MONDO

«Il genocidio a Gaza è un crimine collettivo»: il nuovo report di Albanese accusa l’Occidente

A sostenere l’impunità di Israele non è soltanto il profitto delle aziende, ma anche il sostegno degli Stati terzi. «Il mondo si trova ora sul filo del rasoio tra il crollo dello Stato di diritto internazionale e la speranza di un rinnovamento», scrive la Relatrice speciale ONU

Non solo armi e profitti. Il 20 ottobre è stato pubblicato il nuovo rapporto di Francesca Albanese, con accuse senza precedenti: il genocidio è «un crimine collettivo», il risultato di una catena transnazionale di complicità militari ed economiche come già denunciato a giugno , ma anche diplomatiche e di gestione umanitaria. Più incisivo del report del 30 giugno, il nuovo studio è stato presentato a Pretoria, dove Albanese ha tenuto la “Nelson Mandela Lecture”, in concomitanza con l’anniversario della causa per genocidio intentata dal Sudafrica. Dal marzo 2025, si scrive, in quattro mesi sono stati distrutti 23 siti UNRWA e nel corso dell’assedio totale, e la carestia che ne è conseguita, sono stati uccisi 2.100 civili disarmati e ferite centinaia di migliaia di persone ai punti distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), epicentro logistico controllato da militari e mercenari statunitensi. Solo dopo il cosiddetto “piano di pace” di Trump, la GHF è stata dismessa.

A essere documentato ora, il sostegno ai crimini israeliani attraverso inadempienze diplomatiche, armi, finanziamenti, e gestioni umanitarie manipolate quattro livelli di corresponsabilità di cui il documento offre un’analisi capillare, sostenuta da un ampio apparato di fonti (tra cui figura anche una recente inchiesta del “Manifesto” sui porti di Ravenna).

Un quadro di complicità che, secondo la Relatrice, non rappresenta un’eccezione, ma la logica conseguenza del double standard di una politica internazionale selettiva e «colonialista».

A partire dalla totale inazione internazionale di fronte al blocco della Global Sumud Flotilla, il rapporto documenta un uso strategico e «perverso» dell’assistenza umanitaria. La Gaza Humanitarian Foundation, fondata nel dicembre 2023 con fondi statunitensi, avrebbe trasformato la distribuzione degli aiuti in uno strumento di sfollamento forzato verso l’Egitto, anticipando il progetto di pulizia etnica Gaza Riviera, mentre Belgio, Canada, Danimarca, Giordania e Regno Unito hanno continuato a paracadutare aiuti costosi, «insufficienti e pericolosi», col solo effetto di alimentare illusioni sulla capacità di fornire assistenza reale.

Sul piano militare e logistico, il rapporto sottolinea come Israele importi armi più del doppio della media OCSE e oltre quattro volte gli Stati Uniti.

Porti e aeroporti in Belgio, Francia, Italia (citati i casi di Genova e di Ravenna), Olanda, Grecia, Irlanda e Stati Uniti, ma anche in Marocco, Emirati Arabi Uniti e Turchia, hanno facilitato il transito di F-35, carburante, olio, armi e materiali essenziali.

La condotta del gas EMG nel Mediterraneo orientale, inoltre, viola i diritti sovrani palestinesi, mentre l’Egitto ha recentemente firmato un accordo da 35 miliardi di dollari per forniture di gas israeliano, nel pieno della carestia a Gaza.

L’ultimo paragrafo è dedicato alla complicità economica globale. Israele sopravvive e prospera grazie a un sistema di interdipendenza finanziaria internazionale: nel 2024 il commercio in beni e servizi ha rappresentato il 54% del PIL, con l’Unione Europea a coprire da sola quasi un terzo del totale. Gran parte delle importazioni è di uso strategico, spesso a dual use: nel 2024 rappresentavano il 31% degli acquisti dall’UE, destinati a impieghi sia civili che militare. Le esportazioni israeliane, pari a 474 miliardi di dollari tra il 2022 e il 2024, hanno alimentato le casse dello Stato e l’industria militare, con i circuiti integrati come prima voce di export, destinati a droni, munizioni guidate, sistemi antimissile e altre tecnologie militari. Israele beneficia inoltre di almeno 45 accordi di cooperazione economica, inclusi UE, USA ed Emirati Arabi Uniti, che eludono le normali barriere tariffarie e non tariffarie per beni a dual use e militari, legittimando implicitamente le attività dei coloni illegali e l’annessione di terre palestinesi.

Dal lato europeo, la Commissione Europea ha stanziato 2,1 miliardi di euro dal 2014 a entità israeliane in ricerca, tecnologia e innovazione, mentre lo European Innovation Council (EIC, programma Horizon) ha finanziato 34 aziende israeliane con 550 milioni di euro in equity e blended finance dal 2021.

La Banca Europea per gli Investimenti ha concesso prestiti per 2,7 miliardi di euro, incluso un finanziamento di 760 milioni alla Bank Leumi, nota per il suo coinvolgimento nell’occupazione dei territori palestinesi.

«Incorniciata da narrazioni coloniali che disumanizzano i palestinesi, questa atrocità trasmessa in diretta streaming è stata facilitata […] dal sostegno degli Stati terzi», scrive Albanese, denunciando come la retorica mediatica degli “scudi umani” e il più ampio assedio di Gaza «come una battaglia di civiltà contro la barbarie ha riprodotto le distorsioni israeliane del diritto internazionale e i tropi coloniali». Questo tipo di narrazioni giustificative, aggiunge, si sono estese alla sfera culturale e sportiva: la partecipazione israeliana alle Olimpiadi, alle qualificazioni FIFA e FIBA, alla Coppa Davis, all’Eurovision e alla Biennale di Venezia è proseguita senza condizionamenti, nonostante le gravi violazioni documentate del diritto internazionale.

Il rapporto si chiude auspicando misure concrete: sospensione di tutte le relazioni militari, commerciali e diplomatiche con Israele, indagini contro responsabili di genocidio e di crimini contro l’umanità, cooperazione con la Corte Penale Internazionale e la Corte Internazionale di Giustizia.

«Sindacati, società civile e cittadini sono invitati a monitorare e fare pressione fino alla fine dell’occupazione e dei crimini correlati».

La foto di copertina è presa dall’account Instagram di Francesca Albanese


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