PRECARIETÀ

Jobs Act: da precari e studenti nessuna fiducia

Mentre a Milano studenti, precari, sindacati contestano il vertice Ue sul lavoro, in Senato si pone la fiducia sul Jobs Act. E’ tempo di osare e organizzarsi, è tempo di scioperare.

E alla fine è stato voto di fiducia. Non poteva essere altrimenti, Renzi deve presentare l’approvazione del Jobs Act, almeno in una delle due camere, al vertice europeo sul lavoro in svolgimento a Milano. Al Disegno di legge delega approvato dalla Commissione Lavoro del Senato, quella presieduta da Sacconi, il più feroce avversario (assieme a Treu) dei precari e dei giovani che questo paese abbia conosciuto, si aggiunge il maxi-emendamento scritto da Poletti.

Piccole aggiunte, ma la sostanza non cambia: una delega quasi vuota, soprattutto per quel che riguarda la definitiva eliminazione dell’articolo 18, che saranno i decreti attuativi (del Governo) a riempire nei prossimi mesi. Rimane invariato l’impianto generale: far fuori lo Statuto dei lavoratori per riformare contrattazione e ammortizzatori sociali. Nel primo caso, si parla della piena affermazione della contrattazione decentrata o aziendale, utile a disattivare il contratto nazionale. Nel secondo, di un pasticciato allargamento dell’Aspi, includendo anche collaboratori a progetto e partite Iva a mono-committenza, con 1,5 miliardi di euro: praticamente briciole, una presa per i fondelli.

Si distrugge il vecchio per aggravare la crisi e ridurre ulteriormente salari e diritti. Il Jobs Act, infatti, va letto (e compreso) insieme alla Legge Poletti. Alla massima flessibilità in entrata (contratto a tempo determinato acausale, senza più alcun vincolo/limite), massima flessibilità in uscita (eliminazione dell’articolo 18) per i pochissimi che conquisteranno un contratto a tempo indeterminato. Ad accompagnare tutto questo, un contratto di apprendistato senza contenuto formativo e una riforma degli ammortizzatori sociali senza risorse.

Opporsi al Jobs Act vuol dire opporsi alla logica neoliberale che informa il governo Renzi e che ha un obiettivo chiarissimo: comprimere i salari al minimo, fino al free job o al lavoro neo-servile. L’urgenza dello sciopero sociale, come dimostrano le mobilitazioni di Napoli dello scorso 2 ottobre e quelle di Milano di quest’oggi, cresce nella società, tra i giovani, gli studenti, i precari. Verso il 14 novembre, è necessario però far crescere i Laboratori, connettere le lotte, consolidare una nuova narrazione a partire dalle manifestazioni studentesche e del mondo della formazione del 10 ottobre, passando poi per la mobilitazione milanese contro l’Expo e lo sciopero generale della logistica del 16 ottobre.

Stanno vincendo (forse) al Senato, ma non ancora alla Camera e di certo non hanno vinto nella società. È il tempo di osare.