Il costruttore Mezzaroma va dove lo porta la rendita

Una storia di ordinaria “rendita” il gruppo Mezzaroma lascia fossili edilizi in città mentre costruisce l’ennesimo mastodontico centro commerciale. E’ la discontinuità di cui parla Marino?

Anche se stretta dalla possente infrastruttura rappresentata dalla via Olimpica che dopo averla “fatta a fette” l’abbandona ripiegando su se stessa, la grande Villa Pamphili finisce solo per la toponomastica. Basta solo affacciarsi verso ovest ed eccoci nella Riserva naturale della Valle dei Casali, un lungo cuneo verde che “discende” verso la depressione della via Portuense, la strada che i Romani disegnarono parallela al Tevere verso il mare.

Una riserva naturale in questi anni “offesa” dall’ossequioso riguardo della giunta regionale presieduta da Badaloni ( do you remember?) verso il Vaticano. E’ stata realizzata infatti una chiesa in piena area verde accompagnata dal cedimento rutelliano al Giubileo che, sempre rigidamente nei confini della riserva, cedette alla costruzione di un indispensabile (sic) albergo che, ma questo è un dettaglio, a tredici anni di distanza da quell’evento ancora non è in funzione.

L’amministrazione regionale è cambiata più volte e lo stesso vale per la Provincia che, sempre vicino all’albergo, è per ora soccombente in un processo di “usucapione” che sottrae ancora ettari verdi alla zona. Per non essere da meno ci si è messo pure Alemanno che prima di togliere il disturbo è riuscito a far deliberare la realizzazione di una strada per poter raggiungere l’albergo, tracciata secondo un progetto invasivo dal punto di vista ambientale, pesantissimo per quel che riguarda il peso di traffico. Basta? Non basta perché c’è dell’altro, e tanto.

Da anni su via Bravetta, la strada che nella periferia ovest di Roma borda proprio quella Riserva naturale, a pochi metri dall’albergo, si affacciano cinque fossili edilizi. Scheletri di cemento armato, pilastri e solai in continuo deterioramento, sembrano edifici non ancora ultimati. Come se ne vedono tanti percorrendo la periferia romana. Il tanto costruito “infinito” che affianca l’altrettanto corposo “invenduto”. La storia, qui a Bravetta, è un’altra: quegli edifici erano stati ultimati, con le pareti, gli infissi, le tende e le parabole sui balconi. Per anni sono stati abitati.

Il Residence Roma, questo il nome della struttura edilizia di 90.000 metri cubi, viene realizzato alla fine degli anni 70 dal gruppo Mezzaroma (allora ancora composto dal nucleo originario dei tre fratelli), per essere affittato all’Alitalia per il proprio personale di volo, data la vicinanza con l’aeroporto di Fiumicino. Ma piloti ed hostess non si sono mai visti così diventa, al contrario, dal 1982 una struttura per l’accoglienza temporanea di cittadini disagiati in attesa di una casa popolare. La proprietà non è più però del gruppo Mezzaroma, perché il complesso immobiliare è stato venduto all’Empam, Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici, che l’ha affittato alla società C.e.i.m. s.r.l., la cui ragione sociale è la Compravendita Di Beni Immobili Effettuata Su Beni Propri, sempre del gruppo Mezzaroma ed è la Ceim ad affittare al Comune di Roma gli alloggi.

Dunque Mezzaroma costruisce, poi vende ad un Ente che a sua volta lo riaffitta sempre a Mezzaroma che dovrà metterlo a reddito. Mezzaroma bussa così alle porte del Campidoglio.

La permanenza “temporanea” si protrae a lungo, solo a metà degli anni 90 alcuni degli inquilini di via di Bravetta si vedono, molto gradualmente, assegnare una casa, tuttavia il Residence non si svuota poiché Mezzaroma riaffitta, sempre attraverso la Ceim, gli appartamenti che si rendono liberi agli immigrati. Nel giro di pochi anni, il luogo diventa sovraccarico. Centinaia di monolocali abitati da migliaia di persone che pagano affitti altissimi per quegli spazi angusti.

