MONDO

Il Messico intero grida “Ayotzinapa somos todos!”

Ad un mese dai fatti di Iguala, con l’assassinio di 3 studenti e 43 desaparecidos, dal Chiapas allo Zocal di Città del Messico non si fermano le mobilitazioni per chiedere giustizia.

E’ trascorso un mese dai tragici fatti di Iguala, in Guerrero, quando 3 studenti della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa sono stati uccisi dalla polizia locale e altri 43 sono scomparsi.

Passato lo shock iniziale, in tutto il paese i fatti hanno sollevato una ondata di indignazione e rabbia che ha portato ad una eccezionale mobilitazione permanente.

Decine di università sono state occupate per giorni, inclusa la storica UNAM di Città del Messico, e vi sono state svariate manifestazioni e cortei, tra cui uno enorme il 22 ottobre, che ha visto riempirsi lo Zòcalo di Città del Messico come non accadeva da anni, con migliaia di persone che hanno scritto per terra un enorme “E’ stato lo Stato”.

A San Cristobal de las Casas, l’8 ottobre sono scesi dalle montagne trentamila zapatisti per una imponente marcia silenziosa in solidarietà con gli studenti di Ayotzinapa, con cartelli che recitavano “il vostro dolore e la vostra rabbia sono la nostra!”

<>Molte altre iniziative si stanno moltiplicando in Messico e all’estero. E’ stato aperto un sito internet per raccontare le storie dei ragazzi scomparsi ayotzinapasomostodos.com, e si è costituita una commissione della società civile per esigere la ricerca dei ragazzi desaparecidos, formata da tutti i più conosciuti intellettuali e difensori di diritti umani del paese (Adolfo Gilly, Abel Barrera, Miguel Alvarez, Magda Gomez e molti altri…). Desinformemonos e il Centro per la difesa dei diritti umani Tlachinollan hanno lanciato la campagna “Comparte tus fotos #Ayotzinapasomostodos”, che invita chiunque nel mondo a fare fotografie con cartelli in solidarietà ai giovani. Queste foto, da spedire a ayotzinapafotos@gmail.com, verranno stampate e consegnate ai familiari dei giovani scomparsi.

Sul fronte politico è stato appena cambiato il governatore dello stato del Guerrero, probabilmente sotto pressione internazionale, per ripulire la facciata democratica del paese.

Sono stati arrestati molti dei poliziotti coinvolti, anche se sembra difficile risalire ai mandanti ultimi, con ogni probabilità personaggi delle più alte cariche dello stato. Dalle testimonianze dei sopravvissuti, è emerso, ad esempio, che alcuni soldati di una vicina caserma assistettero alla carneficina da vicino. Tra i principali responsabili individuati con certezza vi sono il sindaco di Iguala e sua moglie che è sorella di due capi di un cartello di paramilitari/narcotrafficanti della zona (Guerreros Unidos). Sembra infatti che una volta arrestati i giovani, i poliziotti li abbiano consegnati a questo cartello, che forse ha partecipato congiuntamente anche all’agguato. Sindaco, moglie e segretario municipale di Iguala sono entrambi fuggiti, senza dubbio con adeguate coperture e protezioni, e di loro al momento non c’è traccia.

Sul fronte della ricerca dei giovani, dalle prime ricostruzioni di un gruppo di investigazione forense argentino, giunto appositamente sul posto, sembra che i corpi bruciati ritrovati nelle 9 fosse comuni non siano quelli dei 43 giovani scomparsi.

Nel frattempo la gente in Guerrero non si arrende, e continua organizzare un numero impressionante di azioni, (blocchi di strade, occupazione di edifici pubblici, cortei) chiedendo la restituzione in vita degli studenti.

Sono in molti a dire poi che i fatti di Iguala hanno rivelato una realtà quotidiana in tante zone del Messico. Con numeri minori, tali da non dare troppo nell’occhio, la “scomparsa forzata” di persone è una pratica estremamente diffusa in tutto il paese. Dal 2007 quando si è insediato il presidente Calderòn, famoso per la sua retorica della lotta al narcotraffico, sono scomparsi più di ventiduemila persone in tutto il paese e il numero sta crescendo anche sotto l’attuale Enrique Peña Nieto.

La compenetrazione tra crimine organizzato e apparati dello stato è ormai completa ed ogni teoria relativa a presunte mele marce e ad una presunta “lotta al crimine” da parte dello stato è fasulla e non più sostenibile. In tale contesto, vengono schiacciati nel sangue i tentativi dei movimenti di criticare i governi, come facevano gli studenti di Ayotzinapa, ed è duramente perseguito chiunque si opponga alle politiche devastanti quali la costruzione di grandi opere e lo sfruttamento energetico e di risorse. In decine di luoghi infatti, in tutta la federazione messicana, sono attive micro o macroresistenze ambientali e sociali contro dighe, centrali energetiche, miniere, autostrade, pozzi estrattivi, ora pure il fracking, che subiscono una dura repressione grazie al braccio armato dello stato e al parastato – il crimine organizzato, che lavorano in perfetta sinergia.

Tra le varie forme di repressione di questi movimenti sociali, la “scomparsa” di attivisti o anche di semplici cittadini è di solito uno degli strumenti più efficaci perché semina il panico e inibisce la mobilitazione, anche se ora, per fortuna, con Ayotzinapa il paese intero sta reagendo.

All’opinione pubblica internazionale si narra che quanto accade sia violenza legata al narcotraffico oppure lotta al narcotraffico da parte dell’esercito mentre siamo di fronte ad una spietata strategia “colombiana” di terrorismo di Stato.