo?»: le aule studio autogestite in piazza

Una giornata di studio collettivo, di protesta e di solidarietà nel cuore di San Lorenzo

«Va bene il lockdown, ma ci servono aiuti» – recita il cartellone appeso a uno dei tavolini che oggi si trovano al centro di piazza dell’Immacolata, la piazzetta per chi frequenta il quartiere di San Lorenzo. È uno degli slogan della protesta di oggi, una giornata di studio in piazza organizzata dallə attivistə delle aule autogestite del quartiere. «Molte aule studio sono nate proprio negli ultimi mesi – racconta Isabella, attivista di Esc – sia come luogo per poter studiare o seguire le lezioni, sia come supporto psicologico, perché crediamo che forme responsabili di socialità sono necessarie e non possono essere la prima e unica cosa sacrificata in un paese dove la produzione e il lavoro sono tutt’altro che fermi».

A San Lorenzo sono fiorite molte aule studio autogestite per rispondere alle esigenze scaturite dalla pandemia, alcune esistevano già mentre altre sono nate in questo periodo. Ne contiamo ben cinque: l’Aula Studio Ribelle, il De Lollis Undeground, Escamotage, Fuori Luogo Playground e Sharewood.

Tuttavia, come recita il testo di lancio della piazza di oggi: «In seguito al DPCM di domenica 25 ottobre, che chiude centri sociali e centri culturali, alcune di queste aule hanno chiuso. Le altre potrebbero chiudere a breve, nel caso sempre più probabile di un nuovo lockdown».

 

 

Lə attivistə delle aule autogestite si sono allora coordinatə in pochi giorni per organizzare la piazza di oggi: i cartelloni appesi un po’ ovunque spiegano il perché del presidio, ci sono una decina di tavoli tutti distanziati tra loro e ognuno è occupato da unə studente immersə nella lettura del suo libro. Sui muretti che circondano la piazza attivistə e studenti, indossando le mascherine e rispettando il distanziamento fisico, studiano, chiacchierano o semplicemente si godono il sole caldo di questa limpida giornata autunnale.

Su un cartellone c’è scritto: «Tu ci chiudi, tu ci paghi. Affitti, libri e tasse, basta spese: lo studio è un diritto!». La giornata di oggi infatti segue anche la scia della manifestazione che ha visto scendere in piazza nella Capitale oltre tremila persone sabato scorso, come racconta Federica, attivista di Communia: «Noi siamo studenti, ma allo stesso tempo siamo anche lavoratori precari, abbiamo un affitto da pagare, quindi partiamo dalle rivendicazioni sul diritto allo studio ma senza dimenticare che il discorso è più ampio».

Lo ricorda anche Francesco, attivista di Esc, che spiega: «Ci ritroviamo in questa situazione anche perché il governo ha avuto 5 mesi dalla fine del primo lockdown per immaginare delle strategie che funzionassero, che contenessero la diffusione del contagio senza sovraccaricare il sistema sanitario e questa strategia è stata inesistente. Anzi, è stata succube della volontà di proseguire una produzione volta al profitto di pochi, al servizio di Confindustria».

In questo momento, invece, la sicurezza collettiva dovrebbe essere al primo posto. La sicurezza sanitaria, economica e psicologica. Ed è quello che vuole affermare la piazza di oggi, sulla scia delle mobilitazioni di questi ultimi giorni. «Tu ci chiudi tu ci paghi vuol dire che noi pensiamo che si debba fermare il paese – prosegue Francesco – però questo deve essere accompagnato a supporti. Perché in questo periodo milioni di persone sono costrette a scegliere tra rischiare di ammalarsi o morire di fame. Questa scelta per noi è assurda, quando bisognerebbe mettere in primo piano la sicurezza dal virus e la sicurezza sociale, politica e psicologica delle persone».