MONDO

Trump, i Democratici e la lotta per il futuro dei Dreamers

Mobilitazioni in tutti gli Stati uniti a sostegno del Dream Act, mentre Trump e i Repubblicani utilizzano la questione dei Dreamers per far passare misure repressive contro l’immigrazione

Venerdì scorso, sette attivisti sono stati arrestati mentre occupavano gli uffici di Washington D.C. del leader della minoranza democratica al Senato degli Stati Uniti d’America, Chuck Schumer.

Alle domande della polizia hanno risposto: “Non ce ne andremo finché il Dream act non sarà approvato”. Dopo l’arresto alcuni di loro sono entrati in sciopero della fame. Questo mercoledì sono stati rilasciati.

Sui social media vengono chiamati i #Dream7. La loro azione fa parte di una continua seria di proteste, manifestazioni e sit-in che da mesi sta attraversando la capitale e le principali città americane.

Mobilitazioni innescate dalla brutale decisione di Donald Trump di terminare il programma Deferred Action for Childhood Arrivals, meglio conosciuto con l’acronimo DACA, ponendo oltre 700.000 persone a rischio deportazione.

Grazie a DACA, programma istituito dall’amministrazione Obama tramite un ordine esecutivo, minori sotto i 16 anni, entrati negli Stati Uniti illegalmente, avevano la possibilità di essere regolarizzati tramite un permesso rinnovabile per due anni, garantendo loro la tutela dal rischio deportazione e la possibilità di studiare e lavorare.

Da settembre, i cosiddetti Dreamers sono entrati in un limbo.

Dopo aver terminato DACA, la Casa Bianca ha dato sei mesi di tempo al Congresso per regolarizzare lo status legale dei Dreamers tramite un provvedimento legislativo, giustificando la decisione di interrompere il programma a causa di una presunta forzatura costituzionale della precedente amministrazione. Data l’impossibilità di rinnovare il permesso, dal 5 marzo oltre 700,000 persone inizieranno a perdere le tutele previste da DACA.

Da mesi, attivisti e organizzazioni per i diritti dei migranti stanno facendo pressione sui membri del Senato e della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti per approvare il Dream Act, legge che garantirebbe un percorso per la cittadinanza per circa 2 milioni di persone entrate irregolarmente negli USA.

La loro principale richiesta è che il Dream Act sia votato assieme alla legge di bilancio per il finanziamento del governo federale, provvedimento che per essere approvato necessita dei voti sia dei Democratici che dei Repubblicani. La mancata approvazione della norma di spesa determinerebbe il cosiddetto government shutdown, il blocco delle attività amministrative in cui il governo potrebbe entrare nel caso in cui il Congresso non trovi un accordo sul rifinanziamento delle operazioni delle agenzie federali.

La deadline per l’approvazione della legge di spesa, prevista per il 22 dicembre, ha fatto si che si sia data una crescita delle mobilitazioni, fino all’occupazione degli uffici congressuali.

Con lo slogan “No Dream, No Deal”, il movimento dei Dreamers sta facendo pressione sul Partito Democratico perchè non voti nessuna legislazione di spesa che non sia collegata alla approvazione del Dream Act.

Tuttavia le prospettive di un accordo sul futuro dei Dreamers sembrano ridotte.

Nonostante le dichiarazioni iniziali, l’establishment democratico ha ritirato l’appoggio all’ inserimento del Dream Act nella legge di bilancio. La decisione è principalmente motivata da considerazioni elettorali. Il 2018 sarà l’anno delle elezioni di Midterm e la leadership del partito democratico non vuole vedersi attribuita la responsabilità del government shutdown. Solo le componenti più progressiste, tra cui il Senatore indipendente del Vermont Bernie Sanders e la Senatrice del Massachussetts Elizabeth Warren, hanno dichiarato di non votare nessun provvedimento che non preveda anche una regolarizzazione dello status legale dei Dreamers.

Dall’altra parte, i repubblicani si oppongono a qualsiasi tipo di compromesso. La posizione espressa dal G.O.P è quella di far passare una legge separata sui Dreamers, unita a misure repressive sull’immigrazione.

Misure delineate dall’amministrazione Trump in Ottobre, solo un mese dopo la decisione di terminare DACA. Nel documento intitolato “Immigration Principles and Policies” sono state delineate le proposte politiche della Casa Bianca e della leadership repubblicana in materia d’immigrazione, intimando che queste vengano incluse in qualsiasi tipo di legislazione che affronti la questione dei Dreamers.

Una lunga lista di provvedimenti per bloccare i flussi migratori e costruire una vera e propria “macchina delle deportazione” tra cui: il finanziamento del muro al confine tra Messico e Stati Uniti, l’assunzione di oltre 10,000 agenti federali per il controllo dei confini e la cattura e deportazione dei migranti irregolari, leggi più severe per i richiedenti asilo e lo stop ai fondi per le cosiddette “Sanctuary Cities”, giurisdizioni che favoriscono l’immigrazione.

Un lungo elenco di provvedimenti che le forze più conservatrici e reazionarie nel panorama politico americano stanno spingendo da anni.

Sembra dunque chiaro l’intento di Trump e della leadership repubblicana di sfruttare la questione dei Dreamers per far passare “riforme” radicali indirizzate ad una complessiva ristrutturazione dell’intero sistema dell’immigrazione statunitense.

In questo scenario di stallo, le mobilitazioni continueranno nel mese di gennaio. Prima del termine dei lavori per lo stop natalizio, il Congresso, con i voti di 17 democratici, ha approvato una misura temporanea per il rifinanziamento delle attività amministrative delle agenzie federali, rinviando la decisione generale al 19 gennaio. Il provvedimento non ha previsto previsto l’inserimento del Dream Act.

Conscio di essere ormai considerato merce di scambio da entrambe gli schieramenti, il movimento dei Dreamers ha rilanciato le mobilitazioni, consapevole che, oltre al futuro dei Dreamers, è in gioco l’intero sistema dell’immigrazione degli Usa.