EUROPA

Dalle Mareas un nuovo sindacalismo?

In Spagna si apre la discussione: dal movimento delle Mareas possono nascere nuove forme sindacali?

Lo scorso mese di settembre il movimento della Marea Verde in difesa della scuola pubblica ha compiuto un anno. E a distanza di un anno possiamo affermare che quello delle Mareas non è un fenomeno isolato, ma costituisce una nuova realtà organizzativa. Vogliamo provare a individuare alcune delle sue caratteristiche per rispondere alla domanda iniziale: le mareas prefigurano un nuovo sindacalismo?

Dalla difesa del pubblico alle comunità

La differenza fondamentale del movimento delle Mareas rispetto al sindacalismo tradizionale è che queste non concepiscono più la difesa dei servizi pubblici come un conflitto corporativo legato esclusivamente alle rivendicazioni salariali delle lavoratrici e dei lavoratori. Il successo delle mobilitazioni della Marea Verde e della Marea Blanca contro i tagli economici è dovuto al fatto che sono state capaci di coinvolgere nelle loro lotte tutta la società. Se si fa appello alla comunità come difesa fondamentale dei servizi pubblici, si introduce l’idea che la salute e l’educazione sono questioni comuni che devono necessariamente essere difese da tutti. Se è la società nella sua interezza che sente come suo un problema, ecco che si comincia a rompere la barriera tra chi usufruisce di un servizio e il personale che ci lavora. Si stabilisce l’idea fondamentale che centri di salute, scuole e ospedali sono spazi di tutti e per tutti. E si supera così l’idea che un servizio pubblico sia di esclusiva competenza dell’amministrazione pubblica.
Negli ultimi anni la retorica neocon ha attaccato i dipendenti pubblici accusandoli di esser dei privilegiati rispetto agli altri, di godere di condizioni di lavoro particolarmente vantaggiose, «pagate da tutti». Le Mareas hanno dimostrato però che non lottano solo per difendere degli interessi specifici e inoltre hanno reso evidente quanto sia avanzata la precarietà anche nell’impiego pubblico (lavoro interinale, subappalti, esternalizzazioni). I liberal-conservatori accusavano inoltre gli impiegati pubblici di essere dei «fannulloni», di «non fare niente», di essere dei «mangia pane a tradimento». Le Mareas hanno dimostrato che molti dipendenti pubblici tengono davvero e molto al loro lavoro e che sono disposti a rinunciare al salario (con gli scioperi) e al prestigio (dimettendosi da incarichi di responsabilità), per difendere il servizio che offrono.
Questa è un’apertura piena inoltre di relazioni, di complicità e intese costanti tra comunità e lavoratori che riproducono un legame sociale, un vincolo che favorisce l’appoggio alle lotte e che trasforma ogni persona in un co-partecipante alle mobilitazioni.

Sciopero serrato, occupazione della città e comunicazione
Nelle ultime settimane abbiamo visto intensificarsi la campagna per «regolarizzare il diritto di sciopero», e questo perché le Mareas hanno messo al centro l’idea dello sciopero serrato come uno dei meccanismi essenziali del conflitto.
Ovviamente per bloccare le dinamiche di riproduzione di un servizio pubblico è necessario interromperlo in maniera più o meno costante. Se nel caso della Marea Verde questo è stato inizialmente motivo di un acceso dibattito (sciopero a oltranza o sciopero momentaneo), nel caso della Marea Blanca lo sciopero a oltranza ha rappresentato la pratica abituale, e questa è riuscita a sostenersi puntando su due elementi che possono essere fondamentali per capirne il successo: un sistema di rotazione che distribuisce i costi economici degli scioperi e un’attenzione scrupolosa nell’assicurare la copertura dei servizi di assistenza sanitaria per quelle situazioni e persone che più ne hanno bisogno.
Questo sciopero a oltranza non si limita a interrompere il servizio, ma pone tutta una serie di questioni che riguardano la democrazia, la governabilità e il controllo dello spazio urbano e che puntano a imporsi nelle vertenze aperte con l’amministrazione pubblica.
Le Mareas occupano la città con grandi mobilitazioni di massa che bloccano il traffico e catturano l’attenzione dei mezzi di comunicazione mettendo in evidenza l’ingovernabilità della situazione. Si tratta di produrre disordine, di mostrare un’anomalia. Lo sciopero è accompagnato da serrate, azioni di disobbedienza civile e pressione sulle istituzioni che si esercita circondando l’Assemblea di Madrid (ossia il Parlamento autonomo), i palazzi del governo ecc.
Tutto questo lo si è costruito con una potenza comunicativa indipendente, capace di arrivare a un pubblico molto ampio attraverso i social network, ma utilizzando anche e in maniera diffusa strumenti più tradizionali come cartelli, striscioni, adesivi, magliette ecc. Quanto ai social network il loro utilizzo è particolarmente importante nel caso della Marea Blanca, dove non esiste un account ufficiale della Marea, ma ce ne sono tanti aperti nei diversi luoghi di conflitto, e l’idea stessa della Marea è un logo libero, comune, che può essere partecipato da tutti. Inoltre la strategia comunicativa per tutte e due le Mareas ha potuto contare su un’ampia produzione di sapere teorico-tecnico per poter controbattere punto per punto tutti gli argomenti utilizzati dalla Comunità autonoma di Madrid per giustificare i tagli.