Il Comune di Roma sosteneva in quegli anni costi molto alti per l’assistenza alloggiativa. In totale 20 miliardi di lire l’anno, di cui circa la metà solo alla Ceim dei Mezzaroma. Con una delibera comunale del 1999 si stabiliva l’affidamento alla Ceim, fino al 2001, del servizio di assistenza alloggiativa nel Residence, nonostante la stessa avesse perso la gara d’appalto per eccessiva onerosità. Le motivazioni che giustificavano il rinnovo del contratto “eccessivamente oneroso” venivano trovate nell’impossibilità di estromettere i nuclei familiari e nella indisponibilità di strutture alternative. L’indennità di occupazione si protrarrà, alle precedenti condizioni, fino al 2006.

Appare strano che in tutti quegli anni non si sia mai preso in considerazione di realizzare, con gli stessi soldi spesi per gli affitti dei residence, nuove case per le famiglie in assistenza alloggiativa, si sarebbe raggiunto il doppio risultato di aumentare il patrimonio immobiliare pubblico e non far precipitare nelle tasche dei proprietari dei residence una montagna di denaro.

Negli anni l’enorme caseggiato è stato lasciato a sé stesso: senza un minimo di ordinaria manutenzione, rendendo così la vita per tutti gli abitanti molto difficile. Spesso sono stati privati persino dell’acqua calda e dell’energia elettrica. La numerosa comunità senegalese, che lì viveva, è stata fatta segno di episodi di razzismo, colpita anche da due tentativi di assassinio: l’accoltellamento a freddo di un ragazzo e il ferimento grave di altri due uomini a seguito di un rogo appiccato da sconosciuti nel cuore della notte nel caseggiato.

Nel 2006, a seguito delle proteste dei cittadini del quartiere, che lamentano il degrado della struttura e agli episodi di cronaca che l’hanno interessata, si procede allo sgombero delle palazzine che si conclude nell’agosto del 2007, contestualmente alla definizione di un accordo di programma per la riqualificazione dell’intero complesso. Subito dopo lo sgombero gli edifici sono stati demoliti lasciando in piedi il solo telaio strutturale e i collegamenti verticali, onde evitare possibili nuove occupazioni. Secondo la delibera comunale n.47/2007, previa sottoscrizione di un accordo di programma per l’approvazione di un progetto di variazione di destinazione d’uso dell’intero complesso, al loro posto sarebbe dovuto sorgere un quartiere con edilizia residenziale, scuole, asili nido, servizi e un parco pubblico. Mentre le ruspe rimuovevano le macerie, iniziavano i lavori per la riapertura del supermercato che, dopo pochi mesi, ricominciava a produrre rendita, così come la batteria di antenne telefoniche che, ancora, svettano sul solaio di copertura. Se per le case era necessario “ trovare” richieste, per drenare “denaro” immediato era tutto a portata di mano.

Che cosa sarebbe dovuto accadere?

Sul sito della società Pietro Mezzaroma e figli si legge ancora oggi: Un progetto finalizzato alla riqualificazione delle strutture edilizie dell’ex “Residence Roma”, attualmente dismesso, localizzato su via di Bravetta. Il recupero e la valorizzazione dell’area sono i principali obiettivi che l’Impresa Pietro Mezzaroma e Figli si prefigge di raggiungere. Lo scopo è quello di restituire un’opera di moderna concezione, progettata per soddisfare tutti i requisiti in materia di edilizia sostenibile e risparmio energetico. Le superfici destinate a servizi saranno utilizzate per la realizzazione di strutture a carattere prettamente pubblico come asilo nido, scuola materna, biblioteca, palestra e centro anziani.

Il consiglio municipale, a ridosso degli ultimi sgomberi, votava un ordine del giorno che impegnava il Presidente e la Giunta del Municipio a dare “avvio a tutte le forme di consultazione e partecipazione da parte dei cittadini, in forma singola o aggregata, circa la progettazione della riqualificazione dell’intero quartiere di Bravetta”.

Nulla di tutto questo è avvenuto, e a ricordarlo sono quei fossili, che stanno lì a segnalare come le nostre città possano diventare rovine invivibili se è la rendita a chiederlo.

Cosa intende fare la nuova amministrazione Marino? Per ora conosciamo solo quello che il gruppo Mezzaroma sta facendo: l’ennesimo immenso centro commerciale lungo via Appia. Dove un tempo c’era il deposito dei tram, ora, svettano altissime gru a indicare che il percorso della rendita non si arresta.