ROMA

Una conferenza contadina per “Cambiare il Campo”

A Roma l’1, 2 e 3 marzo si incontreranno le tante realtà diffuse nei territori del nostro paese che intendono costruire spazi di iniziative comuni per opporsi al sistema alimentare industriale che produce distruzione dei territori, cambiamento climatico, erosione della biodiversità e sfruttamento di chi lavora.

Dal 1 al 3 marzo si terrà a Roma alla Città dell’Altra Economia “Cambiare il Campo”, una grande conferenza contadina in dialogo con i movimenti sociali ed ecologisti.  Si tratta di un evento che mette all’ordine del giorno la necessità di convergenza tra coloro che vogliono far emergere e rafforzare delle alternative agroecologiche al sistema alimentare industriale. L’abbiamo immaginata come una prima tappa nella costruzione di spazi di iniziativa comune tra realtà rurali e contadine, esperienze di economia solidale, reti alimentari locali, mondo della ricerca, movimenti sociali e per la giustizia climatica.

Il percorso che porta alla conferenza nasce da persone con storie diverse che insieme hanno partecipato alla costruzione della manifestazione “Convergere per insorgere” del 22 ottobre 2022 a Bologna, convocata dagli operai in mobilitazione della fabbrica GKN di Firenze. In quel contesto abbiamo attraversato, con lo sguardo di chi si batte per l’agroecologia e la sovranità alimentare, un primo importante momento di convergenza tra tante realtà che lottano per una radicale trasformazione della società e dell’economia.

Non volevamo disperdere quel prezioso patrimonio di relazioni e di riflessioni e abbiamo quindi deciso di creare le condizioni per ulteriori momenti di confronto e iniziativa. Così è nato il Collettivo per una Convergenza Agroecologica e Sociale, il cui obiettivo prioritario è proprio quello di organizzare la conferenza di marzo. Da diversi mesi stiamo lavorando alla preparazione di questo evento e nel frattempo il collettivo si è ulteriormente ampliato. 

Perché una conferenza contadina? Terra, agricoltura e alimentazione rappresentano oggi questioni di grande rilevanza politica. Il sistema alimentare industriale è ormai ampiamente riconosciuto come corresponsabile dei profondi squilibri socio-ecologici che affliggono il nostro tempo. La sua sete di profitto produce una strutturale dipendenza dai combustibili fossili e una folle caccia alle risorse.

Monocolture, allevamenti intensivi, appropriazione privata delle risorse genetiche e brevetti sui semi sono solo alcune delle facce che questo modello distruttivo può assumere. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: cambiamento climatico, distruzione dei territori, erosione della biodiversità e sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, cibo che anziché nutrire danneggia la salute di chi lo consuma. 

D’altra parte, però, esistono già delle alternative praticabili.  Il contesto italiano è particolarmente vivace da questo punto di vista. Sparso nei territori, infatti, esiste – e resiste – un fitto reticolo di associazioni, realtà rurali, cooperative, associazioni, reti di economia solidale e sindacati che prova a mettere in atto delle alternative concrete al complesso industriale del cibo, contestandone in modo più o meno esplicito la logica di funzionamento. 

Queste esperienze mettono in primo piano la necessità di una radicale trasformazione del sistema alimentare. Esse appaiono, di conseguenza, come tassello fondamentale della possibile transizione a un sistema economico e sociale più giusto e in grado di rispondere efficacemente alla crisi eco-climatica. 

Nonostante queste resistenze, però, i processi di industrializzazione dell’agricoltura e del cibo non sembrano in alcun modo arrestarsi. I dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura sono impietosi. Il numero di aziende agricole continua a ridursi (negli ultimi 20 anni è più che dimezzato), mentre la loro dimensione aumenta, segno di una forte tendenza alla concentrazione. Il ricambio generazionale è fermo e l’accesso alla terra, soprattutto per i più giovani, è sempre più un miraggio. A essere minate sono le basi stesse di una transizione verso un modello agroecologico che, senza contadini, non è nemmeno immaginabile. 

Le politiche pubbliche, a tutti i livelli di scala, sostengono attivamente – e finanziano – il consolidamento di queste tendenze, favorendo le unità produttive a più alta intensità di capitale, i grandi gruppi industriali e la GDO. Il tutto occultato da narrazioni tecnocentriche esplicitamente orientate al greenwashing e alla cooptazione selettiva di idee e istanze nate dal basso. L’agricoltura industriale prova così a tingersi di un verde sbiadito, diventando “di precisione” o “climaticamente intelligente”; biotecnologie e OGM di nuova generazione promettono di risolvere in modo miracoloso e in un battito di ciglia tutte le contraddizioni del sistema senza cambiare di una virgola il sistema stesso; la peggior destra arriva persino ad appropriarsi dell’espressione “sovranità alimentare”, patrimonio prezioso dei movimenti contadini transnazionali, istituendo un ministero che porta questo nome. 

È evidente la presenza il conflitto in atto tra due prospettive molto diverse ed è chiaro che dobbiamo attrezzarci per riuscire a reggere questo confronto. Sentiamo quindi la necessità, proprio a partire dai semi di cambiamento che le reti associative, i movimenti e le esperienze diffuse nei territori hanno gettato, di costruire un percorso di ricomposizione e organizzazione. 

Serve più che mai una voce collettiva forte e indipendente che faccia propria la battaglia per una radicale trasformazione del sistema alimentare; che metta in discussione le politiche e le narrazioni che sostengono attivamente la mercificazione e l’industrializzazione del cibo; che faccia emergere e rafforzi le alternative basate sull’agroecologia e sulla sovranità alimentare. 

L’idea è, dunque, quella di costruire un percorso che parta dai territori in cui viviamo ma, allo stesso tempo, con lo sguardo rivolto al mondo. Guardiamo e ci ispiriamo ai movimenti contadini e indigeni, alle lotte contro l’estrattivismo, alle alternative agroecologiche che, a ogni latitudine, resistono e provano ad affermarsi. Ma, in questo momento, il nostro pensiero è anche rivolto a ciò che sta accadendo a Gaza, dove la violenza devastatrice della guerra sta lasciando solo macerie e annichilendo la vita di un popolo in quanto tale. In quell’area si celebra con un massacro l’atto conclusivo di un lungo processo di spossessamento di terra e risorse a spese dei e delle palestinesi. La prospettiva di cambiamento che vogliamo darci non può prescindere dalla solidarietà nei loro confronti. 

Ed è con questo spirito che invitiamo coloro che si riconoscono in questo bisogno di profondo cambiamento a partecipare all’incontro di Roma del prossimo 1-2-3 marzo 2024:  qui puoi trovare il programma, informazioni e il modulo per le iscrizioni.

immagine di copertina di Daniele Marzocchi da Flickr