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#Stop the Bans: la mobilitazione Nazionale negli Stati Uniti in difesa dei diritti sull’aborto.

Più di 500 azioni comunicative, sit-in e cortei si sono svolti tra lunedì 20 e martedì 21 maggio in quasi tutti i 50 Stati americani in risposta alla stretta repressiva sull’aborto portata avanti dai Repubblicani.

A una settimana dalla decisione del Senato dell’Alabama di approvare un disegno di legge che vieta quasi completamente l’aborto in tutto lo Stato, attivisti, gruppi “pro-choice” e per la difesa dei diritti riproduttivi delle donne e cittadini comuni hanno manifestato il loro dissenso nei confronti del provvedimento inondando le piazze e presidiando le sedi governative e le corti federali di tutta l’America.

Obiettivo della mobilitazione #Stop the Bans è il blocco della promulgazione di provvedimenti legislativi da parte degli Stati controllati dai Repubblicani che restringono l’accesso all’interruzione di gravidanza.

Gli attacchi ai diritti sull’aborto stanno diventando sempre più frequenti negli Stati Uniti. Dalla fine del 2018 sono 15 gli Stati che hanno approvato misure restrittive sull’aborto. Solo negli ultimi tre mesi, tre Stati controllati dai repubblicani hanno approvato disegni di legge che vietano l’interruzione volontaria di gravidanza dopo la sesta settimana.

La misura più restrittiva, che ha innescato lo sdegno e la mobilitazione nazionale, è stata approvata martedì scorso in Alabama. Il disegno di legge, non ancora promulgato ma sostenuto dalla governatrice repubblicana Kay Ivey, renderà l’aborto praticamente illegale in tutto lo Stato, incluso in casi di stupro e incesto, con pene fino a 99 anni di carcere per i medici che praticheranno l’interruzione volontaria di gravidanza.  La sanzione prevista è simile alle conseguenze penali per i reati di omicidio.

A dimostrazione dell’attacco complessivo ai diritti delle donne, il governatore della Georgia Brian Kemp, a distanza di pochi giorni, ha firmato un progetto di legge che proibisce l’aborto dopo la sesta settimana, anche in questo caso includendo i casi di violenza sessuale e incesto.  Questa misura fa della Georgia il sesto Stato che adotta provvedimenti che vietano l’interruzione volontaria di gravidanza, unendosi all’Ohio, Mississippi, Kentucky, Iowa e Nord Dakota.

Questi provvedimenti sono stati denominati “heartbeat bills”, poiché vietano l’aborto quando è possibile rivelare il battito cardiaco del feto, generalmente intorno alla 5-6 settimana, un periodo entro il quale molte donne non sanno nemmeno di essere incinta.

Nessuno dei più recenti disegni di legge è stato ancora tramutato in legge statale o tantomeno bloccato da giudici per loro contrasto con il diritto costituzionale all’ aborto sancito nella sentenza della Corte suprema del 1973 Roe vs Wade.

Ma è proprio il passaggio di questi provvedimenti attraverso il sistema giuridico statunitense a rappresentare la più grave minaccia ai diritti riproduttivi delle donne. Appello dopo appello, i repubblicani sperano di fare arrivare la questione fino alla Corte suprema ed eventualmente rovesciare il diritto sancito da Roe vs Wade con una nuova sentenza. Con la recente nomina del Giudice Brett Kavanaugh, il movimento dell’integralismo cristiano, principalmente di matrice evangelica, e i repubblicani sperano di mettere in discussione il principio stabilito da Roe vs Wade e rendere illegale l’aborto a livello federale, quindi in tutti gli Stati. Attualmente I giudici della Corte Suprema di tendenze conservatrici sono cinque su nove.

 

 

Le mobilitazioni di ieri e lunedì hanno mandato un forte messaggio di resistenza, dimostrando la presenza di un movimento pronto a difendere ed espandere i diritti delle donne. Considerando l’offensiva complessiva dei repubblicani e le promesse elettorale di Trump al mondo dell’integralismo cattolico ed evangelico, sembra di essere solo all’inizio di una lotta che alimenterà il dibattito elettorale delle presidenziali 2020 e oltre.