MONDO

Le sfide della comunicazione indipendente in Argentina

Ddecine di radio, tv, agenzie di notizie comunitarie, alternative e popolari per una tre giorni di seminari e dibattiti

Oltre trecento persone e decine di media tra radio, tv, agenzie di notizie e riviste provenienti da tutte le province dell’Argentina hanno riempito dal 12 al 14 agosto la città subtropicale di Posadas, nell’estremo nord del paese, al confine con il Paraguay. In occasione del tredicesimo incontro della comunicazione comunitaria, alternativa e popolare, la sede dell’università di Scienze Umanistiche e Sociali, un edificio di tre piani tra le palme del centro abitato, si è trasformata per tre giorni in un laboratorio pulsante di dibattiti, lezioni e seminari sul ruolo dei media nel contesto argentino e internazionale.

Alcuni dei seminari hanno analizzato la costruzione del discorso giornalistico nei media mainstream, focalizzandosi sulla criminalizzazione delle proteste sociali, sulla stigmatizzazione della povertà, associata alla violenza, che apre la strada alle campagne repressive in nome della sicurezza, oppure alle rappresentazioni machiste, dove alle donne è assegnato il ruolo univoco di vittime, in alternativa all’immaginario erotico adatto al consumo.

È stato dedicato inoltre molto spazio alla riflessione sulla funzione, lo sguardo, i temi che caratterizzano la comunicazione alternativa, e alla necessità di sviluppare un discorso contro egemonico che smascheri le menzogne dei grandi oligopoli mediatici. Non sono mancati i laboratori sulle ultime trasformazioni tecnologiche – la digitalizzazione di tutti i supporti e la convergenza mediatica, per citare due fenomeni globali – e sulle tecniche di utilizzo dei social media, del free software, degli strumenti di autodifesa digitale, per sottrarsi alla vigilanza sempre più pervasiva delle nostre comunicazioni nell’era di internet. Infine, gli spazi di autoformazione su come usare i programmi di edizione audio e video e come trasmettere in diretta filmando con il cellulare, ma anche come accedere alle fonti e alle informazioni pubbliche e come produrre documentari e video di finzione a costo zero.

L’incontro ha ospitato una delegazione della rete di media Comunica, dal Paraguay, e studenti dall’università del Brasile. Una plenaria è stata inoltre dedicata alla comunicazione come strumento di rivendicazione dei popoli originari, e si è tenuta in lingua guaraní. Anche la realtà locale di Posadas ha attraversato la tre giorni, accogliendo una conferenza stampa per denunciare la detenzione di Victoria Aguirre, una donna che si trova in carcere da 18 mesi con l’accusa di omicidio della figlia, in realtà uccisa dal compagno durante l’ennesimo episodio di violenza contro la madre e la bambina. I temi e i conflitti a cui i media alternativi danno spazio passano troppo spesso sotto silenzio nella stampa nazionale, e necessitano di essere denunciati e diffusi, non solo perché non tornino a ripetersi, ma soprattutto perché è importante non considerarli come casi isolati, storie individuali, ma metterli in relazione tra loro, come parte di un unico modello di società che esclude, reprime, sfrutta.

La comunicazione indipendente, alternativa e popolare

A organizzare questo spazio collettivo di autoformazione, scambio di esperienze e denuncia sociale, ogni anno in una diversa città argentina, è la Red Nacional de Medios Alternativos, nata nel 2004 nella fabbrica recuperata Zanon, nel Neuquen, dall’incontro di alcuni media che in quel momento stavano manifestando la necessità di coordinare lo sforzo e moltiplicare le voci della comunicazione alternativa.

Dei circa sessanta mezzi di comunicazione alternativa e popolare che compongono la rete, quelli che hanno più storia alle spalle sono legati all’enorme ondata di proteste che ha attraversato l’Argentina nel 2001, a fronte della crisi economica che ha portato il paese al collasso. In Europa sono arrivate prima le notizie della rivolta del 19 e 20 dicembre 2001, poi abbiamo cominciato a conoscere l’esperienza delle fabbriche recuperate, dei bachilleratos populares, ma la ricchezza delle forme di auto organizzazione e di lotta originate in quel periodo era molto più vasta. Nasceva così la necessità di fare controinformazione su quel che stava succedendo nel paese, quando ampi strati della popolazione si riversarono nelle strade e nelle piazze a manifestare, c’era la necessità di dare voce ai protagonisti dei picchetti, dei blocchi stradali e dei cortei, e reagire alla rappresentazione distorta delle proteste, quando non al totale silenzio, da parte di un sistema mediatico fortemente centralizzato nelle mani di pochi grandi imprenditori privati, tra cui è emblematico il gruppo Clarín, storico quotidiano che ha accompagnato gli anni della dittatura e che oggi è il più grande multimedia in Argentina, proprietario di giornali, canali televisivi e radio.

