NELLE STORIE

18 agosto 1936: il Poeta assassinato

Tutti i persecutori, spie e assassini di Federico García Lorca sono morti nel loro letto con pomposi necrologi. La buona borghesia granadina, che all’epoca aveva voltato la testa, ora gestisce la memoria del poeta assassinato come una risorsa turistica al pari dell’Alhambra

Il duende tacque nei giorni afosi e sanguinosi della clandestinità, quando i ribelli avevano occupato il centro di Granada, espugnato la ripida collina popolare dell’Albaicín, fucilato il sindaco socialista e cognato di Federico, Manuel Fernández-Montesinos, e il poeta, incautamente tornato a metà luglio nella città natale troppo fidandosi delle sue amicizie, si era rifugiato in casa di un altro poeta, Luis Rosales, di nota famiglia falangista. Questo non lo salvò, perché il 16 agosto un gruppo di fascisti, che lo aveva scoperto e denunciato, si presentò alle porte dell’abitazione con un drappello della Guardia Civil.

Il governatore golpista José Valdés Guzmán si consultò con l’onnipotente ras Queipo de Llano, che rispose oralmente in codice: «Dale café, mucho café». Accusato di essere una spia russa, amico di Fernando de los Rios (intellettuale socialista e ministro nei governi repubblicani), omosessuale e per di più massone, fu tradotto prima in Prefettura poi nella vicina cittadina di Viznar e fucilato alle 4, 45 del 18, insieme ad altri prigionieri (un maestro elementare, pare, e due banderilleros anarchici), sulla strada da Viznar ad Alfacar, in un luogo che tuttora non è stato identificato con sicurezza. Aveva 38 anni.

E forse il duende, con i suoi suoni neri, il duende che ama il sangue, il bordo e le ferite, si risvegliò nel momento cruciale. Quando lo trascinarono sul bordo della fossa Federico si mise a piangere come un bambino dell’ultimo banco, una debolezza da frocio come rilevò l’ultradestro cattolico (della CEDA) Juan Luis Trescastro Medina, che aveva partecipò alla denuncia e all’arresto mettendo a disposizione la propria vettura Oakland decappottabile e si vantò in giro nei bar anche della sua esecuzione, affermando di avergli sparato in culo, a quel maricón. Ormai, come nella Casida del llanto, «dietro i muri grigi / non si sente che il pianto».

 

L’assassinio del poeta, fortemente voluto dalle autorità, fu allo stesso tempo occultato, ma rivendicato con voce bassa e ostinata ancora in un rapporto poliziesco del 1965, quando perfino in Spagna da almeno dieci anni si è era ricominciato a pubblicare, con pesanti censure, l’opera di García Lorca.

 

In quel rapporto, fatto su richiesta dell’ispanista francese Marcelle Auclair e subito secretato, si ribadisce che le accuse che avevano portato all’esecuzione extra-giudiziale del Poeta erano il “socialismo”, l’appartenenza alla loggia massonica Alhambra e soprattutto le «prácticas de homosexualismo y aberración».

Fra le aberrazioni pesarono certamente la sua aperta simpatia per i gitani e la sua avversione organica alla Guardia Civil: «Gobbi e notturni, /dove passano, ordinano /silenzi di gomma oscura…». L’imputato avrebbe pure “confessato”, non si sa bene cosa. Siamo ancora nel 1965, insisto.

Federico García Lorca era nato nel 1898 e, dopo gli studi universitari a Granada aveva ottenuto una borsa di studio, grazie alla protezione di Fernando de los Rios, nella prestigiosa Residencia de Estudiantes con vista su tutta Madrid, dove in quegli anni lavoravano Luís Buñuel, Rafael Alberti e Salvador Dalí. Torna nel 1921 a Granada dove collabora con il musicista Manuel de Falla e inizia la sua attività teatrale e poetica (il Romancero gitano, massimo omaggio alla poesia popolare, è del 1928). Nel 1929-1930 si reca negli Usa e a Cuba, accompagnando de lo Rios e imprimendo una netta svolta surrealista alla sua lirica con El Poeta en Nueva York.

Tornato nella Spagna, dal 1931 repubblicana dopo la fine della dittatura di Primo de Rivera e la cacciata di Alfonso XIII, si dedica, con l’appoggio delle istituzioni, a un’opera di divulgazione teatrale e culturale (il teatro ambulante della Barraca), nello stesso spirito pedagogico delle numerose iniziative precedenti centrate sull’infanzia.

Dopo il trionfo di Bodas de sangre (1933) è invitato in Argentina, dove resta sei mesi e si lega con Pablo Neruda. Dal 1934 inizia una stagione produttiva eccezionale, con opere teatrali come Yerma, La casa de Bernarda Alba, il paradigmatico Llanto por Ignacio Sánchez Mejias, che segnala la sua passione per il mondo della tauromachia, il Diván del Tamarit – suprema rievocazione della lirica arabo-andalusa.

 

Pianto, amori “oscuri”, vocazione pedagogico-popolare, arabi e zingari si affollano e premono verso l’epilogo. La morte, in compagnia di un maestro e di due umili tauromachi repubblicani, è esemplare e altrettanto il suo destino postumo.

 

Come scrisse nel saggio sul Duende: «Un morto in Spagna è più vivo come morto che in qualsiasi altro posto al mondo: il suo profilo ferisce come il filo di un rasoio». Il maricón lacrimoso restò infisso nell’immagine della Spagna franchista, impedendo che si ripulisse, malgrado il silenzio che in patria calò subito sulla sua figura (eccetto lo sporadico rincrescimento di qualche falangista ”di sinistra”, memore dell’amicizia fra Lorca e José Antonio). In Italia Carlo Bo riesce a tradurre di soppiatto Lorca, in pieno regime fascista, a partire dal 1938 e più ampiamente nel 1940, seguito da Macrì, Valentini (Nozze di sangue), preparando la grande fortuna post-bellica.

Tutti i persecutori, spie e assassini di Federico sono morti nel loro letto con pomposi necrologi. La buona borghesia granadina, che all’epoca aveva voltato la testa, ora gestisce la memoria del poeta assassinato come una risorsa turistica al pari dell’Alhambra. Intorno alla Huerta de San Vicente (o Tamarit), a lungo residenza estiva della famiglia e ora casa-Museo, è stato costruito negli anni ’80 l’ombroso Parque Federico García Lorca, con canali, laghetti e ampie zone giustamente dedicate ai bambini.

 

Immagine di copertina: entrata principale dell’edificio dell’antico Governo Civile, 20 Luglio 1936. Fonte: Joaquín Gil Honduvilla, Y cayó Granada. La sublevación de julio de 1936 en la capital y la provincia, Comares, Granada, 2019, pág. 168.

Foto nell’articolo: Federico García Lorca con. Manuela Arniches en una terraza del. Paseo de Recoletos, Madrid, julio de 1936. Biblioteca de la Buerra Civil Española