EUROPA

L’Europa unita contro i CIE

Rivolte, scioperi, evasioni, manifestazioni di solidarietà: la mobilitazione contro i CIE è permamente e attraversa tutti gli Stati europei. L’Europa, almeno l’Europa, è lo spazio in cui questa lotta va pensata, organizzata e combattuta. Soltanto facendo saltare i dispositivi europei di controllo della mobilità umana[..] , le direttive comunitarie che legalizzano la detenzione senza reati, i regolamenti dell’Unione che istituiscono la clandestinità dei migranti potremo rendere concreto lo slogan “mai più CIE”. Inutile illudersi che le possibilità di trasformazione rimangano chiuse nei confini degli Stati nazionali.

Proponiamo di seguito tre articoli di aggiornamento sulle mobilitazioni dentro e fuori alcuni Centri di detenzione nei paesi dell’Europa mediterranea. Da ovest a est.

SPAGNA – 15 giugno: giornata contro i CIE

Ci fu un tempo, non molto lontano, in cui le frontiere erano capricci della natura: una catena montuosa inespugnabile, un fiume largo e di grande portata, il mare. Poi arrivò l’uomo e scavò tunnel, alzò ponti, costruì barche e aerei. Riuscì a superare tutti gli ostacoli, a cancellare le barriere dalle mappe. Ma ne creò altre, più alte e a volte più profonde: frontiere artificali, strumenti che ci attraversano, ci marcano, ci separano.

Le frontiere si inventano, si tracciano lì dove qualcuno decide che c’è un interesse da proteggere. Il suo interesse. Le frontiere proliferano, cambiano, adottano nuove forme, ogni volta più sofisticate. Adesso conosciamo quelle imposte tra loro dagli Stati, ma anche quelle che si estendono oltre i loro domini e quelle che si definiscono all’interno delle nostre società. Le frontiere si esternalizzano, comprando a prezzo di saldo la complicità di altri Paesi, quelli convenienti per le nostre politiche di esclusione. Ma ci sono frontiere anche nelle strade, nelle piazze, laddove le persone marcate dai segni dell’ “alterità” si scontrano con l’impossibilità di far valere la loro dignità

I centri di detenzione per stranieri fanno parte di questa trama di frontiere criminali, immorali e ingiuste. Si tratta di meccanismi al servizio di un sistema che separa le persone, che frammenta i loro diritti, che decide che la cittadinanza è un privilegio per pochi, vietato al resto. La persona straniera deve interiorizzare la propria differenza, la propria appartenenza al gruppo degli esclusi o, nel peggiore dei casi, degli invisibili.

L’esistenza di questi centri è ingiustificabile. Secondo la legge sono centri non penitenziari, ma in realtà sono comandati dalla polizia. Dicono che la loro funzione sia di assicurare l’espulsione degli stranieri, che la reclusione sia una misura cautelare e non una pena. Ma in Spagna più della metà dei reclusi non vengono espulsi. E, nonostante ciò, sono condannati alla reclusione. Come misura è inefficace e totalmente sproporzionata.

In Spagna ci sono otto CIE. Otto luoghi in cui le persone sono private della loro libertà fino a 60 giorni per il solo fatto di commettere un’infrazione amministrativa. Otto centri sinistri nei quali si violiano quotidianamente i diritti fondamentali: alla vita privata e familiare, all’intimità, all’identità, all’educazione, alla salute, alla dignità. Carceri in cui si commettono maltrattamenti fisici e psicologici, centri in cui si ricorda alle persone straniere che sono diverse, che meritano i maltrattamenti e il razzismo istituzionale.

I CIE sono i campi di concentramento che l’Europa mantiene in questo secolo. La loro unica funzione è segregare e spaventare. Sono buchi neri dello Stato di Diritto. Devono scomparire.

Per questo, durante la settimana che inizia adesso, numerose organizzazioni, collettivi e associazioni, ma anche persone singole, alzeranno la voce contro lo Stato spagnolo per riconvertire il 15 giugno nella giornata contro i CIE e, in un futuro prossimo, ottenere che tutti i giorni siano senza CIE.

Come lo scorso anno, intorno al 15 giugno, realizzeremo azioni in Asturias, Barcellona, Madrid, Melilla e Valenzia. Scenderemo in strada con batukadas, balli, concentramenti e performance. Attaccheremo cartelli. Ci esprimeremo con l’arte, la musica, la letteratura, la poesia. Siccome non vogliono farci sapere che esistono, renderemo visibile la loro esistenza.

Organizzeremo workshop e dibattiti informativi. Distribuiremo volantini, mostreremo a chi vive vicino ai CIE che cosa sono in realtà quei centri. Perché i CIE esistono protetti dall’ignoranza.

Siccome la loro esistenza rende la nostra società razzista e indegna, pretenderemo la loro chiusura, fino a quando non ne rimarrà nemmeno uno.

Qui puoi trovare maggiori informazioni sul 15 giugno e capire come unirti a questa iniziativa, dovunque tu sia.