Paradosso sindacale e democrazia organizzativa
È bene sottolineare il paradosso che si produce: più forti sono le strutture sindacali tradizionali nei servizi pubblici, più è difficile che trovino spazio le dinamiche innovative delle Mareas. Così la Marea Blanca che a priori (nonostante la presenza degli ordini professionali e dei sindacati corporativi) dovrebbe avere una forza sindacale minore rispetto a quella del settore dell’educazione pubblica, è invece in grado di produrre una dinamica conflittuale più importante.
Invece i servizi pubblici di trasporto e comunicazione che contano con livelli più alti di sindacalizzazione, trovano maggiori difficoltà a sviluppare questo tipo di pratiche e a produrre quella alleanza «lavoratori-utenti» che è la vera chiave di volta per lo sviluppo del conflitto. Nell’ultimo sciopero della Metro a Madrid abbiamo potuto vedere queste differenze: anche se le reti sociali hanno attivato i dispositivi e gli affetti di mutuo riconoscimento, comunque lo sciopero non si è configurato come Marea. Nei corridoi della metropolitana non ci sono cartelli scritti a mano che ci spiegano il conflitto, non c’è l’invito a una mobilitazione creativa, del tipo Yo no pago, per aumentare la partecipazione delle persone alla lotta e coinvolgerle in prima persona nel conflitto. Nei vagoni o alle uscite della metro non c’è il personale a spiegarti che stanno lottando per difendere un servizio pubblico e non solo per difendere un loro interesse corporativo. Qualcosa di simile accade anche con le lotte contro i tagli e i licenziamenti a Telemadrid (televisione pubblica della Comunità Autonoma di Madrid), dove molte sono le difficoltà a rendere comune una televisione che è stata la punta di diamante della manipolazione informativa (con l’opposizione, questo bisogna sottolinearlo, dei lavoratori e delle lavoratrici).
La Marea Verde chiaramente è stata attraversata fin dall’inizio dal conflitto che si è prodotto tra le istituzioni politiche tradizionali e le nuove forme di espressione politica sorte a partire dal 15M. Organizzata in maniera assembleare, nel quadro delle mobilitazione esplose con il 15M, tra precari, impiegati e quindi una parte del mondo della scuola, ha dovuto fare i conti con i sindacati maggioritari che se da un lato si mantenevano su posizioni di ascolto e favorivano la costituzione di spazi d’incontro, allo stesso tempo avrebbero voluto porsi alla testa del movimento ed essere gli interlocutori privilegiati rispetto alla Comunità autonoma di Madrid, anche se questa gli ignorava sistematicamente. I sindacati concertativi, che guardavano alla Marea con interesse, per la sua potenza, e con sospetto, perché questa potenza poteva mettere in crisi la loro egemonia, hanno cercato di limitare la portata delle mobilitazioni per timore di una sconfitta che gli avrebbe potuti far arretrare ulteriormente.

Possiamo sognare?
Proviamo a pensare a uno sviluppo di queste dinamiche delle Mareas come istituzioni socio-sindacali di nuova generazione. Si potrebbe pensare a strutture sindacali nelle quali l’insieme di quelli che non lavorano in un servizio pubblico ma ne usufruiscono abbiano diritto di parola e di voto? È possibile democratizzare le organizzazioni sindacali per metterle al servizio di una dinamica comunitaria? Che tipo di rivendicazioni si potrebbero produrre? Potremmo pensare a un nuovo sindacalismo che non sia più limitato solo alla difesa delle condizioni di vita dei lavoratori, ma impegnato anche nella difesa e nello sviluppo dei servizi pubblici? E in questo contesto che potere potrebbe avere la società? La proposta delle Mareas può essere estesa a settori che non siano quelli dell’impiego pubblico? Il sindacalismo, così come lo abbiamo conosciuto fino a oggi, può continuare a sopravvivere se non fa proprie queste posizioni?

Tratto da Madrilonia, ¿Son las Mareas un nuevo Sindicalismo?, 10/1/2013. Vai al testo originale
Traduzione italiana a cura di Uninomade.org