Medicina o medicamento?

A Casalbertone nasce Ambulanti, centro di orientamento sanitario per praticare il diritto alla salute nella città in crisi.

Una sperimentazione a cura di Ambulanti-medici e studenti di medicina in collaborazione con l’associazione Yo Migro. Dal 22 gennaio, il centro di orientamento sanitario sarà aperto su base settimanale presso lo Strike SpA di Casalbertone. Giovedì 17 gennaio l’incontro pubblico “La sanità al tempo della crisi”, per presentare il progetto e confrontarsi con le realtà che praticano il diritto alla salute nei territori e lottano in difesa della sanità pubblica.

L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute come «stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia». Questa viene considerata un diritto e come tale si pone alla base di tutti gli altri diritti fondamentali dell’individuo. Tale principio assegna agli Stati e alle loro strutture compiti che vanno ben al di là della semplice gestione di un sistema sanitario. Lo Stato dovrebbe farsi carico di cercare, individuare e rimuovere, tramite opportune alleanze, quei fattori che influiscono negativamente sulla salute collettiva, promuovendo al contempo quelli favorevoli, attraverso tecniche di prevenzione delle malattie e di protezione e promozione della salute.

Nonostante la nostra Costituzione, la legge 833/78 e la legge 317/01 sanciscano il principio di tutela della salute, negli ultimi anni ci troviamo sempre di più in un panorama politico, sociale e culturale caratterizzato da continui tagli e indebolimento delle risorse, dove non possono trovare spazio politiche di prevenzione e per il diritto alla salute e dove la concezione della salute stessa non è più quella di un bene inalienabile, obiettivo principe di una società matura ma è, al contrario, merce da cui trarre profitto. Assistiamo allo smantellamento delle strutture ospedaliere pubbliche e dei vari ambulatori, alla riduzione dei servizi socio sanitari (vedi i consultori, a causa della legge Tarzia), dove il servizio pubblico si trasforma in un’azienda dedita a far quadrare i conti rispondendo solo a logiche gestionali, ai profitti di pochi o a false ideologie, più che ai reali bisogni dei cittadini. Questa trasformazione è altresì evidente già ora nello stesso servizio pubblico, sempre più condizionato (dalla nascita delle ASL in poi) dalle logiche sopracitate, e nella modalità diffusissima nel Lazio delle strutture convenzionate. Tutto questo tende sempre più a trasformare la salute in un bene raro, elitario, ormai sempre più inaccessibile per i soggetti sociali più deboli e per le esistenze precarie che popolano l’Italia della crisi.

Ancor più drammatica appare la condizione dei migranti o dei senza fissa dimora, sia stranieri che italiani, spesso privi di residenza, perché senza lavoro, senza casa e dunque senza diritti. Per la legge italiana il diritto alla salute è garantito anche ai cittadini stranieri (articolo 35 del DL 286/98), tramite l’utilizzo del codice ENI (Europeo Non Iscritto) per chi fa parte della Comunità Europea e del codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) rilasciato ai cittadini extracomunitari. Ma nella pratica il rilascio e la gestione del codice, e quindi, in senso più largo, del diritto alla salute e dell’accesso alle cure, varia da struttura a struttura: il migrante si trova a confrontarsi con strutture che rispettano questo servizio, ed altre dove viene negato attraverso un coacervo inestricabile di burocrazie e impedimenti, impedendo di fatto la possibilità di usufruire dell’assistenza sanitaria che spetta di diritto. Inoltre la condizione di estrema precarietà economica dei migranti, e ad oggi di fasce sempre più estese della popolazione, rende difficile il pagamento dei ticket, sempre più onerosi, e obbliga a sottostare a sempre più lunghi tempi di attesa.

Stiamo assistendo alla negazione di quello che dovrebbe essere un diritto “inalienabile” e che paradossalmente diventa qualcosa da dover rivendicare. La salute è una risorsa importante, non solo per i singoli, ma anche per la collettività intera e va raggiunta e mantenuta quotidianamente, rappresentando un indice del progresso e della civiltà di un paese.

In un contesto sempre più mirato ad un impoverimento sociale, culturale e personale, ci domandiamo come può essere esercitato il ruolo della medicina, ruolo rivolto al miglioramento della salute, senza che la medicina venga trasformata e ridotta a strumento di esclusione, contenimento e controllo. È in questo contesto che si apre dunque l’esperienza di questo spazio sanitario che si propone di praticare nella concretezza il diritto alla salute, nella sua naturale declinazione universale, inclusiva, comune.

«Articolo 3 del Codice deontologico: Dovere della medicina è: tutelare la vita, la salute psicofisica e sollevare dalla sofferenza. Articolo 4: L’esercizio della medicina è fondato sulla Libertà e Indipendenza della professione. Articolo 15: I trattamenti che comportano la riduzione della resistenza psicofisica del malato sono permessi se tendono a procurare un beneficio o ad alleviare le sofferenze, previo consenso informato. Articolo 17: Il rapporto del medico con il paziente deve essere improntato ai diritti fondamentali della persona. Questi doveri non mutano con il mutare del quadro istituzionale».

Oggi la professione medica, sotto l’effetto dei tagli e delle logiche di potere cui è sottoposta, trova numerose limitazioni alla propria libertà e indipendenza.

Ambulanti, Centro di orientamento sanitario. Una sperimentazione a cura di Ambulanti-medici e studenti di medicina in collaborazione con Yo Migro-Orgoglio Meticcio.

Dal 22 gennaio aperto ogni martedì, h. 19:00-21:00, presso lo Spazio pubblico Autogestito Strike (Via Umberto Partini 21, Casalbertone). Giovedì 17 gennaio, alle h.20:00, “La sanità al tempo della crisi”, incontro pubblico di presentazione del progetto.

Si ringrazia Medici per i Diritti Umani per il prezioso sostegno nella fase di preparazione e formazione.