ROMA

Via Vannina: ancora uno sgombero senza soluzione

Sgomberato di nuovo l’insediamento di Via Vannina dove avevano trovato riparo numerosi migranti esclusi dal circuito dell’accoglienza. Nella città di Roma un altro caso dove Municipio, Comune e Questura finiscono per creare marginalità

Via di Vannina, è una stradina sterrata alle spalle della Tiburtina, in zona Tor Cervara, nell’estrema periferia di Roma Capitale.  Un territorio pieno solo di capannoni industriali, edifici dismessi ma soprattutto sale slot e compro-oro.
Non a caso, il 23 giugno 2017, nel contesto dell’operazione anti-mafia Babylonia, sono state sequestrate numerose attività commerciali proprio nei pressi di quella zona.
Insomma, una periferia abbandonata a se stessa e nelle mani delle mafie.

In mezzo a questo inferno, circa 300 migranti avevano occupato, da un paio di anni, due stabili dismessi a via di Vannina n.78 e n.74, entrambi di proprietà di privati, sgomberati rispettivamente l’8 ed il 12 Giugno.

Pur non avendo avuto la stessa risonanza del vergognoso sgombero di agosto di piazza Indipendenza, in particolare il secondo sgombero di via di Vannina 74 è stato di una violenza inaudita, tanto che un rifugiato gambiano, a causa di una manganellata della polizia, ha perso completamente la vista da un occhio.

Entrambi gli sgomberi, ovviamente, sono stati effettuati senza alcun preavviso e senza la presenza della Sala Operativa Sociale. Gli occupanti sono stati costretti a dormire per giorni in strada e successivamente hanno deciso di rioccupare lo stabile di via di Vannina 74, lasciato incustodito, diversamente da quello adiacente sottoposto a sorveglianza privata.
Le immagini di Daniele Napoletano si riferiscono proprio a quei momenti ed è evidente la rabbia e la frustrazione dei ragazzi intervistati, che arrivano giustamente ad affermare «ho sofferto di più qui che nel mio Paese di provenienza».

 

Subito dopo lo sgombero, abbiamo cominciato a prestare assistenza legale in loco alle persone che avevano rioccupato l’edificio e abbiamo tentato di sollecitare il IV Municipio e il Comune di Roma a trovare una soluzione abitativa degna.
Infatti, lo stabile versava in condizioni al limite della crisi umanitaria: all’ingresso c’era una discarica a cielo aperto che cresceva di settimana in settimana, nell’edificio completamente dismesso erano presenti amianto e infestazioni di ratti, oltre alla completa assenza di servizi igienici, luce e acqua.

Solo a settembre, dopo numerose segnalazioni, l’Ama ha rimosso il cumulo immenso di immondizia ma, per il resto, la situazione è rimasta invariata.

Le persone che abbiamo assistito nel corso del tempo si sono notevolmente modificate. A giugno dello scorso anno erano, infatti, presenti a via di Vannina famiglie con minori che successivamente si sono spostate in altri Paesi europei o in altre occupazioni. Diversi erano anche gli appena maggiorenni che, venendo sbattuti fuori dalle case famiglia al compimento del diciottesimo anno di età, non avevano avuto altra alternativa se non quella di trovare un riparo in quell’edificio fatiscente.
Neanche per queste famiglie e per queste ragazzi giovanissimi il Comune di Roma ha voluto trovare una soluzione, trincerandosi dietro una colpevole indifferenza.

Le altre persone rimaste in via di Vannina sono per la maggior parte migranti fuoriusciti dai circuiti istituzionali dell’accoglienza, principalmente di origine gambiana e nigeriana. Molti sono i rifugiati ma tantissimi sono i ricorrenti, ossia coloro che hanno presentato ricorso in Tribunale avverso il diniego da parte della commissione territoriale. Per questi ultimi, il rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo si è rivelato una vera e propria odissea, a causa di una pratica illegittima e difforme della Questura di Roma che richiede come requisito per tale rinnovo la residenza e addirittura non reputa valida a tal fine la residenza fittizia in via Modesta Valenti. Di fatto, dunque, molti dei ricorrenti di via di Vannina si sono trovati sostanzialmente regolari sul territorio ma formalmente privi di un documento che ne attesti la regolare presenza, permettendo loro di trovare un lavoro e di ricominciare una vita degna.

