MONDO

“La conduzione della resistenza popolare non armata è nelle mani dei palestinesi”

Intervista all’attivista palestinese Mahmoud Zahware, da anni impegnato nel PSCC, il coordinamento dei comitati per la lotta popolare. Ci racconta della nuova fase di lotta, della aggressione alle donne di Nabi Saleh e delle prospettive nazionali a seguito della decisione di Trump su Gerusalemme

La decisione di Trump di inizio dicembre ha provocato un’ondata di proteste in tutta la West Bank e a Gaza. Qual è il tuo bilancio di questo mese di azioni?

A quattro settimane dall’annuncio di Trump, posso dire che i palestinesi si sono mobilitati in forze contro la decisione ingiusta di violare quanto garantito dalle risoluzioni ONU che dicono che Gerusalemme Est è la capitale della Palestina. Inoltre, questo annuncio rappresenta una violazione anche degli Accordi di Oslo secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero essere un mediatore neutrale.

 

Com’è il morale dei palestinesi presenti nelle mobilitazioni in strada?

I palestinesi si sono uniti in West Bank, nella Striscia di Gaza e nella diaspora, e questa volta sentono la minaccia reale più che in altri casi. Quello che distingue questa ondata di mobilitazioni è la resistenza popolare non armata che riflette la consapevolezza profonda dei palestinesi e il loro giudizio sul passato. Penso che questa ondata di azioni possa evolvere in un’intifada sostenibile perché non ci sono alternative, a parte la resistenza armata o l’apatia. Personalmente non credo che la resistenza armata prenderà il controllo dell’intifada a causa dell’assedio dei regimi arabi contro Gaza. Inoltre, penso che le ali militari dei partiti politici a Gaza sanno molto bene che lo scopo dell’assedio è togliere le armi da Gaza. Loro sanno anche che i regimi arabi sarebbero più che contenti se Israele li distruggesse perché dopo sarebbe più facile per quegli stessi regimi raggiungere l’“accordo del secolo”, come lo chiamano.

La conduzione della resistenza popolare non armata è nelle mani dei palestinesi più che in ogni altra occasione dalla firma degli accordi di Olso ad oggi. Molte ragioni determinano questa situazione, tra cui l’esperienza accumulata negli ultimi 15 anni nei villaggi attivi.

Nonostante non facciano affidamento su leadership politiche, poiché i partiti non soddisfano la loro sete di ottenere mobilitazioni di massa, i palestinesi negli ultimi 30 giorni hanno mostrato con la loro presenza nelle strade la determinazione a continuare la resistenza. La gente ora ha paura della strumentalizzazione, da parte della leadership politica, della propria lotta per obiettivi di breve periodo all’interno nel processo dei negoziati di pace. Altri invece si rapportano ai partiti già come fossero qualcosa appartenente al passato e hanno preso l’iniziativa di continuare a combattere.

 

L’attuale situazione impedirà la riconciliazione tra Hamas e Fatah che aveva quasi raggiunto i primi risultati?

Questo contesto di resistenza è un buon momento per la riconciliazione tra Fatah e Hamas, tuttavia entrambi i partiti stanno già affrontando questioni molto serie come le armi dei militari o i ruoli di amministrazione da assumere all’interno della ANP. La mia opinione è che c’è qualcosa di sbagliato nella riconciliazione, perché i partiti devono parlare di strategia di liberazione ma quello che sta accadendo è che entrambi parlano di come rafforzare il ruolo della ANP nel dare servizi alle persone. Secondo me, la ANP è un corpo temporaneo che doveva finire nel 1999, ma l’errore è stato di mettere tutti i partiti politici e la stessa OLP nella bottiglia di Oslo come se la Palestina fosse il corpo di un bambino da mettere in un incubatore che poi lo ha imprigionato e non ne è più uscito.

 

Come spieghi le specifiche punizioni contro le donne nel villaggio di Nabi Saleh: Nariman, Nour e Ahed?

Il fatto che Israele prenda di mira le donne non è qualcosa di nuovo e non è nuovo neanche il fatto che le donne palestinesi giochino un ruolo cruciale nella lotta. Nabi Saleh è diventato il villaggio modello della resistenza per tutti gli altri. Le famiglie di Nabi Saleh sono diventate le famiglie modello per tutte le altre, le donne di Nabi Saleh sono diventate icone della resistenza in Palestina e ogni donna palestinese sogna di diventare come Ahed, Nariman, Manal e Noor.

Tuttavia, Israele è un potere coloniale basato sulla muscolarità che sottostima la potenza delle donne. Prenderle di mira significa spingere gli uomini verso la violenza. Inoltre, le donne di Nabi Saleh sono riuscite a educare un’intera generazione del villaggio e dei villaggi vicini su come superare la loro paura attraverso la resistenza non violenta. Ahed, Noor e Jana sono esempi di questa nuova generazione.

Israele non ha paura della violenza. Israele ha paura che una nuova generazione di palestinesi superi la paura e adotti la resistenza non violenta. È per questo che hanno preso di mira Nabi Saleh e le attiviste della resistenza popolare.

 

Puoi darci aggiornamenti sulle condizioni dei prigionieri ?

Fino ad ora abbiamo 610 prigionieri, di cui 170 bambini e 13 donne. Tutti loro avranno un’udienza la prossima settimana.

 

Come sono state le prime udienze? Ci sono speranze che siano liberate presto?

Forse rilasceranno Noor con una cauzione di 1500 dollari.

 

Mahmoud is a palestinian activists from PSCC

Mahmoud Zahware è un attivista palestinese del Popular Struggle Coordination Committee