Sull’altro versante, anche i media comunitari, alternativi e popolari hanno una lunga tradizione, che rimonta agli anni Ottanta quando la fine della dittatura riaprì le porte alla libertà d’espressione, tuttavia sono rimasti sempre illegali fino al 2009, quando hanno saputo approfittare della breccia aperta nel quadro della politica nazionale da un conflitto tra gli interessi statali e quelli del gigante Clarín per rivendicare e ottenere una nuova legge sulla comunicazione che li riconoscesse nel panorama mediatico.

La domanda sociale per un sistema della comunicazione più democratico coinvolge da decenni tutta la regione latinoamericana e richiama il dibattito internazionale degli anni Settanta riassunto nel famoso MacBride Report del 1980. In Argentina la rivendicazione per il riconoscimento legale dei media comunitari si era diffusa negli anni Novanta soprattutto grazie all’azione del Foro Argentino delle Radio Comunitarie (FARCo). E nel 2004 si è formata la Coalición por una Radiodifusión Democratica, un organismo ampio che raccoglie intellettuali, organizzazioni sociali, politiche e per i diritti umani – come le Madres de Plaza de Mayo – università, sindacati, lavoratori del campo giornalistico e media comunitari. La proposta della Coalición, raccolta nei “21 punti basilari per il diritto alla comunicazione”, è stata il modello d’ispirazione per la nuova Legge dei Servizi di Comunicazione Audiovisuale, elaborata attraverso un vasto processo partecipativo, con forum e assemblee pubbliche in tutte le province del Paese.

La Ley de Medios

Il governo di Cristina Fernández de Kirchner ha quindi lasciato in eredità all’Argentina la Legge 26522 del 2009 in cui non solo al settore della comunicazione senza fini di lucro viene riconosciuto il diritto a ottenere licenze e fondi, ma gli viene riservato un terzo dello spettro radioelettrico, accanto alle frequenze statali e del privato commerciale. Si è trattato di un cambio di paradigma storico per l’Argentina, riconosciuto a livello mondiale, in cui la comunicazione passava dall’essere concepita come merce allo status di diritto umano, in linea con gli orientamenti espressi dalle Nazioni Unite sul tema.

La nuova legge stabiliva limiti alla formazione di oligopoli mediatici; vietava la proprietà incrociata nel settore audiovisuale, favorendo l’ingresso di nuovi attori nel mercato; imponeva obblighi di serivizio pubblico ai media commerciali e proteggeva le produzioni nazionali e indipendenti; stabiliva limiti e quote per l’attribuzione delle licenze e richiedeva criteri di trasparenza ai media già operanti; riduceva il controllo dell’esecutivo sul sistema mediatico disponendo la creazione di un organo autonomo per l’applicazione della norma e la formazione di un Consiglio Federale a cui partecipavano rappresentanti delle province e delle imprese ma anche della radiodiffusione senza fini di lucro, dei popoli originari, dei media pubblici, dei sindacati dei lavoratori del settore mediatico e delle università.

Tuttavia, accanto alle numerose altre contraddizioni che lo hanno caratterizzato, l’ultimo governo kirchnerista non ha promosso politiche capaci di rendere realtà i diritti acquisiti sulla carta dai media comunitari, e la logica liberista che orienta il nuovo governo eletto lo scorso 22 novembre ha già cominciato a smantellare l’impalcatura della cosiddetta “ley de medios”. Ne primi due mesi di presidenza, Mauricio Macri ha emesso tre Decreti di Necessità e Urgenza che puntano a modificare il carattere antimonopolio della LSCA, ampliando nuovamente le possibilità di concentrazione della proprietà mediatica, eliminando l’ente autonomo di applicazione della legge e creando una commissione incaricata di stilare una nuova norma all’insegna della convergenza mediatica. In pratica, tornando a consentire la propietà incrociata tra imprese del settore audiovisuale e delle telecomunicazioni, lo scenario futuro vedrà l’ingresso di grandi gruppi come Telefónica nel mercato della televisione via cavo e permetterà a un solo operatore di gestire i servizi di internet, telefonia e televisione.

La Rete nazionale dei media alternativi

La Red Nacional de Medios Alternativos (RNMA) è l’unico coordinamento che ha sempre mantenuto una chiara posizione critica nei confronti della gestione statale, e si definisce anticapitalista, antipatriarcale e antiburocratica. All’interno di questa definizione trova spazio ugualmente una grande varietà di esperienze, che costituiscono la sua ricchezza e le danno la capacità di articolare temi, esigenze, forme di organizzazione diversi su tutto il territorio.