Per la chiusura dei CIE, ora

Commissione Chiudiamo i CIE-Ferroccarril Clandestino

http://cerremosloscies.wordpress.com/

twiitter @CIEsNoMadrid

Fb: Ciesnomadrid

Traduzione di DINAMOpress

ITALIA – Nel CIE di Ponte Galeria la protesta è continua

Al CIE di Ponte Galeria, i migranti della sezione maschile hanno iniziato lo sciopero della fame. Continua una protesta in realtà mai finita; tutti i giorni attendono documenti che mai arrivano poiché i tempi delle pratiche sono infiniti, chiedono senza avere risposte, non si sentono “garantiti” durante le udienze con i Giudici di Pace e, a ragione, protestano contro la mancanza di diritti che ogni volta gli vengono negati e calpestati. Un vero abbandono da parte delle istituzioni, in assenza di una certezza giuridica, per un “reato” non commesso, sottratti della libertà personale, garantita invece dalla Costituzione.

Ponta Galeria ospita persone che nel CIE non dovrebbe neanche esserci, eppure troviamo “cittadini italiani, chi aspetta il permesso di soggiorno, chi è in Italia da 30 anni, donne incinte, persone che avrebbero bisogno di assistenza medica e sanitaria adeguata”.

I migranti espiano una pena senza aver commesso un reato, questo è Ponte Galeria. Uno dei 13 CIE operativi, fino a qualche mese fa in Italia.

La Campagna LasciateCIEntrare continua e vuole dar voce alle storie di queste persone che vivono sulla propria pelle l’esperienza CIE, voci non ascoltate, voci di essere umani che vivono momenti che pochi, forse, riescono a capire. Mai ad accettare. Dal CIE questa la testimonianza audio raccolta dalla campagna LasciateCIEntrare da uno dei migranti che ha iniziato lo sciopero della fame. Voci da dentro, che raccontano ancora sotto silenzio, non seguite dai media, per questo fanno appelli ai giornalisti e alla stampa:

“Abbiamo problemi con il Giudice di Pace, lui arriva, fa la convalida, ti da 30 giorni, poi altri giorni di proroga a 60 giorni, senza farci parlare, senza motivo e senza vedere i documenti. Questo lo dobbiamo comunicare a qualcuno!”

Questo uno dei grandi problemi: il sistema delle udienze di convalida e di proroga relative alla permanenza degli stranieri nei CIE. Per questo che i migranti scrivono una lettera all’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma che ne affronta il tema delicato e significativo.

Nella lettera i migranti protestano contro le udienze di convalida che si svolgono in modo troppo sbrigativo, e non approfondiscono gli aspetti soggettivi ed oggettivi di ciascuno di loro. Questo determina ad una condizione di detenzione che può arrivare fino ad un anno e mezzo. Infatti, il trattenimento, pur essendo un provvedimento formalmente amministrativo, si traduce di fatto in una misura che limita la libertà personale dei cittadini stranieri e che, quindi, necessita della convalida di un Giudice per divenire esecutivo.

Un’interpretazione giuridica che condiziona la vita delle persone, delle persone che continuano ad essere trattenute in un CIE. In un limbo che è un’assenza del diritto stesso.

La Campagna LasciateCIEntrare

GRECIA – Reclusi in sciopero della fame contro la detenzione indefinita

Il 9 Giugno, i rifugiati reclusi nel Centro di detenzione di Corinto sono entrati in sciopero della fame per protestare contro la detenzione a tempo indefinito. Nel febbraio 2014, infatti, le autorità greche hanno annunciato una politica di detenzione indefinita fino al rimpatrio, basata su un parere del Consiglio Legale dello Stato Greco. Solo recentemente la Corte di Atene ha esaminato il caso di un rifugiato afghano ed ha concluso che una detenzione superiore a 18 mesi è contraria alla legislazione nazionale ed europea, richiendone la revoca.

La lettera dei detenuti

Da un anno e mezzo (agosto 2012) molti rifugiati privi di documenti sono stati arrestati dalle autorità greche. I massicci controlli e gli arresti sono stati compiuti in modo razzista e crudele. La gente è stata portata nei centri di detenzione in tutta la Grecia. Non serve entrare nei dettagli di quanto è pessima la situazione in cui ci siamo trovati, con l’unica colpa di non avere un pezzo di carta.

Quando sono stati aperti i centri di detenzione, il governo greco ha emanato una legge secondo cui il periodo massimo di detenzione per un rifugiato era di 6 mesi. Poi hanno aumentato il periodo a 1 anno, poi a 1 anno e mezzo e questo è il periodo massimo ammesso dalle leggi greche oggi.

Ma poi all’improvviso, qualche settimana fa, hanno addirittura prolungato la durata della detenzione a periodi senza termine! Questa modifica è stata una decisione razzista. È un’ingiustizia.

Lo scopo di tutto ciò è solo quello di impedire a noi rifugiati di venire in Grecia, noi che abbiamo lasciato i nostri paesi a causa della nostra sofferenza. Ora siamo costretti a soffrire in Grecia. Con la detenzione sistematica e senza termine il governo greco ci sta massacrando. Stanno distruggendo le nostre vite e uccidendo i nostri sogni e speranze dentro le prigioni. Nessuno di noi ha commesso alcun crimine.

La maggior parte di noi soffre gravi problemi di salute: sia fisici che psicologici. Specialmente quelli che sono reclusi già da più di 18 mesi si trovano in uno stato devastante e hanno bisogno disperatamente di aiuto.

Oggi, 9 giugno 2014, noi detenuti nel centro di Corintho, abbiamo cominciato uno sciopero della fame. Sentiamo una pressione immensa a causa dei nostri destini sconosciuti. Protestiamo contro l’estensione illegale oltre i 18 mesi della detenzione.

Fonte: infomobile

Traduzione di