Dunque alle scelte politiche miopi e vili delle istituzioni comunali e municipali si sono aggiunte le prassi illegittime della Questura che sicuramente hanno contribuito alla permanenza di queste persone in uno stato di precarietà giuridica, alloggiativa, esistenziale.

Gli unici tentativi di non abbandonare a loro stessi queste persone sono stati svolti da alcune associazioni. Oltre a noi, infatti, ha cominciato a prestare assistenza legale anche A Buon Diritto; sul lato medico sono intervenuti Intersos, Medu, Msf; sul fronte dell’inserimento lavorativo l’associazione WILPF. Importantissimo è stato il lavoro svolto dalla cooperativa Be Free per l’assistenza prestata alle donne vittime di tratta e costrette a prostituirsi.

In tutti questi mesi abbiamo più volte denunciato le condizioni disumane in cui erano costretti a vivere gli occupanti di via di Vannina; abbiamo sollecitato un intervento a Municipio e Comune per trovare una diversa sistemazione abitativa a queste persone ma mai nulla è stato effettuato.

 

Almeno fino al 21 marzo, quando la polizia è nuovamente intervenuta in via di Vannina 74 per sgomberare l’edificio.

Ancora una volta nessun preavviso è stato effettuato, ancora una volta la Sala Operativa Sociale di Roma non è intervenuta in maniera efficace nella tutela neanche delle persone maggiormente vulnerabili. Ancora una volta le persone sgomberate, dopo essere state bloccate in Questura per più di 15 ore, sono state gettate per strada senza alcuna alternativa. Ancora una volta le gravi problematiche sociali presenti in questa città vengono trattate come meri problemi di ordine pubblico.

Non sappiamo cosa succederà nelle prossime ore, la maggior parte dei ragazzi sgomberati si sta disperdendo: alcuni dormono per strada, altri stanno trovando ospitalità in diverse occupazioni. Di fatto tutti i ragazzi sgomberati sono rimasti senza alternative, solo una donna è stata accolta in un centro. Alcuni di loro hanno trovato riparo nell’ex fabbrica della Penicillina sulla Tiburtina, dove tra cumuli di rifiuti immensi ed edifici sventrati vivono, in condizioni disumane, centinaia di persone. Non avendo altra alternativa anche i ragazzi di Via di Vannina sono finiti in questo inferno.

 

 

Siamo però certi del fatto che non lasceremo queste persone abbandonate a loro stesse. Il Comune, il IV Municipio, la Questura di Roma sono colpevoli di creare e alimentare una marginalità in cui questi migranti rimangono imbrigliati per anni.

Nel corso di questi mesi, abbiamo visto violare i diritti umani fondamentali di donne, uomini e bambini; abbiamo visto una povertà che non pensavamo di poter trovare nelle Capitale d’Italia; abbiamo visto decisioni politiche criminali e indifferenza delle istituzioni dinanzi a delle legittime istanze sociali.

Non lasceremo che nei prossimi giorni quello che è accaduto passi sotto silenzio. Via di Vannina è il simbolo delle contraddizioni e delle problematiche di un sistema istituzionale di accoglienza inefficace e delle pratiche illegittime dell’Ufficio Immigrazione di Roma che costringono centinaia di migranti a essere formalmente irregolari.

Pertanto siamo convinti della necessità di dover continuare a lottare contro tutto questo, pretendendo il rispetto dei diritti umani fondamentali e impiegando tutte le nostre forze per realizzare una società in cui i “marginali” non vengano prima abbandonati da uno Stato incurante dei propri dovere e, successivamente, criminalizzati.

Una società, insomma, più giusta che sappia “camminare al passo del più lento”.