Le differenze che caratterizzano le regioni argentine, dalla Patagonia alla città di Buenos Aires, dal nord andino alla Pampa, sono infatti la prima caratteristica che si riflette nei progetti mediatici: si può incontrare la radio posta al servizio di una comunità di qualche migliaio di abitanti, come Radio La Roja, nella sierra di Córdoba, in cui c’è un fluido scambio tra chi va a parlare al microfono in un programma e chi ascolta, e una emittente che sfida la concorrenza dei canali privati nella capitale, come La Colectiva, e che crea comunità attorno ai contenuti e allo spazio della radio più che nella relazione con il quartiere.

Alcuni media sono importanti per il contesto in cui nascono: è il caso di Radio Zona Libre, costruita attorno alla lotta per ottenere giustizia da parte dei famigliari e amici di Luciano Arruga, un ragazzo di 16 anni desaparecido in democrazia, nel 2009; o di Radio El Algarrobo, sorta in accompagnamento alla protesta contro il progetto di una mega mineria sulle terre dei popoli indigeni in Catamarca, che ha ottenuto a fine agosto una importante vittoria, l’approvazione di un’ordinanza che proibisce l’attività mineraria nella zona che da vent’anni viene sfruttata.

Ci sono poi alcuni media storici della RNMA come AnRed o RedEco Alternativo, agenzie web di notizie che da vent’anni informano sul piano nazionale e internazionale senza alcun finanziamento e con il lavoro militante dei loro collaboratori, e altri più recenti come Mucho Palo Noticias, una produzione video di grande qualità dedicata a dare visibilità ai casi di repressione poliziesca (conosciuti come “gatillo fácil”, grilletto facile) nelle villas miserias delle città argentine.

Con la repressione e la criminalizzazione si scontrano da sempre anche gli stessi media alternativi; un caso emblematico per la RNMA è stato l’intervento della polizia bonarense il 12 marzo 2013 contro l’occupazione della Sala Alberdi, uno spazio culturale recuperato contro la privatizzazione, in cui furono feriti a colpi di pistola due giornalisti della rete che filmavano gli scontri. Il prossimo 9 e 11 di novembre andranno a giudizio i tre poliziotti che sono stati individuati grazie alla collaborazione e ai materiali foto e video delle persone che documentarono l’accaduto.

Più recente è il caso di Antena Negra Tv, sequestrata una prima volta dalla polizia federale in settembre 2015 e obbligata nuovamente in maggio a consegnare l’attrezzatura per trasmettere a causa un conflitto di frequenze con l’impresa privata di sicurezza Prosegur, che occupa il segnale illegalmente. La causa aperta dalla multinazionale, di natura amministrativa, è stata portata sul piano penale con l’accusa di “interferire la comunicazione” e vede al momento due persone del canale comunitario sotto processo, in una chiara violazione del loro diritto a comunicare.

Sono molti casi di interferenza dei canali commerciali, in cui lo Stato non interviene a regolare il conflitto, tuttavia le emittenti comunitarie, alternative e popolari hanno continuato a crescere negli ultimi anni. Nella RNMA si è rivelato fondamentale il supporto tecnico dei due collettivi DTL! e Construcción Tecnológica Popular, che costruiscono e installano trasmettitori e antenne. In alcune edizioni passate dell’incontro nazionale hanno promosso laboratori in cui si sono realizzati decine di trasmettitori che, insieme all’autoformazione, hanno permesso a molti collettivi di accedere a una frequenza FM e avviare nuovi progetti.

Tra gli aspetti più interessanti della RNMA ci sono poi la produzione di un “panorama informativo” settimanale e di un notiziario quotidiano di due ore, mandato in onda ogni giorno della settimana da un’emittente diversa in collaborazione con le altre, che permette di scambiare e far circolare le informazioni tra tutti i media della rete dai diversi territori.

Quest’anno, a ospitare e organizzare l’incontro, aperto a chiunque volesse partecipare, è stata La Rastrojera Tv, una televisione popolare di Posadas che, oltre alla copertura degli eventi cittadini, ha alle spalle diversi documentari. L’incontro rappresenta sempre, in particolare per la città in cui si svolge, la possibilità di costruire nuovi legami con le organizzazioni della zona, avvicinare studenti e persone interessate, promuovere la comunicazione popolare. Ma gli incontri annuali sono anche momenti fondamentali di scambio di esperienze, condivisione e calderoni di nuove idee e collaborazioni. Giunto alla sua tredicesima edizione, tanto l’incontro nazionale come la RNMA continuano a crescere, e rappresentano una grande testimonianza del fatto che fare comunicazione dal basso, dai nostri luoghi e con le nostre storie è una sfida possibile, e sempre di più una necessità.