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NELLE STORIE

27 luglio 1794, Termidoro: il naufragio della felicità

La felicità era un’idea troppo nuova in Europa. E il 9 Termidoro 1794 il suo propugnatore, Saint-Just, sarebbe andato a sbattere

Lui, Robespierre, Couthon (i “triumviri”) e tutta la sinistra giacobina travolti dal colpo di stato termidoriano organizzato dai “terroristi moderati” – fautori del Terrore più sanguinario e dell’arricchimento personale a spese delle vittime. In termini di classe, sarebbe stata la vittoria della borghesia che aveva preso il potere con metodi violenti e voleva mollare le istanze “estremistiche” dei ceti popolari grazie a cui aveva sconfitto l’aristocrazia e la borghesia schiavistica girondina. Naturalmente in nome della libertà contro la tirannia, della pacificazione contro gli eccessi del Terrore.

I giacobini intransigenti si erano isolati politicamente, combattendo su troppi fronti: a destra contro Danton, a sinistra contro Hébert, e minacciando indiscriminatamente troppi interessi e gruppi, compresi gli stessi terroristi più corrotti. Il calmiere (maximum) imposto ai salari e ai prezzi (ma efficace solo per i primi) aveva raffreddato il seguito popolare e le vittorie belliche, per paradosso, li avevano resi meno indispensabili per la salvezza della Nazione. Il Comitato di salute pubblica aveva accentrato tutti i poteri esecutivi ed era così diventato il bersaglio di ogni opposizione. All’interno dello stesso Comitato crescevano le resistenze ai “triumviri” e nella Convenzione si sviluppavano trame di ogni tipo, che solo Saint-Just cercò di controllare con concessioni tattiche ma Robespierre esasperò con la sua intransigenza. Si formò una coalizione di tutti gli spaventati, guidata dal feroce e corrotto Tallien, con Barras, Barère e Fouché, terroristi esperti di colpi di mano che si trascinano dietro i moderati e si assicurano la neutralità del ministro della guerra Carnot. Anche l’opinione pubblica comincia a stancarsi delle “infornate” di condannati alla ghigliottina. Nella seduta della Convenzione dell’8 Termidoro (26 luglio 1794) Robespierre, ignorando i consigli alla prudenza di Saint-Just e Couthon, attacca frontalmente in blocco i suoi avversari, senza fare nomi e quindi terrorizzando ciascuno. Su iniziativa di Billaud-Varenne viene respinta la pubblicazione del discorso e Robespierre è messo in minoranza. Nella notte egli si reca al club dei giacobini e riprende in mano la situazione, ma rifiuta di mobilitare i sanculotti e preferisce tornare il giorno dopo alla Convenzione per convincerla. Il “tiranno” è vittima di un’illusione parlamentare.

Nel frattempo si spaccano anche i comitati di salute pubblica e di sicurezza generale e gli oppositori si organizzano, conquistando alla loro causa anche Collot d’Herbois che era il presidente di turno della Convenzione e si impegna a togliere la parola a Robespierre al momento decisivo.

 

Il 9 alle 14 la congiura scatta. Saint-Just inizia un discorso di mediazione ma è subito interrotto da Tallien e Billaud-Varenne che denunciano un’insurrezione sanculotta contro la Convenzione e accusano Robespierre di essere un tiranno. Il presidente blocca, come convenuto, la replica di Robespierre contro cui Tallien agita un pugnale, novello Bruto.

 

Tallien brandisce il pugnale contro Robespierre

 

Viene votato l’arresto dei capi giacobini e il disarmo delle forze loro più fedeli.

I “triumviri” non resistono all’arresto, che coinvolge anche il fratello di Robespierre e Le Bas; il comandante della Guardia Nazionale, Hanriot, sebbene destituito resta a piede libero e cerca di liberare i detenuti con l’aiuto delle sezioni della Comune di Parigi. Hanriot fallisce, ma con l’arrivo delle truppe della sezione delle Picche guidate da Coffinhal i prigionieri sono liberati. Gli insorti restano però passivi, si limitano a emettere proclami non osano attaccare la Convenzione, che ben presto reagisce e organizza una propria milizia agli ordini di Barras, che attacca l’Hotel de Ville, dove sono concentrati i capi e i cannonieri giacobini. Alle 2 di mattina del 10 Termidoro (28 luglio) le forze delle sezioni moderate di Parigi e un contingente di vendicativi sanculotti hebertisti occupano l’edificio. La Bas si suicida, forse anche Robespierre tenta di farlo o comunque è ferito alla mascella, il fratello si getta dalla finestra. Tutti i capi giacobini, dichiarati fuori legge su proposta di Barère, che si schiera a giochi fatti, sono ghigliottinati fra il 10 e il 12 Termidoro, compreso Couthon che da anni si muoveva in carrozzella. Al loro passaggio gli operai li accolgono al grido Foutu le maximum!

Seguirà un’epurazione selvaggia, il Terrore bianco, e lo smantellamento delle misure sociali che tutelavano i più deboli. Nelle settimane successive anche qualche congiurato, come Carrier e Fouquier-Tinville, fu incriminato e ucciso, altri (Barère, Billaud-Varenne, Collot) furono destituiti nella grande corsa a destra e deportati. Il giovane Bonaparte se la cavò per un pelo.

 

Se buona parte dei congiurati ebbe modo rapidamente di pentirsi degli esiti del colpo, la debolezza delle vittime scaturì dalla prosecuzione di un programma politico radicale in assenza di una base sociale corrispondente e di realistiche mediazioni. L’intransigenza della virtù suppliva all’isolamento di classe e il terrore ne fu il complemento hegeliano.

 

Tuttavia fu il punto più avanzato di sperimentazione di un governo rivoluzionario popolare, tanto che la loro damnatio memoriae dura tuttora, per non “sporcare” l’immagine conciliante della Rivoluzione e della Repubblica.

Solo nel 1932 un pezzettino di strada a Batignolles è stato dedicato a Saint-Just.

A Robespierre fu concessa una piazza nel secondo dopoguerra, ben presto revocata, e anche la municipalità socialista ha rifiutato di chiamare una via con il nome simbolo del Terrore. Solo il comune di Montreuil, nella banlieue, gli ha intitolato una strada e una stazione del métro, linea 9. Rendetegli omaggio di passaggio. Anche la migliore rivista francese di rock, Les Inrockuptibles, ne echeggia il ricordo.

L’avventuriero fascista Tallien morì di lebbra nel 1820.