ITALIA

Da terra del rimorso a nuova Hollywood: l’ultima palingenesi di Matera, la città dei sassi

Cristo non è più fermo ad Eboli. A settantacinque anni dalla prima stesura del celeberrimo romanzo -saggio di Carlo Levi, il Cristo che lo scrittore- pittore torinese voleva si fosse fermato ai confini dell’Umanità, ha definitivamente raggiunto i luoghi e le genti che quella civiltà rappresentata dal definirsi “cristiani” non aveva ancora.

La “terra del rimorso”, dove l’emarginazione della povertà estrema e della dimenticanza costringeva, fino agli anni ’50, gli uomini, le donne ed i bambini a convivere con le bestie e le malattie assurge oggi più che mai al ruolo di nuova Hollywood italiana, e non soltanto. Abbiamo ancora negli occhi il volto seducente, eppure rigoroso nella sua enorme capacità attoriale, di Gian Maria Volonté ; il quale, dando corpo ed anima allo steso Levi nella messa in scena che di quel romanzo fece un maestro come Francesco Rosi quarant’anni or sono, ci racconta tutto l’amore, tutta la compassione, tutta la solidarietà di chi pur venendo da “fuori”, cerca di comprendere con gli strumenti intellettuali, storici e culturali che gli sono propri.

Nelle pieghe che il paradosso della storia spesso traccia sul volto delle umane vicende, Levi scopre nella nemesi del suo destino la sua missione: dare voce a chi voce non ha, disegnare letteralmente i volti ed i paesaggi struggenti di quella disperazione dimenticata. La condanna al confino imposta dal ruggente regime fascista dei primi anni trenta lo costringe alla scoperta. La sensibilità umana del pittore unita alla vocazione medica gli impongono di prendersi cura di tutti coloro che sino ad allora erano stati destinati al confino ben più grave e feroce della condizione per nascita di essere contadini di un Sud ancora più a sud di ogni altro “meridione” possibile. Generazioni intere di uomini e donne sfruttate da padroni ignoti ai più, spesso escluse da ogni censimento anagrafico,  popolazioni private della più elementare forma di partecipazione civile, ridotte nei secoli allo stato di “zappatori” senza altra alternativa alla zolla se non l’arruolamento nelle fila di eserciti alieni alle radici della loro appartenenza sociale ed antropologica ; di questa “gente” Levi si innamora.

Nell’Italia fascistissima di quegli anni, quando un governo imperialista nella retorica comunicativa ed invece miope nella scarsa lungimiranza educativa e sordo alle richieste elementari di emancipazione sociale del suo stesso “sacro” popolo, Carlo Levi, ebreo, socialista, emarginato dal potere per le sue idee, pone come un timbro indelebile nelle coscienze di chi legge i suoi scritti, di chi osserva i suoi quadri, la “questione meridionale”, facendo di Matera ed i suoi Sassi le simboliche eppure concrete pietre d’inciampo per tutti coloro i quali sino ad allora non volevano vedere ciò che invece andava visto.

Open future” è lo slogan scelto in questo mirabile 2019 per Matera ed i suoi Sassi al fine di presentare agli occhi del mondo intero il progetto pensato, e poi realizzato, dalle migliori energie e dalle menti più brillanti dei cittadini materani che hanno saputo così aprire al futuro la loro città.  La promozione di Matera a capitale europea della cultura, la iscrizione dei Sassi e dei siti rupestri nel patrimonio mondiale dell’umanità Unesco, in questo senso, hanno suggellato la città ed i suoi cittadini come esempio di rinascita civile, sociale, artistica e culturale. Nei decenni trascorsi dopo la denuncia di Levi, la politica non poté più non occuparsi della “vergogna nazionale” e la declinazione di un tempo in divenire, in una terra abituata a sentirsi nell’eterno presente del proprio realismo magico, dove nulla, neanche il più piccolo granello di terra riarsa dal sole, sembrava voler cambiare, cominciò a non essere più una impossibile utopia. «Lo Stato assume a suo carico la spesa per il risanamento dei quartieri Sasso Caveoso e Sasso Barisano dell’abitato di Matera e per la costruzione di case popolari particolarmente adatte per contadini, operai ed artigiani, in sostituzione di quelle attualmente esistenti in detti quartieri che saranno dichiarate inabitabili ed abbattute», così De Gasperi nel ‘52 dichiarava l’inizio di un nuovo futuro per il destino della città.

Lo Stato, quello stesso Stato che gli abitanti dei Sassi avevano sempre percepito come entità distante, invadente, oppure peggio, del tutto assente, ora, finalmente, si faceva carico della loro condizione. Successivamente, in maniera quasi paradigmatica, il risanamento di Matera sarà al centro dell’attenzione di intellettuali, artisti ed imprenditori illuminati, tra i quali spiccava l’industriale progressista Adriano Olivetti, in qualità di presidente della speciale commissione per l’applicazione della “Legge per lo sfollamento dei Sassi”.

Un futuro, quindi, figlio di un passato che ci arriva oggi come un eco lontano, sempre più sovrastato dal brusio crescente di folle di turisti e visitatori internazionali che si vanno facendo ogni anno più consistenti.

Mat(h)era, oggi, nella lingua del grande cinema internazionale è ormai una parola comune, uno dei set cinematografici più richiesti nel mondo. Il carrozzone delle illusioni ha puntato gli occhi e gli interessi che gli girano intorno sulle atmosfere suggestive e pregne di magia che solo i tramonti del sole inghiottito dalle paleolitiche gravine, millenarie rughe profonde incise nella terra delle Murge, sanno donare ogni volta a chi guarda. Ed è osservando da una delle alture intorno alla città questo spettacolo della natura che sembra ammantare benevolmente col suo drappo rosseggiante l’intera comunità sottostante (che con forza di volontà e unità di intenti ha saputo risorgere ancora una volta come una Fenice dalle proprie ceneri) che viene da chiedersi, per contrasto, come sia possibile che l’ Italia intera sia oggi ricaduta nella retorica del rancore e della sopraffazione che portarono ieri Carlo Levi al confino politico, ed oggi, tutti noi, alla politica dei confini.