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Torpignattara: meticci fin da Sant’Elena

ROMA NASCOSTA è una nuova rubrica di Cult che ogni mese ci condurrà in un viaggio attraverso i luoghi meno conosciuti della città, lontani dai percorsi turistici più noti e dalle speculazioni del capitale dell’entertainment. Cominciamo oggi da Tor Pignattara seguendo il percorso delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro e del Mausoleo di Sant’Elena

ROMA NASCOSTA

Nel Disagio della civiltà Freud, ammiratore di Piranesi, fa della sua ricostruzione del Campo Marzio la metafora di una topografia della vita mentale e in particolare della struttura dell’inconscio. «Facciamo ora l’ipotesi fantastica che Roma non sia un abitato umano ma un’entità psichica del passato similmente lungo e ricco, un’entità, dunque in cui nulla di ciò che un tempo ha acquistato esistenza è scomparso, in cui accanto alla più recente fase di sviluppo continuano a sussistere tutte le fasi precedenti», così che noi potessimo contemplare simultaneamente con un piccolo slittamento di sguardo il palazzo Caffarelli e il tempio di Giove Capitolino che sta nelle sue fondazioni e addirittura tutte le fasi del tempio, da quello primitivo etruscheggiante ai vari rifacimenti di epoca repubblicana e imperiale. Quanto è assurdo nel linguaggio dell’architettura è invece possibile nel linguaggio dell’inconscio.

Non crediamo, però, che la verità o il senso sia sepolto nei sotterranei e nelle cantine come i reperti archeologici o gli affreschi catacombali, il senso sta nella stratificazione che culmina nella superficie di volta in volta offerta all’esperienza. Il linguaggio che parla la città e i suoi abitanti è un linguaggio stratificato e meticcio e i luoghi di Roma ce ne restituiscono lo spessore solo se sono percorsi e segnati dalla vita presente. Il segreto sta in bell’evidenza, come nella Lettera nascosta di Edgar Allan Poe, e tutto è in ordine – cioè in conflitto­ – così com’è.

Questa rubrica su Roma nascosta vuole appunto far parlare luoghi sovrapposti, far circolare quanto compresso nello spazio e disteso nel tempo, scuotere il familiare e svelarne il perturbante.

Vuole inoltre sottrarre la città alla dittatura del punto di vista unico imposta dai percorsi turistici, ampliare e stratificare forme multiple di percezione e di attenzione, vivere gli spazi del passato e del presente senza che diventino simulacri svuotati di senso e tappe obbligate dei tours. Roma non è quella offerta dalle agenzie turistiche ma una quantità strabordante di luoghi, paesaggi, percorsi e tracce che si connettono insieme e che permettono di rompere la dicotomia fra presente e passato. Sfuggire ai percorsi obbligati dell’offerta turistica che di fatto privano Roma della sua complessità , significa restituire dignità ai territori, comprenderne i contesti, permettere alle persone di riappropriarsi della propria capacità di osservare, riconquistare la fantasia, e negoziare un nuovo senso dei luoghi che non può che essere sempre collettivo e in perenne trasformazione.

 

 

TORPIGNATTARA

Chi a Roma e in tanti paesi di emigrazione non conosce Torpigna, ovvero la multietnica Torpignattara? Ma perché si chiama in modo così buffo e familiare?

Andiamo a mangiare un quelisel di pecora marinata all’eccellente Taverna curdonapoletana sulla Casilina, facciamoci altri 50 metri sullo stesso marciapiede e arriveremo a un cortile sul fianco di una chiesa, con tanto di parcheggio. A sinistra la solita porticina di ferro segna l’entrata di una catacomba, dritto per dritto dietro una recinzione si leva imponente il rudere del Mausoleo di Sant’Elena. Siamo in località ad duas lauros, al III miglio della Labicana (=Casilina). Sulla cupola del Mausoleo, costruito fra il 326 e il 330 dopo Cristo, i tratti caduti lasciano vedere la sottomuratura che alleggeriva la pesante struttura grazie all’inserimento di enormi anfore (pignatte). La “torre delle pignatte” ha dato nome al quartiere.

 

 

Il mausoleo è un edificio funerario, forse programmato per Costantino stesso, che però lo destinò alla madre amatissima Elena morta nel 328. Interessante che l’area, di cui l’imperatore si era impossessato edificandovi varie costruzioni, sovrastava il cimitero degli equites singulares Augusti, la guardia del corpo del rivale Massenzio, sconfitto a Ponte Milvio nel 312 e alla cui disfatta seguì il celebre editto di Milano che legalizzava definitivamente il cristianesimo. I troppo fedeli e pagani equites singulares persero non solo la battaglia, ma anche il terreno e il cimitero sotterraneo, che fu regalato ai cristiani, costituendo il primo nucleo delle catacombe dei SS. Marcellino e Pietro. Elena, poi proclamata santa, probabilmente si convertì al cristianesimo prima del figlio (che forse neppure lo fece, pur presiedendo come capo politico concilio di Nicea), fu instancabile turista religiosa – si dice per espiare gli orrendi peccati del potente figlio – e, niente meno, scopri la Vera Croce sul Golgota di Gerusalemme (più le croci dei due ladroni e altre reliquie improbabili). A sua volta, le venerate spoglie di Elena, inizialmente custodite dentro il Mausoleo dentro uno splendido sarcofago di porfido imperiale, oggi vuoto e trasferito ai Musei Vaticani, finirono sparse in tutta Europa, dalla romana Aracoeli a Milano, Venezia, Parigi, la testa a Trier-Treviri, a lungo residenza di Costantino e mamma, famosa per i monumenti tardo-antichi di quell’epoca e per essere il luogo natale di Karl Marx. Torpigna e Marx, bella coppia, no?

Elena, infine, è la patrona dei fabbricanti di aghi e chiodi e presiede al ritrovamento degli oggetti smarriti – una manna per penne, calzini e accendini.

 

 

Ma scendiamo sotto terra, grazie al fatto che la catacomba di Marcellino e Pietro è una delle più belle e meno frequentate di Roma e da un paio d’anni è regolarmente visitabile cinque volte al giorno previa prenotazione telefonica. Ricco è il repertorio di ben restaurati affreschi nei cubicoli e sugli arcosoli, a volte di stile pagano (le quattro stagioni), a volte seguendo un programma iconografico schiettamente vetero- e neo-testamentario o di riciclo cristiano di motivi antichi (i banchetti diventati eucaristici, Orfeo virato in Nazareno che seduce le anime,  Il ciclo di Giona inghiottito e risputato dalla balena, allusivo a morte e rinascita, i martiri dedicatari del cimitero in un paesaggio solcato dai quattro fiumi paradisiaci, una rara epifania con soltanto due Magi). Una varietà inconsueta e spesso di raffinata esecuzione.

Gli equites singulares erano reclutati nelle regioni corrispondenti alle attuali Romania, Bulgaria, Croazia e Slovenia. Costantino, di padre kossovaro, era nato a Niš (Serbia). Elena, locandiera, era di Izmit (Turchia): immaginiamo le sue vivande preferite. La vocazione multietnica e kebabbara del territorio nasce già con gli antichi patroni del sito. Custodiamo le tradizioni meticce.

Per orari, contatti e mezzi pubblici si veda il sito delle Catacombe Santi Marcellino e Pietro