ROMA

Ciò che è comune non si cancella

Azione di re-commoning a Porta Maggiore. Ripristinata la scritta impressa sulle mura durante il corteo del 13 dicembre 2014, subito dopo Mafia Capitale, per denunciare le collusioni tra pubblico e privato.

In questi giorni è tutto un cancellare. Da nord a sud le città, i loro stessi muri, tornano ad essere terreno di contesa tra opposte visioni del mondo e dello stare assieme. Se a Bologna Blu distrugge le sue opere in protesta con i tentativi di appropriazione della loro natura comune, denunciando con una mano di grigio il grigiore di amministratori ed affaristi rapaci, a Roma sembra di assistere alla versione capovolta e tragicomica di quel gesto potente e visionario. Sabato mattina dei volontari in pettorina, armati di spugnetta e rastrelli, danno luogo alla fiera del decoro e del rancore urbano che porta il nome di Retake Roma. Sponsorizzati, tra gli altri, dalla LUISS (l’università di confindustria, da tempo attenta ai nuovi modi di sfruttare a fini privatistici le iniziative che nascono dalla società), se ne sono andati in giro con gli addetti di AMA a pulire e rassettare. Gratis, come impone il mantra del lavoro gratuito in tempi di tagli ai servizi, sorridenti, perché convinti così facendo di contribuire ad una nobile iniziativa di partecipazione e riqualificazione, ma soprattutto alla cieca: a subire la loro furia antidegrado non sono infatti solo le distese di cicche per terra e le merde di cane, ma ogni sussulto di vita che la città è stata in grado di produrre sul suo stesso corpo, ogni segno lasciato sulla sua superficie da chi la abita, la attraversa e la ama.

Dal 13 dicembre del 2014 campeggiava a Porta Maggiore una grande scritta in vernice bianca, “Né pubblico / né privato / Comune”. Quella scritta era uno di quei segni, lasciata al termine di un corteo che rivendicava, nelle bufere appena sollevatesi dello scandalo di Mafia Capitale, il diritto alla città come diritto a viverla e a costruirla assieme. Era un segno che ci diceva che mentre il pubblico complottava assieme al privato per svendere tutto ciò che appartiene a tutti, per privatizzare i servizi e nutrire le filiere della sua corruzione, c’era sul territorio di questa città, dispiegata dai corpi che la praticavano, un’altra idea di Roma. Un’idea semplice e bellissima, che nessuna spugnetta può cancellare, e che parla e parlerà ancora a lungo di una città solidale e ribelle, aperta a tutti coloro che hanno a cuore il bene della comunità ed il suo diritto a governarsi da sé, in barba ai politicanti di turno ed ai manager dagli orologi d’oro. Oggi quella scritta abbiamo deciso di rifarla, perché di fronte all’azione di retakers intenzionati – come dice il loro nome – a prendersi ciò che è nostro, per confinarlo nei recinti della valorizzazione urbana dei “murales legali” o per ridurlo nuovamente a superficie bianca ed asettica, noi continuiamo e continueremo a produrre comunemente una città che invece di scacciarci ci somigli. È un’azione di re-commoning, perchè questo al contrario loro è quello che facciamo: rendere di tutti, e visibile a tutti, quello che altri vogliono recintare e saccheggiare, per poter vivere in una città più bella e più libera. E dove la decisione su come debba essere, fin nei suoi muri e nelle sue strade, sia per l’appunto né pubblica né privata, ma comune.

Il 19 marzo saremo in piazza anche per questo.

Fonte: Roma Comune

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