ITALIA

Verso la giornata contro la violenza maschile sulle donne, i dati e le questioni aperte

Giovedì 25 novembre iniziative e manifestazioni in tutto il paese per contrastare un problema strutturale nelle nostre società che sembra ben lungi dal fermarsi. L’Italia rinnova con grande ritardo il piano antiviolenza

Quando, qualche mese fa, la Turchia di Erdoğan ha annunciato di voler uscire dalla Convenzione di Istanbul si è giustamente levato un coro di sdegno e proteste a livello internazionale. Eppure, la violenza maschile contro le donne e la violenza domestica continuano a rappresentare un problema in tutto il mondo, non da ultimo nel nostro paese: proprio a proposito dell’applicazione della Convenzione di Istanbul, un recente rapporto del gruppo di esperti indipendenti del Consiglio d’Europa Grevio ha rilevato come, in Italia, persistano ancora delle «resistenze» che impediscono di raggiungere i risultati sperati, oltre che «segnali disturbanti» rispetto alla volontà di introdurre «cambiamenti legislativi che eroderebbero gli avanzamenti fino a ora ottenuti e che comprometterebbero la capacità del paese di adeguarsi ai principi e alle linee guida contenuti nell’accordo».

Nonostante gli indubbi progressi legislativi (come la legge del 2009 sul reato di stalking, oppure la 119 del 2013 per garantire servizi e sostegno alle vittime di violenza, oppure ancora il recente “Codice Rosso” del luglio 2019), infatti, i numeri mostrano una situazione che rimane grave: dal primo gennaio al 21 novembre di quest’anno si sono verificati 109 omicidi in cui la vittima è una donna (116 nel 2020, 111 nel 2019, 141 nel 2018, fonte: Ministero dell’Interno). Ben 93 di questi sono avvenuti in un contesto di relazione familiare e/o affettiva e almeno 63 sono stati commessi dal partner o dall’ex-partner della vittima. L’Osservatorio D.i.Re (Donne in Rete contro la Violenza) ha inoltre dichiarato che nel corso del 2020 sono state oltre 20mila le donne accolte nei centri antiviolenza: si va da forme di violenza psicologica (77,3% delle persone assistite) a quella fisica (60,3%), fino alla violenza economica (33,4%), violenza sessuale (15,3%) e allo stalking (14,9%).

Si tratta comunque di cifre che restituiscono un’immagine parziale della realtà, visto che solo una piccola percentuale delle vittime sceglie di denunciare e di intraprendere un percorso giudiziario (attorno al 10%, stima l’Istat).

Inoltre, a conferma del fatto che si tratti di un fenomeno in qualche modo strutturale nelle nostre società, si può osservare come non segua per forza l’andamento generale degli altri crimini contro la persona: nel nostro paese (dove, ricordiamo per inciso, fino al 1996 lo stupro era considerato dall’inquadramento legislativo un delitto contro la “morale pubblica”), dal 1992 al 2017, si è registrato un netto calo degli omicidi volontari soprattutto per gli uomini, passati dal 4,0 allo 0,8 ogni 100mila maschi, mentre per le donne il tasso è rimasto sostanzialmente stabile, da 0,6 a 0,4 ogni 100mila femmine. È dunque su questo “dato strutturale” e, purtroppo, radicato che oggi si intende porre l’attenzione: domani, come ogni 25 novembre, si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita nel 1999 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Una giornata in cui si svolgeranno manifestazioni, iniziative e incontri promossi lungo tutta la penisola in vista anche della mobilitazione di Non Una di Meno del 27 novembre. 

Foto di Vittorio Giannitelli

Quest’anno, la ricorrenza cade nel mezzo di una congiuntura particolare: quasi due anni di pandemia globale, con le misure di confinamento intraprese per limitare i contagi e con le conseguenze economiche dovute al rallentamento delle attività produttive, hanno esacerbato alcune delle dinamiche sottese al fenomeno della violenza maschile contro le donne. Non è un mistero che, durante i mesi del lockdown e oltre, ci sia stato un aumento vertiginoso delle richieste di aiuto per violenza domestica: rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente l’Istat riporta fra aprile e maggio 2020 rispettivamente un +176,9% e un 182,2% di chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking. Inoltre, sul versante lavorativo, un altro studio dell’Istat ha mostrato come la crisi occupazionale che si sta verificando a causa della pandemia investa in prevalenza le donne: dei 44mila occupati registrati in Italia in tutto il 2020, circa il 70% riguarda la componente femminile.

Si tratta di un elemento per certi versi laterale, ma di grande importanza: molto spesso, le persone vittime di violenza faticano a distaccarsi da rapporti abusanti anche per via della difficoltà a ottenere una condizione di stabilità e autonomia economica.

Ecco che, allora, la giornata di domani rappresenta un’occasione di denuncia non solo nei confronti della violenza maschile ma anche verso l’insufficienza di alcune misure che il nostro stato ha provato a intraprendere senza portarle a totale compimento. Come afferma, fra le altre realtà, anche Non Una di Meno nel suo comunicato: «Il piano triennale anti-violenza istituzionale è scaduto nel 2020 e non viene ancora rinnovato», mentre «il reddito di libertà per le donne che fuoriescono dalla violenza riassume una politica ipocrita: 400 euro al mese per dodici mesi non possono garantire autonomia». Intanto, dice sempre Nudm, «donne e uomini migranti continuano a subire violenza (muoiono in mare e nei centri di detenzione in Libia o sui confini dell’est Europa)» e «i casi di discriminazione e violenza su persone trans, queer e Lgbtqiap*+ continuano ad aumentare».

Il piano antiviolenza per il prossimo triennio, di cui Nudm denuncia il mancato rinnovo, è stato approvato solo all’inizio di novembre (quindi dopo undici mesi di “vuoto”).

«Si è perso un anno, non recuperabile – rileva l’associazione D.i.R.e – che ha visto ancora vive le difficoltà create dalla pandemia e che è stato affrontato con grande spirito di responsabilità dai centri antiviolenza, che hanno continuato ad accogliere le donne e a non far mancare il sostegno e l’accompagnamento fuori dalla violenza». Soprattutto, il piano non è stato elaborato di comune accordo con le associazioni e con i centri antiviolenza, che rappresentano i primi presidi di contrasto della violenza maschile sul territorio ma che, allo stesso tempo, soffrono difficoltà economiche sempre crescenti.

Intanto, assieme ai mesi e agli anni, si perdono vite. Questo è uno dei motivi per cui nella giornata di domani (qui gli appuntamenti di Roma) e quella di sabato le strade e le piazze di tutto il paese di coloreranno di nero e fucsia.

Immagine di copertina di Vittorio Giannittelli