The Future Is Unwritten

Qualche parola a 10 anni dalla morte di Joe Strummer

“Penso che la gente debba sapere che noi dei Clash siamo anti-fascisti, contro la violenza, siamo anti-razzisti e per la creatività. Noi siamo contro l’ignoranza”

Joe Strummer

Parlare di Joe Strummer a 10 anni dalla sua morte non è cosa semplice. Inutile sarebbe ripercorrere la sua vita artistica, dire che iniziò con 101’ers, poi fondò i Clash con cui fece 6 dischi in 9 anni, le litigate con Mick Jones, il cinema, i Pogues, i Mescaleros ecc ecc. Inutile, perchè basta andare su wikipedia o mille altri siti per trovare la sua biografia, ma inutile anche perchè in fin dei conti una fredda riproposizione di quella che fu la sua vita non è nemmeno così interessante.

Provo allora a dare un taglio soggettivo sulla figura di Strummer e provare a raccontare perchè è stata ed è così importante.

Impossibile tenere separate la figura di Strummer dal gruppo che lo rese famoso, i The Clash. Però Strummer l’ho conosciuto come artista veramente molto tardi. I Clash, in gioventù, li ho vissuti come i Sex Pistols, gli Uk Subs e tutto il punk anni ’70 cioè come un qualcosa di vecchio che devi sapere che esiste ma non per forza devi mitizzare, ascoltare e cantare.

Con Strummer mi sono scontrato, e l’ho conosciuto, a Bologna in una calda estate di fine millennio. Era il 1999 il primo Indipendence Day Festival all’Arena Parco Nord. Ero li a vedere gli Offspring e i Punkreas e i Sick Of It All.

Ad un certo punto salgono sul palco i Mescaleros. Strummer era li con la sua nuova band, i fan aspettavano le canzoni dei Clash. Sapevo poco di lui, ma mi bastò guardarlo per innamorarmene. La presenza sul palco, l’energia, il carisma trasparivano e suscitavano in un ragazzino di 17 anni una grande emozione. Le canzoni dei Clash venivano cantante da tantissime persone, la pioggia rendeva il tutto estremamente punk e mitologico.

Quello il mio incontro con Strummer. Il suo ritorno dopo il 1984 a Bologna, in Italia.

Non credo che compresi a pieno né l’importanza del momento né l’importanza del personaggio, ma so che quel concerto mi fece venir voglia di ascoltare i Clash. Come spesso accade, o spesso mi accade, le cose le capisco dopo, tardi, ed in ritardo. Così la mia passione per i Clash e per Strummer inizia nel 2000. Un’altra di quelle cose capite quasi fuori tempo massimo, infatti il 22 dicembre del 2002 Joe muore.

Quando nel 2004 i Cypress Hill assieme a Tim Armstrong dei Rancid (Tim è stato anche l’ultimo discografico di Joe, producendo i Mescaleros con la sua Hepcat Records) decisero di realizzare una Hit Single come “What’s your name?” che campionava “The Guns Of Brixton” tutto mi sembrò non solo normale ma anche quasi ovvio come tributo alla vita di Joe.

Parlare di Joe Strummer, e dei Clash, come icona del Punk anni ’70 è riduttivo, è qualcosa di più profondo e ampio del punk. La cultura di riferimento è indubbiamente quella ma nessun’altra band ha avuto la capacità di mischiare assieme sonorità tanto differenti. Lo stesso Strummer dichiarò una cosa del tipo che i Clash erano una band reggae che però suonava con una chitarra in battere e a volte una in levare e per questo sembrava un gruppo punk.

Joe è stato anche un militante politico della Londra fine anni ’70. Non era l’unico dei Clash ad esserlo. Molti altri membri di gruppi partecipavano ai cortei e alle iniziative ma quando queste entravano nel vivo gli artisti sparivano. Strummer, Simonon e Jones invece molto spesso le hanno vissute fino alla fine. Così sono nate tante canzoni dei Clash.

Facendo un piccolo salto nella biografia di Strummer vediamo come l’ultima volta che Joe e Mick Jones hanno suonato assieme è stata il 15 novembre 2002 ad una serata a favore del sindacato dei pompieri.

L’attitudine militante e dissacratoria è stata una delle costanti della sua vita. Dal presentarsi sui palchi con una maglietta con scritto “brigate rosse” e “raf”, giustificandone e rivendicandosene il senso (anche se c’è da dire che le dichiarazioni di Joe su tale argomento denotavano una certa dose di approssimazione e ignoranza sulle condizioni politiche e sociali dei contesti in cui tali esperienze si sono sviluppate) allo scrivere un disco intitolato “Global a go-go” nel 2001 che sì parlava di globalizzazione e anti – globalizzazione ma non in maniera ovvia e scontata così da non farlo diventare colonna sonora dei mille cortei contro il G8, il WTO o il FMI, come personaggio e periodo storico facilmente avrebbero fatto supporre. Insomma capace di distinguersi sempre.

L’eredità artistica e musicale è sotto gli occhi di tutti e soprattutto nelle orecchie.

Joe Strummer è un’antesignano e un’icona. Non del punk, non della musica, o meglio non solo del punk e non solo della musica. E’ stato, assieme ai Clash, tra i primi, se il primo, artista rock a concepire la musica come espressione della propria militanza politica ed impegno sociale. Esempio per tanti, tanto che la sua carriera è piena di collaborazioni eccellenti. Simbolo per molti. Joe è stato anche personaggio cinematografico come attore e come compositore di colonne sonore.

Grazie Joe.

“Non mi piace che si facciano passare i Clash per un gruppo che ha fatto promesse e non le ha mantenute. Noi non abbiamo promesso niente. Abbiamo solo cercato di risvegliare l’attenzione su una serie di cose che ci sembravano sbagliate. Quelle cose sbagliate esistono ancora e i Clash no. Questo che significa? Che abbiamo perso? Non lo so. Certamente i Clash sono stati una voce forte. Se hanno cambiato la vita di una sola persona, hanno raggiunto il loro scopo”

Joe Strummer

Leggi anche “Strummer to Tell”, la vita di Joe raccontata a puntate