ITALIA

A Roma come a Milano, gli sfratti uccidono
Il numero degli sfratti è in continuo aumento e per chi viene cacciato di casa non ci sono soluzioni alternative. Sono persone, uomini e donne, famiglie con bambinə, persone anziane, che hanno un nome, una storia, una vita fatta di difficoltà, di emarginazione e, perdendo la casa, sentono di perdere tutto
«Non ce la faccio più» – ha scritto Letterio Buonomo in un biglietto e si è buttato dal balcone. È successo a Sesto San Giovanni, hinterland nord di Milano, la mattina di mercoledì 8 ottobre, quando si era presentato, per l’ennesima volta, l’ufficiale giudiziario per effettuare lo sfratto per morosità. Uno sfratto esecutivo che gli imponeva di lasciare l’immobile e, se non lo avesse fatto, sarebbero intervenute le Forze dell’Ordine per l’esecuzione forzata. Erano presenti infatti pattuglie della polizia, oltre al proprietario di casa. L’uomo viveva solo, ma non era il solo a vivere questa condizione.
Il numero degli sfratti è in continuo aumento, anche perché le misure previste per aiutare le famiglie in difficoltà sono state soppresse nel 2023, quando il governo ha interrotto il finanziamento del contributo all’affitto e quello per morosità incolpevole. La conseguenza inevitabilmente per molte famiglie è la caduta nel girone infernale degli sfratti, degli sgomberi e dei pignoramenti.
Nel 2023 le richieste di esecuzione in tutta Italia sono state quasi 74mila, con ben 21.345 sfratti eseguiti. La Lombardia è la regione con il maggior numero di casi, seguita dal Lazio e Milano è tra le città più colpite insieme a Roma, Napoli e Torino. La causa è in massima parte la morosità incolpevole. Le richieste di esecuzione presentate dagli ufficiali giudiziari in Italia nel 2024 sono state 81.054 in aumento del 10% rispetto all’anno precedente. Le esecuzioni di sfratto con forza pubblica sono state 21.337 senza che si siano mai offerte soluzioni alternative a chi si trovava costretto a lasciare la propria casa.
È successo anche a Roma, dove a sfrattare due donne in condizione di fragilità è stata l’Ater nel quartiere del Quarticciolo.
Lì le case sono fatiscenti, quelle vuote non vengono assegnate e, come scrive il comitato “Quarticciolo ribelle”, «le palazzine che siamo riusciti a far ristrutturare con la lotta del comitato sono ferme, i fondi spariti. ATER si presenta solo per cacciare le persone e chiedere morosità arretrate che non potrebbe nemmeno richiedere».
Succede anche in Lombardia dove si contano 30mila case popolari vuote, di cui più di 17mila solo a Milano, appartamenti disabitati o in attesa di assegnazione. Il mercato privato non è accessibile per una larga fascia della popolazione. A Sesto San Giovanni il prezzo medio di un affitto nel 2024 era di 15 euro al metro quadro, quindi per affittare un alloggio di 50 metri quadri occorrevano 750 euro al mese. Ora il prezzo è aumentato.
Fin qui le statistiche, i numeri, le percentuali che danno il quadro di una situazione drammatica. Ma dietro i 21.337 sfratti eseguiti con la forza pubblica ci sono persone, uomini e donne, famiglie con bambinə, persone anziane, che hanno un nome, una storia, una vita fatta di difficoltà, di emarginazione e perdendo la casa sentono di perdere tutto.
Il “gesto estremo” come viene chiamato finisce sui giornali, la disperazione che uccide lentamente viene vissuta in solitudine, nell’indifferenza delle istituzioni.
La casa è importante, l’abitare dà forma a un pensiero, attraverso le attività quotidiane, i comportamenti comuni, le relazioni interpersonali e sociali. Abitare è l’essenza stessa dell’esistenza, è il radicamento della vita nella realtà quotidiana. Non è fatto solo di corpi, di spazi, di oggetti, ma anche e soprattutto di rapporti fra corpi, spazi e oggetti.
Abitare dunque significa vivere. Non avere una casa è sentirsi privato della possibilità di vivere. L’abitare, è la percezione che gli individui hanno del loro posto nel mondo, è il segno che lasciano nel loro espandersi nel territorio. Le famose tracce di cui parla Benjamin, i segni che si lasciano sulla superficie del terreno a ogni passo, i ricordi di cose avvenute, le sensazioni che non si dimenticano. Letterio Buonomo avrà capito che stava perdendo tutto questo e non ce l’ha fatta a sopportarlo.
La disponibilità di un alloggio dignitoso per chiunque costituisce una condizione fondamentale per garantire l’equità sociale. La casa però ha smarrito il suo significato ed è diventata una merce come le altre, un asset finanziario e ha perso il suo valore di bene d’uso che deve essere garantito a chiunque al di là della sua situazione economica e patrimoniale.
Da decenni ormai, è evidente come la questione abitativa non sia una “emergenza”, ma una crisi strutturale determinata da politiche che hanno trasformato la casa, e più in generale l’abitare dentro lo spazio urbano, in un bene di scambio sottoposto alle esigenze di profitto della rendita e alle fluttuazioni del mercato.
Intanto le e gli abitanti sono costretti a vivere sotto l’incubo della rata del mutuo o del canone di locazione. Mentre c’è chi vive della rendita prodotta appunto su investimenti immobiliari.
Logiche che rispondono al contesto globale e non hanno più riferimenti locali, così le nostre resteranno città con tante case e tante persone a cui la casa viene negata.
Copertina dal canale Youtube di DinamoPress
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