ROMA

Torre Maura: scene di ordinario razzismo

I problemi di un quartiere simile a tanti altri di una città cresciuta senza regole e privata di qualsiasi manutenzione diventano l’alibi per azioni razziste nei confronti di cittadini rom.

Resteranno nella memoria di questa città le immagini dei panini destinati ai rom gettati a terra e calpestati. Richiamano quelle degli assalti ai forni, che più volte sono avvenuti nella storia. La farina e il pane che cadono in mezzo alla folla che disperatamente cerca di raccoglierne il più possibile. A Torre Maura, al contrario, il pane viene strappato a chi lo trasporta per distruggerlo. Nessuno dei presenti lo raccoglie, tutti lo calpestano urlando: «zingari dovete morire di fame». Questa non è “guerra fra poveri”, piuttosto è odio e disprezzo per chi è diverso.

Come è arrivata questa città a produrre tanto odio?

Via dei Codirossoni è una strada esterna del quartiere di Torre Maura nella zona orientale di Roma. Siamo all’interno del raccordo anulare, dove nel 1920, in parte del latifondo dei Torlonia, sorge una delle tante borgate spontanee, formate da chi arriva a Roma e costruisce un pezzo di città che non è un quartiere, ma non è neanche più campagna.

Intorno a questo primo nucleo di povere abitazioni durante il fascismo si sviluppa una lottizzazione continua, che cresce ancora nel dopoguerra con il processo migratorio determinato dalla “fuga dalle campagne”. Non solo qui, ma in tutta la fascia più esterna della città nascono borgate spontanee isolate fra di loro e con il resto del territorio. Arrivano a Roma gli immigrati, ma non ne diventano cittadini, per la legge fascista abrogata solo nel 1961 che vietava la residenza negando l’iscrizione all’anagrafe a chi si sistemava in abitazioni precarie. Gli abitanti della città costruita abusivamente arrivano a essere 800 mila nel 1981.

Torre Maura è anche edilizia pubblica. Accanto alle casette si costruiscono fra gli anni ’70 e ‘80 le case ISVEUR e l’intervento IACP di via Giglioli.

In questo quartiere di 20 mila abitanti lunedì pomeriggio sono arrivati appena 70 rom, dei quali molti bambini, per essere alloggiati nella struttura di via dei Codirossoni, un brutto edificio scrostato degli anni ‘90, scatenando la protesta degli abitanti. Era già successo nel 2012. Allora lì avrebbero dovuto essere trasferite famiglie rom provenienti dall’ex cartiera di via Salaria. Anche in quell’occasione Torre Maura scese in strada. A seguito della protesta non avvenne il trasferimento delle famiglie, ma quella struttura iniziò ad ospitare altri centri di accoglienza, come lo Sprar e il CAS.

La narrazione unanime del fatto di questi giorni attribuisce la causa della feroce protesta al “degrado delle periferie” e alla “guerra fra poveri”.

Villette con giardini circondati da muri di recinzione e cancelli impenetrabili, palazzine di tre piani senza qualità, tufi delle casette abusive sanate, sopraelevate e sanate di nuovo, stradine senza marciapiedi, le case pubbliche a corte di via Giglioli, il parco della cooperativa sociale Cospexa, le case Isveur, questa è Torre Maura, quartiere romano a cavallo della Casilina, simile a tutti gli altri che compongono la capitale.

Brutto? Dimenticato? Abbandonato? La sua storia e condizione attuale sono le stesse di ogni parte di questa città, lasciata crescere senza regole, disponibile ad ogni operazione di rendita e privata di qualsiasi manutenzione.

Le case Isveur cadono a pezzi, dopo 40 anni sono massacrate dalle infiltrazioni d’acqua, il verde pubblico è abbandonato. Accade ovunque non solo a Torre Maura. A ottobre per il vento un grosso pino si abbatte all’interno della scuola di via dell’Aquila Reale, sfondando le finestre dell’edificio. Non è l’unico albero crollato a Roma. Torre Maura è luogo di spaccio, al pari di tante altre zone della metropoli, vicine o lontane dal centro urbano.

 

 

Roma è questo paesaggio a volte sparso e diffuso nel territorio e a volte denso, privo di servizi, di qualità, di bellezza. La chiamano degradata, ma è solo territorio impoverito e deprivato di tutto.

I 6000 cittadini rom che vivono a Roma vengono descritti come un pericolo, i campi dove sono costretti a vivere sono contro il decoro. La giunta Raggi presenta nel 2017 un piano rom al grido di “chiuderemo i campi”, ma di fatto le soluzioni prospettate non risolvono la questione. Interi pezzi di popolazione rom vivono ancora nelle baracche, in accampamenti precari, in strada. La città non li accoglie, per loro ci sono solo luoghi di segregazione, esclusione, isolamento.

Quello che sta accadendo a Torre Maura ci parla di sempre più diffusi fenomeni di intolleranza e razzismo spinti da formazioni politiche come Casapound e Forza Nuova, che sulla divisione degli abitanti, sulla ghettizzazione degli spazi, sulla paura, tentano di costruire la propria forza. Per continuare a farlo hanno bisogno di narrare così le periferie. Ad iniziare dall’appiccicargli addosso ogni problema che non si sa o si vuole risolvere per alimentare le divisioni tra loro e al loro interno. Segregandole, colpendole in tutti i più elementari diritti. Costruirle continuamente come radici urbane della crisi della città. Come se Roma fosse un’altra cosa.

Torre Maura e le altre saranno salvate dall’adolescente che, rivendicando con orgoglio la propria appartenenza al quartiere, sfida Casapound: «Nessuno venga lasciato indietro».