ITALIA

«Tanti edifici scolastici a rischio». In Italia ancora troppo poca prevenzione sismica

Sono passati 18 anni dal terremoto di San Giuliano di Puglia in cui persero la vita 26 studenti e un’insegnante. Oggi a che punto siamo con la sicurezza degli edifici scolastici? Veronica D’Ascenzo, una delle poche sopravvissute di quella tragedia ed esperta in materia, ci aiuta a capirlo

La questione della sicurezza degli edifici scolastici è un tema molto attuale e i diversi casi di cronaca hanno evidenziato situazioni di grande pericolo, in cui la mancata manutenzione e l’incuria hanno condotto a drammatici incidenti, alcuni tra questi mortali. Eppure appartiene a ogni studente il diritto di studiare in ambienti a norma. La normativa in termini di edifici scolastici, (come riportato dal manuale di azione civica – “a scuola di sicurezza”), corrisponde al Decreto Legislativo 2008 n.81, che «prevede che siano i Comuni e le Province in quanto proprietari delle strutture a occuparsi della manutenzione ordinaria e straordinaria degli stessi». Il Sindaco di un comune può decretare la chiusura (e/o la riapertura) di una scuola o di tutte le scuole per motivi di sicurezza. Mentre, il Dirigente scolastico, è responsabile dell’evacuazione.

Più della metà degli edifici scolastici italiani sono vecchi. Prima del 1971 non c’era l’obbligo del collaudo statico e della conseguente certificazione di agibilità statica. Infatti, la prima normativa antisismica è stata introdotta solo nel 1974. Le tecniche costruttive adottate nel tempo non hanno sempre comportato miglioramenti nella tenuta dei fabbricati; basti pensare alla consuetudine di sostituire solai e coperture leggeri lignei, con elementi pesanti in cemento armato, per cui non è raro riscontrare edifici non recenti, comportarsi meglio di altri più “giovani” o già ristrutturati, in caso di scossa sismica.

 

Ultimamente, la Protezione Civile ha reso pubblici dei dati preoccupanti. Si registra che su 42.000 strutture scolastiche di ogni ordine e grado, circa 28.000 non sono a norma. L’acqua è la causa principale di invecchiamento delle costruzioni.

 

Spesso, la condizione di “cattiva manutenzione” dell’edificio scolastico, le condizioni igienico-sanitarie critiche, l’inquinamento da traffico, il rumore, la quasi inesistente adesione ai protocolli operativi per la pulizia della aule scolastiche e della loro bonifica ambientale, le sostanze chimiche presenti nel mobilio e nelle pareti, i servizi igienici malfunzionanti, contribuiscono all’arrecare di veri e propri danni per gli studenti. Continua a destare preoccupazione la collocazione di diversi edifici, ad esempio, il 10% di questi è costruito su suolo destinato ad altro, come caserme, abitazioni private o conventi.

In Italia vengono fatte, nel corso di un anno, solo due prove di evacuazione che non sono di certo sufficienti, raramente quattro nelle zone a altissimo rischio. I diritti di allieve e allievi non vengono equiparati a quelli di un lavoratore, qualora si verificasse un incidente. Solo in seguito al terremoto del 31 ottobre del 2002, quando la provincia di Campobasso fu colpita da una scossa di terremoto di magnitudo 5.4, si riuscì a ottenere per gli e le studenti la stessa tutela dei lavoratori, ma solo all’interno dei laboratori, dove ci si trova a contatto con sostanze chimiche. Lo conferma Veronica D’Ascenzo, oggi maestra e impegnata alla prevenzione e alla sicurezza scolastica. Veronica ben 18 anni fa, era un’alunna della scuola elementare di San Giuliano di Puglia che crollò. Lei si salvò, morirono 27 persone tra cui suo cugino e una maestra: «Purtroppo sulla mia pelle ho vissuto l’instabilità degli istituti scolastici e, con la stessa forza che ho avuto in quei momenti nel chiamare i soccorritori, oggi grido a tutta Italia l’importanza di avere scuole sicure».

 

 

Veronica sottolinea come un’ordinanza del 2003 abbia previsto la classificazione del territorio nazionale in quattro zone a pericolosità sismica decrescente: zona 1 (la zona più pericolosa, in cui possono verificarsi fortissimi terremoti); zona 2 (in cui possono verificarsi forti terremoti); zona 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari) e zona 4 (la zona meno pericolosa, in cui i terremoti sono rari).  Solo l’anno scorso il Miur ha destinato 120 milioni di euro, relativi all’annualità 2020, a interventi di messa in sicurezza per l’adeguamento sismico e/o nuova costruzione di edifici scolastici ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 delle quattro regioni colpite dal sisma 2016-2017. Nel contempo, si sa che in Italia i fondi stanziati si disperdono facilmente, nella maggioranza dei casi, a causa delle tempistiche burocratiche.

 

Gli edifici scolastici situati in zona 1 sono circa 6.000, quelle in zona 2, 13.000. La valutazione di agibilità post sismica è una valutazione temporanea, consiste nel verificare che le condizioni di sicurezza dell’edificio, antecedenti al sisma, non siano state alterate dai danni provocati dal sisma stesso.

 

A seconda dell’esito della verifica il proprietario dovrebbe programmare eventuali interventi da realizzare entro un determinato periodo di tempo. Ma trascorrono tempi di lunga attesa. La tempistica ragionevole per tale verifica per una scuola di medie dimensioni, può aggirarsi tra 45 e 60 giorni, poiché è obbligatorio eseguire anche una diagnostica sui materiali.

Un ente proprietario che non esegue la vulnerabilità sismica non rispetta i termini di legge, ma non è soggetto a alcuna sanzione. Inoltre, secondo le norme vigenti è obbligatoria la verifica della struttura, mentre non lo è l’intervento. Oggi, un altro ostacolo alla manutenzione della sicurezza degli edifici scolastici è legata alla pandemia. Il 9 luglio 2020, è stato siglato, dal Ministero dell’Istruzione, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con gli Enti Locali e le Organizzazioni Sindacali, il protocollo che individua come priorità l’edilizia scolastica, una volta terminata l’emergenza sanitaria. «Con questo Protocollo assicuriamo rapidità negli interventi e, dunque, scuole migliori, più sicure e funzionali a studentesse e studenti e al personale», commentava il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina.

Il protocollo disponeva l’obiettivo «di rendere moderni, antisismici, sicuri, accessibili e sostenibili il cento per cento degli edifici». Intanto, si parla ancora di aule incomplete, di mancanza di banchi, di edifici come palestre o mense non sfruttate per essere adibite a nuove aule, così da garantire il distanziamento sociale tra gli studenti. «Le scuole riaperte non sono risultate completamente pronte su quasi tutti gli aspetti strutturali, non adeguate a ospitare un numero elevato di alunni e non provviste degli strumenti necessari. Sicuramente si poteva e doveva fare di più, approfittando del tempo che ha visto gli studenti italiani impegnati nella didattica online», conclude Veronica.